Ambiente e Natura

Marco e il suo laboratorio sperimentale

Riportiamo le riflessioni di Vincenzo Ambrosino dopo la pubblicazione dell’intervista a Marco Di Folco sulla sua tesi di laurea “Ponza: laboratorio per un turismo sostenibile” (vedi parte 1, parte 2, parte 3)

 

Molto spesso ci lamentiamo perché i giovani a Ponza sono assenti dal dibattito politico e culturale eppure Ponzaracconta annuncia sempre nuovi laureati.

Non voglio credere che il giovane neolaureato Marco Di Folco – intervistato da Rosanna Conte – sia una eccezione. Una eccezione positiva, di un giovane che sviluppa una tesi sull’isola di Ponza e abbia voglia di parlarne perché la ritiene importante per contribuire al miglioramento della sua isola di adozione.
Una eccezione forse perché Marco ha compreso in pochi mesi tante cose della sua isola, che prima ignorava.
Ha compreso che questa isola ha una sua geologia, ha una sua struttura  che è splendida ma molto fragile. Questa struttura fisica formatasi milioni di anni fa è in continua distruzione a causa di fenomeni esogeni.
Marco ha compreso che questa isola rocciosa è stata progressivamente colonizzata da piantine in quella che viene chiamata successione ecologica che ha prodotto il manto erboso e poi la macchia mediterranea.

Molti anni dopo sono arrivati gli uomini alieni, che hanno cominciato a trasformarla e sfruttarla per le proprie attività antropiche di sopravvivenza.
Marco ha capito che quello che lui oggi vede con i suoi occhi giovani e sognanti è l’ultima versione di una isola che è stata senza sosta trasformata, manipolata, distrutta da parte del lavorìo del vento, della pioggia, del modo ondoso ma anche dell’azione antropica.
Marco adesso sa che il dissesto idrogeologico di una isola non si può fermare, ma certo lo si può rallentare e a questo scopo il ponzese deve assumersi le sue responsabilità: ma i ponzesi sono consapevoli di questo?
Importante per rallentare il dissesto idrogeologico è riprendere a mettere in sesto le “parracine” che sono un presidio idrogeologico. Fondamentale è irreggimentare i flussi delle acque. Non tagliare la macchia mediterranea, che ha tante funzioni: ecologiche e paesaggistiche oltre a quella di compattare il terreno collinare.

Marco adesso sa che le evidenze archeologiche sono importanti da proteggere e valorizzare perché raccontano storie di uomini che sono passati in questa isola e hanno lasciato le loro orme dimostrando il loro livello di civilizzazione. Queste orme sono insegnamenti di vita per le nuove generazioni.
Una riflessione a questo punto si è posta Marco: gli uomini nel tempo hanno sicuramente trasformato l’ambiente naturale preesistente ma l’hanno fatto con intelligenza o con il solo spirito utilitaristico?
Marco ha valutato queste cose e ha capito per esempio che i Greci e i Romani, ma anche i Borbone hanno agito con enorme intelligenza mentre per esempio i proprietari della Samip hanno agito solo per spirito utilitaristico distruggendo selvaggiamente porzione della nostra isola.

Cala dell’Acqua devastata dalla SAMIP

Marco ha compreso la colonizzazione del ‘700. Ha compreso che quei coloni hanno trasformato totalmente l’ambiente preesistente, disboscando, gradinando le colline e per proteggere i terreni hanno costruito i muri a secco. Ha capito la fatica enorme di quei coloni.
Poi ha seguito i pescatori che sono diventati i padroni del Mediterraneo alla ricerca di corallo, aragoste, pesce azzurro, pesce spada. Il mare per questi ponzesi, doveva “essere zappato” come si fa con il terreno.
Marco si è chiesto: “Si può mai zappare il mare?”
E poi Marco ha cominciato a interrogare le persone, a leggere e verificare per poi arrivare a una prima conclusione: “C’è qualcosa che non funziona. Ponza è bella, ha un turismo che tira, ma molti dei miei amici sono disoccupati. Quest’anno l’immondizia non veniva raccolta, c’era una puzza che proveniva dal depuratore. Parcheggi inesistenti ma tante macchine. La maggior parte delle zone impossibili da raggiungere. Caos in 40 giorni d’estate, poi la maggior parte degli operatori economici chiudono a metà settembre e vanno via. L’inverno a Ponza è un mortorio.

Marco dopo queste riflessioni ha cominciato a fare domande ben precise dalle quali ha  appreso che i contemporanei hanno una cultura che li predispone all’individualismo sociale ed economico.
E un giorno Marco ha avuto una illuminazione: la cultura individualista poteva andare bene per il contadino e anche per il pescatore ma non può andare bene per l’operatore turistico: ecco perché l’isola non riesce ad organizzare una propria offerta turistica e mostra tutte le sue debolezze e criticità
Marco ha appreso queste basi per poi sviluppare il tema della sua tesi: “Ponza: laboratorio sperimentale per un turismo sostenibile”.
Ecco, per fare un turismo sostenibile a Ponza bisognerebbe allestire un vero laboratorio di studio e di proposta per aggiungere  “in provetta” nelle giuste dosi ingredienti culturali, sociali, politici e organizzativi assolutamente adeguati allo scopo e poi inocularli come un vaccino nella vita e nella organizzazione prima politica, poi sociale e commerciale dei ponzesi.
Marco teoricamente ha capito il da farsi, ha descritto i processi da compiere – ampiamente esposti nell’intervista di Rosanna Conte – ma “manca il laboratorio per produrre in provetta” il miracolo della trasformazione isolana.

  Vincenzo Ambrosino

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