Europa

Oggi, 9 maggio, è la giornata dell’Europa

proposto dalla Redazione

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La giornata dell’Europa si celebra il 9 maggio di ogni anno nell’Unione europea.
Questa data ricorda il giorno del 1950 in cui vi fu la presentazione da parte di Robert Schuman del piano di cooperazione economica, ideato da Jean Monnet ed esposto nella Dichiarazione Schuman, che segnava l’inizio del processo d’integrazione europea con l’obiettivo di una futura unione federale.
Il Consiglio d’Europa ha inoltre celebrato il 5 maggio come “Giornata dell’Europa” fino dal 1964, ricordando la propria fondazione avvenuta il 5 maggio 1949.
La data del 9 maggio come Giornata dell’Europa fu invece adottata in occasione del vertice della Comunità europea tenutosi a Milano il 29 giugno 1985, commemorando così la Dichiarazione Schuman, che proponeva la creazione di un nucleo economico europeo a partire dalla messa in comune delle riserve di carbone e acciaio come primo passo verso una futura Europa federale, ritenuta indispensabile al mantenimento della pace

L’articolo I-8 del Trattato, intitolato I simboli dell’Unione, sanciva infatti che:
«La bandiera dell’Unione rappresenta un cerchio di dodici stelle dorate su sfondo blu;
l’inno dell’Unione è tratto dall’Inno alla gioia della Nona sinfonia di Ludwig van Beethoven;
il motto dell’Unione è “Unita nella diversità”, in latino “In varietate concordia”;
la moneta dell’Unione è l’euro;
la festa dell’Europa è celebrata il 9 maggio in tutta l’Unione».

[Estratto da Wikipedia]

L’analisi
La notte dell’Europa
di Paolo Rumiz

È da trent’anni— da quando l’Occidente ha lasciato la Bosnia in balia di squallidi affaristi e criminali — che mi ostino a narrare l’Europa. Più la sento balcanizzarsi e più vedo sbiadire gli ideali dei padri fondatori, più si rafforza in me l’obbligo di invocare quel nome. Europa. Ho riempito teatri, accompagnato orchestre sinfoniche di giovani, esplorato monasteri, risalito fiumi e montagne dall’Atlantico al Caucaso, per poi scriverne, in prosa e persino in versi, ed evocare la grande utopia da cui l’attuale alleanza è nata dopo la seconda guerra mondiale.

A contatto col pubblico è stato sempre facile risvegliare l’amore per la grande madre comune, capace di affratellare le nazioni. La mancanza di risposta sta al vertice. Le istituzioni comunitarie non erano e non sono in grado di offrire una sponda al bisogno emozionale di appartenenza continentale.
Nel mio errare da cantastorie di paese in paese ho sentito raramente la vicinanza del Palazzo. Bruxelles era troppo impantanata in grovigli di interessi, equilibrismi e trattative con le lobby, per capire l’importanza politica della narrativa.

Oggi, 9 maggio, è la giornata dell’Europa e mi chiedo cosa ci sia da festeggiare. Se guardo i vertici federali, la mia risposta è: niente.
L’alleanza nella quale ho creduto, non è più la stessa. È come se mi affacciassi su una voragine da una precaria balaustra. Oltre, non vedo che il vuoto. Un vuoto etico, politico, strategico, diplomatico, narrativo, persino lessicale. La stessa parola “Europa” sembra essersi svuotata di significato. Sento che, come la bassa pressione nel meteo, quel vuoto di senso genera turbolenze . Mostra una terra in balia degli elementi.

Certo, mai avrei immaginato che il mito della giovane principessa Europa rapita da Giove potesse essere tradito proprio da una femmina, una donna chiamata Ursula.
Per restare al potere dopo il voto, la presidente della commissione ha già invitato al banchetto le forze sovraniste, favorite nei sondaggi; le stesse che sognano di svuotare l’Unione dall’interno per farne un’alleanza invertebrata. Con lei, la mia terra si è degradata a patrimonio barattato a scopo elettorale. Con Europa che assomiglia sempre di più a una bella donna decaduta, costretta a vendere il suo corpo a bordo strada.

L’Europa non ha solo nemici esterni, Putin o il radicalismo islamico. C’è anche il nostro crollo valoriale e la nostra apertura al liberismo più sfrenato. Big Food, Big Pharma, Big Chemicals: i mercanti d’armi fanno ormai quello che vogliono in Europa.

Orwell si è impossessato delle istituzioni. Scuola, sanità, trasporti collassano. La povertà aumenta, il welfare va in pezzi. Salvo la piccola Danimarca, l’immigrazione non trova risposte capaci di conciliare accoglienza e disciplina. I confini tra gli Stati si richiudono. Il Mediterraneo diventa barriera. E la parola più tragica del secolo scorso — “nazione” — torna in auge per fare altri disastri.

Che bel sorriso materno ostenta nei manifesti la signora Von der Leyen. Quel sorriso non svela che, sotto il suo comando, gli uffici della Commissione, da strumento di consenso democratico, si sono trasformati in un bunker dove regna cieca obbedienza, dove è possibile trattare in segreto con le società farmaceutiche in materia di vaccini e depotenziare l’Antitrust, unico freno rimasto alla voracità predatoria dell’economia.
Ursula, che ha aperto il suo mandato rilanciando il Green Deal e ora lo conclude con la sua demolizione, facendo dell’Ue una banderuola. Ursula, soprannominata “presidente americana” per la sua acritica sudditanza alla Nato.
I salamelecchi fra la Presidente e i post-fascisti soprattutto italiani, nascondono la ricerca di un’alleanza fatale. Quella tra il cuore democristiano dell’Unione, legato alla tecnocrazia delle grandi corporation, e un’ideologia storicamente spietata con i deboli, i poveri e i diversi. Gli stessi che l’economia del consumo scheda come “superflui” nella catena di produzione. Il ritorno delle nazioni, in cambio dell’egemonia dei McDonald’s.

