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I vincitori del concorso ‘Wildlife Photographer of the Year’

segnalato da Sandro Russo

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L’orso bianco che dorme sull’iceberg alla deriva, icona del pianeta fragile
di Luca Fraioli – Da la Repubblica dell’8 febbr. 2024

Lo scienziato britannico Peter Wadhams, uno dei massimi esperti mondiali di Polo Nord, commenta lo scatto“Letto di ghiaccio”: «Quella foto mi sembra racconti una storia molto triste, quasi di un animale che non ce la fa più a cacciare e si lascia morire di inedia».

La foto è stata scelta come la più bella da una giuria popolare di oltre 75mila persone che hanno partecipato al Wildlife Photographer of the Year Peoplès Choice Award, concorso internazionale che dal 1965 è promosso dal Bbc Wildlife Magazine e al quale dal 1984 si è unito il Museo di Storia Naturale di Londra.

Nella cinquina delle finaliste c’è anche una “tartaruga felice” che gioca con una libellula, due leonesse che “baciano” un cucciolo del branco, meduse che in un fiordo norvegese sembrano riflettere lo spettacolo dell’aurora boreale, infine, uno scatto romano: sul cielo della capitale gli immancabili storni sono immortalati mentre in una loro evoluzione sembrano dar vita a un uccello gigantesco.



Ma se le altre quattro foto raccontano la bellezza della natura, che non smette di sorprenderci, l’immagine catturata da Nima Sarikhani nelle acque dell’arcipelago norvegese delle Svalbard ha la forza per diventare un simbolo dei cambiamenti climatici: solo in apparenza l’orso dorme sonni tranquilli, il letto di giaccio su cui riposa presto si scioglierà lasciandolo in balia di un habitat completamente diverso da quello in cui si muoveva a suo agio.

Ne è convinto anche il professor Wadhams, in questi mesi impegnato al Politecnico di Torino, dopo una vita passata a studiare l’Artico e i suoi ghiacci: accademico a Cambridge, ha condotto oltre cinquanta spedizioni polari, compresi sei viaggi in sottomarino al Polo Nord. Nel 2016 ha sintetizzato i suoi studi in un saggio divulgativo dal titolo premonitore: Addio ai ghiacci.

«Non è immediato né ovvio dedurre da uno scatto la storia di un animale. Ma quell’orso polare mi dà l’impressione di essere affamato », confessa dopo aver guardato a lungo lo foto. «Sono una situazione e una posizione insolite per un animale del genere. È come se non avesse più energie per andare altrove». Wadhams nelle sue missioni al Polo Nord di orsi ne ha osservati: «Di solito li si avvista mentre vanno a caccia sul terreno e non alla deriva su un pezzo di ghiaccio che galleggia in mare. Ci sono stai altri casi analoghi, ma sono davvero molto rari. Non è un loro comportamento tipico».
Eppure quella immagine non l’ha catturata un etologo dopo mesi di studi e appostamenti, ma un fotografo dilettante durante un tour in nave di appena tre giorni. Un caso fortuito. O, più probabilmente, il deterioramento di un habitat che rende frequenti comportamenti prima assai rari.
«L’orso potrebbe essere anche molto stanco per aver nuotato a lungo», ipotizza Wadhams. «Infine si è abbandonato su quel frammento di ghiaccio. Ma per saperlo dovremmo conoscere il punto esatto in cui è stata scattata la foto e quando distava la costa più vicina». Perché se è vero che gli orsi polari cacciano e vivono soprattutto a terra, spesso si spostano per centinaia di chilometri via mare. Ma non possono affrontare queste lunghe traversate tutto d’un fiato, e usano proprio i ghiacci per riposare. Quando i ghiacci si saranno sciolti non potranno più farlo. «Senza più il ghiaccio marino dell’Artico, gli orsi polari potranno forse sopravvivere, ma con grandissima difficoltà», conferma Wadhams.

I dati più recenti dimostrano che la profezia dello scienziato britannico (addio ai ghiacci del Polo Nord) si sta purtroppo avverando. Nel settembre scorso i ghiacci artici si sono ritirati fino a far registrare il sesto valore più basso da quando si effettuano queste misure. «Stiamo assistendo a uno scioglimento sempre più rapido, le cui conseguenze saranno disastrose, e non solo per gli orsi e per l’ecosistema artico», prevede Wadhams. Chi ha studiato questi grandi carnivori del profondo Nord conferma che lo scioglimento dei ghiacci rende la loro caccia alle foche sempre più difficile, spingendo alcuni esemplari a rimanere sui ghiacci che galleggiano in alto mare. Mentre i climatologi spiegano che l’eventuale, e ormai probabile, scioglimento della calotta glaciale artica (che oggi riflette molta della luce solare che la colpisce) produrrà un ulteriore riscaldamento dell’atmosfera, con conseguenze che si faranno sentire a tutte le latitudini e non solo al Circolo polare.

«Non era certo uno scenario che avrei potuto immaginare quando ho iniziato a studiare l’Artico all’inizio degli anni Settanta», conclude Wadhams. «All’epoca gli orsi polari erano le creature che dominavano quei luoghi remoti e la loro presenza accresceva il fascino dell’estremo Nord. Ora, con i cambiamenti dovuti al riscaldamento globale, fanno sempre più fatica a trovare il cibo e questo induce una serie di anomalie nei loro comportamenti». Compreso il lasciarsi andare alla deriva su un frammento di ghiaccio.

La pagina de la Repubblica in formato .pdf: La Repubblica giovedì, 8 febbraio pag. 17 2024

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