Ventotene

Ventotene. Mettere in sicurezza l’isola, un obiettivo prioritario

di Tonino Impagliazzo 

 

La struttura geologica dell’isola 

La struttura geologica dell’isola di Ventotene si compone di tre tipi di roccia, e precisamente di:
a) una roccia basaltica presente nella parte alta dell’isola (zona Punta dell’Arco con decrescita verso Sud zona il rosso di Cala Battaglia) e verso  Nord direzione la Piana di Pascone;
b) rocce tufacee con abbondanti cisti lavici (detta roccia tufacea resistente) che conferiscono adeguata resistenza alla struttura rocciosa, con protezione dai mari violenti e dai venti  (zona Porto Romano, la Peschiera, Zona Faro e zona Punta Eolo, punta estrema);
c) rocce tufacee con abbondante lapillo, (zona Cala Battaglia, zona Cala Nave, Parata Grande e zona parete Cimitero vecchio) con pareti tufacee e scogliere, notoriamente fragili, quindi sensibili ai mari violenti e poco resistenti ai venti  ed al cosiddetto luscio di mare (il significato è detto più avanti, ndr)

Le pareti tufacee, ricche di lapilli e di sabbie, sono presenti a Ventotene in prevalenza nel quadrante Sud (zona Fontanelle) e in quello di Nord Est (zona Parata Grande) dell’isola, lasciando emergere debolezze e criticità strutturali nella composizione della roccia rendendola particolarmente friabile.
A tale proposito, non va trascurato che la posizione geografica e la forma allungata dell’sola fanno si che siano canalizzati i forti venti (ricordiamoci da dove ha origine il nome di Ventotene) e i violenti marosi che, provenienti dal versante Nord Africa e dal versante Centro Europa, investono le  falesie centrali dell’isola e producono alla base delle pareti pesanti corrosioni determinando in primis la formazione di piccoli anfratti o grottelle causate dalle forti vibrazioni impresse sulla roccia la cui conseguenza, con il trascorrere del tempo, è la caduta di numerosi detriti tufacei che si depositano nelle acque circostanti.

Dette pareti tufacee subiscono anche un altro fenomeno corrosivo che proviene dal cosiddetto luscio di mare, cioè da quel salmastro aereo che, bagnando violentemente le pareti esposte al calore dei raggi solari, determina dilatazioni e lesioni con la caduta in mare di ulteriore roccia tufacea.

Ed infine un mare violento e burrascoso, proveniente dal Sud Ovest (Libeccio), investendo alla base le pareti rocciose (zona Fontanelle e zona Parata Grande) causa l’allontanamento e la perdita di quell’arenaria caduta che si era depositata in precedenza sotto le pareti, determinando poi delle minuscole darsene, per trasferire questi detriti a metà canale tra Ventotene e Santo Stefano.

 Bisogna prendere atto che:

  • i marosi provenienti dal versante Sud (Libia, Tunisia, Algeria, Marocco e Spagna) e dal versante di Nord Est (Pirenei, Francia e Sistema Alpino), prima di giungere sulle nostre pareti rocciose percorrono centinaia miglia marine e spingono migliaia di metri cubi di acqua che, giungendo sulle nostre coste isolane, determinano un’ energia cinetica e un turbinio di mare che non possono essere facilmente quantificabili.
  • in questi ultimi 60/70 anni l’isola ha visto scomparire tutti gli accessi al mare, tra cui: due da Sud (Cala-Battaglia e Fontanelle), due da Ponente (La Piana di Pascone e Parata Grande) e alcuni minori, come il Moggio di Terra e il percorso pedonale da zia Bettina e da Via Polveriera che conducevano alla spiaggia Cala Nave, con la conseguenza di essere diventati non più utilizzabili.
  • l’isola attualmente detiene ridotte protezioni tufacee e barriere arenarie, a fronte dei “marosi” provenienti dai quadranti da Ovest e da Sud, che determinano disastri e sconquassi irreparabili e costanti. E’ necessario e urgente porvi rimedio per attutire questo disastro che investe un territorio meraviglioso che da troppi anni vede l’isola esposta a fenomeni corrosivi senza idonei interventi la cui conseguenza è la perdita di numerose porzioni di territorio e di accessi pedonali al mare.
  • un tempo l’isola, coltivando prodotti stagionali (frutti e sapori estivi tipici della peculiarità dell’isola) e prodotti autoctoni nei diversi periodi dell’anno (lenticchie, fave, legumi secchi e vini di buon livello) praticava lo scambio, tipo baratto, con i pescatori del luogo ed utilizzava le piccole piattaforme marine del sotto-costa per la cattura di pesce che, poi, veniva riservato alle famiglie.

Trasformare una debolezza in risorsa 

Non dobbiamo assumere le sembianze di attori sordi e ciechi che trascorrono il tempo maggiore della loro vita in questo meraviglioso ma, al contempo, fragile territorio ignorando e fingendo di non conoscere il fenomeno della corrosione della costa, perché a nessuno è data la facoltà di abbassare lo sguardo dinanzi alla distruzione di una terra unica e straordinaria. È dovere dei cittadini tutti e degli amanti di questa terra studiare il fenomeno e porvi rimedio.

Nell’oggi allontanare la terra dal mare sarebbe un grave errore per l’isola di Ventotene, perché è nostro dovere fare ritorno alle scelte ed alle conoscenze delle origini, perché i primi abitanti delle isole consideravano la dimensione della terra un tutt’uno con la dimensione del mare, perché i frutti della terra e del mare rappresentavano insieme il modello cui ispirarsi per la loro sopravvivenza.
E perché, laddove i frutti della terra si esaurivano questi venivano sostituiti con quelli del mare, consentendo, così, ai primi abitanti di scendere sulle piattaforme marine per svolgere l’attività della piccola pesca e mantenere attivo il baratto con i vecchi pescatori dell’isola.

Oggi il turismo di ogni isola non può ignorare la tutela del patrimonio costiero e marino, perché la tutela, obiettivo prioritario di ciascuna isola, può consentire la nascita di nuovi spunti e di nuove opportunità che mirino a migliorare il contesto isolano contemperando le esigenze di vita ed economiche di chi abita l’isola e di chi vi arriva per apprezzarne i valori naturali-paesaggistici e culturali

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