È un patto di mutua convenienza. I poteri globali blandiscono i sovranismi per indebolire l’ultima roccaforte mondiale dei diritti e delle regole, togliere di mezzo un formidabile concorrente e ottenere mano libera nella razzia delle risorse e nell’uso di mano d’opera. Dal canto loro, i sovranismi si servono dei “social”, più efficaci di qualsiasi manganello, per convincere i popoli a una docile sottomissione, evocando complottismi e continue emergenze da stato d’assedio.
Nuovamente un tradimento “al femminile”, giocato fra Marine Le Pen, Giorgia Meloni e la stessa Von der Leyen.

Sento un rullio crescente in questa notte dell’Europa. Sono i tamburi dell’etno-nazionalismo, le parole di odio che filtrano su tiktok e su facebook.
I sovranismi hanno imparato con anticipo sulle altre forze politiche a servirsi del potere seduttivo della Rete. Hanno fatto proselitismo a partire dai minori, predicando l’ostilità al diverso e il bisogno di un capo supremo. Ma soprattutto hanno creato nella pubblica opinione l’idea di un inevitabile tramonto della democrazia, tanto da obbligare le forze moderate e l’inesistente sinistra a rincorrere i sovranisti sul piano del linguaggio.
Domani, se anche la destra non dovesse vincere, la destra si ritroverebbe comunque vincitrice, sul piano del discorso e del pensiero medio.

Ipnotizzati da questa “estetica del tramonto”, i mass media continuano a sottovalutare i segnali di controtendenza.
Non si è parlato abbastanza dei tre milioni di tedeschi che hanno riempito le piazze per proclamarsi “barriera tagliafuoco” rispetto al ritorno dei nazismo, della formidabile riscossa elettorale dei polacchi contro il nazionalismo necrofilo che li ha dominati per anni, della rabbia dei giovani pacifisti manganellati o delle manifestazioni dei lavoratori contro lo sfruttamento della manodopera, lo smantellamento della sanità e del sistema pensionistico.

Non sappiamo come andrà a finire. Molto dipende da come narreremo l’Europa. Gli intellettuali sono stati troppo zitti.
Eppure, mai come in questo momento il loro compito è chiaro: difendere la parola dal balbettio barbarico che l’aggredisce. È stata la falsa alternativa fra “inglese” ed “europeo” a determinare Brexit. Sono state le parole dei media a spingere la Jugoslavia verso il baratro. E se oggi Russia e Ucraina rischiano di autodistruggersi in un conflitto senza fine, è anche perché manca nelle élite europee la capacità di tessere una mediazione. Per il nodo di Gaza il discorso non cambia.

A questo punto si tratta di spiegare che il sovranismo è la strada più sicura per diventare vulnerabili, diventare terra di conquista delle multinazionali, e quindi perdere la sovranità.
Ricordare che, causa i nazionalismi, l’Europa si è già suicidata due volte. E che, nel momento più buio, l’Inghilterra ha resistito alla valanga nazista grazie al discorso appassionato di un uomo solo, Winston Churchill.
Si tratta di raccontare ai bambini quanto è fortunata, quanto verde è questa nostra terra, e quanta nostalgia scatena quando le si è lontani.
Ripartire dal mito per ricostruire il sogno europeo.

[Di Paolo Rumiz, da la Repubblica del 9 maggio 2024]

2 Comments

2 Comments

  1. Enzo Di Fazio

    9 Maggio 2024 at 15:00

    L’articolo sulla Festa dell’Europa mi ha fatto ricordare di quando, più o meno 5 anni fa (eravamo anche allora alla vigilia delle elezioni europee), mi intrattenni con la mia nipotina, che frequentava l’ultimo anno della scuola d’infanzia, sulle dodici stelle della bandiera d’Europa.
    Oggi la nipotina è all’ultimo anno delle elementari e, per quanto io sappia, di Europa a scuola ne parlano spesso e ancor di più in questi giorni.
    Speriamo in questi segnali positivi, nonostante le vicende di questi anni, la guerra tra Russia e Ucraina, la crisi economica ed energetica che ne è derivata, le divisioni politiche crescenti all’interno dei singoli paesi delineino un quadro per niente rassicurante.
    Ripropongo per l’occasione il pezzo che scrissi allora stimolato da una domanda che mi fece la nipotina tornando da scuola da una giornata dedicata all’Europa: Nonno, perché sulla bandiera d’Europa ci sono 12 stelle?
    Buona lettura

  2. Sandro Russo

    9 Maggio 2024 at 17:49

    Per una volta in redazione abbiamo derogato dalla regola che ci eravamo data di non pubblicare articoli dai giornali il giorno stesso in cui escono in edicola. Per l’ovvio motivo di non crear loro un danno economico (a parte l’avvertimento della “riproduzione riservata”).
    Per dei buoni motivi:
    – per l’applauso che non potevamo trattenerci dal tributare a Paolo Rumiz;
    – perché è oggi 9 maggio (e non domani) la Festa dell’Europa;
    – perché non tutti i giorni, ma spesso, ci troviamo a ricevere in posta del sito o via whatsapp i tormentoni di chi vuole convincerci a sposare la tesi oscurantista del “non andare a votare”. Oggi è stato uno di quei giorni. Non facciamo nomi, ma sono noti. Neanche hanno più vergogna di manifestarlo. Abbiamo messo da parte una risposta del nostro mentore e sodale Michele Serra al riguardo. La pubblicheremo quanto prima.

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