Libri

La rivoluzione scientifica presentata da Harari

di Tano Pirrone

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C’ero anch’io in quella “periodica” raccontata da Sandro, in cui, accompagnato anche da qualche vecchia battuta salace, Paolo ci ha snocciolato succintamente la storia della Scuola Medica Salernitana, destando molto interesse in tutti gli amici convenuti. E confesso che della compagnia “’E ccape fresche” sono stato immeritatamente un componente attivo.

C’ero anch’io, dicevo, e la bozza del pezzo che Sandro ha mandato alla congrega, mi è arrivato di buonissimo mattino mentre leggevo un libro molto interessante: Da animali a dèi. Breve storia dell’umanità di Yuval Noah Harari (1); le pagine su cui ero impegnato erano fatalmente collegate con l’argomento trattato.
Ho così inviato, per condividerli con gli altri lettori, i passi interessati (e interessanti).

«…La grande scoperta… fu la scoperta che gli umani non conoscevano le risposte alle loro questioni più importanti.

Le tradizioni premoderne della conoscenza, come l’Islam, il cristianesimo, il buddhismo e il confucianesimo asserivano che tutto ciò che occorreva sapere del mondo lo si sapeva già. I grandi dèi, l’unico Dio onnipotente, o i saggi del passato possedevano una sapienza onnicomprensiva che rivelavano a noi nei testi sacri e attraverso la tradizione orale. I comuni mortali acquisivano conoscenza studiando queste antiche scritture o tradizioni e comprendendole nel modo giusto. Era inconcepibile che la Bibbia, il Corano o i Veda si fossero lasciati sfuggire anche un solo segreto cruciale dell’universo, così che tale segreto avrebbe potuto essere scoperto da creature in carne e ossa.

Le antiche tradizioni della conoscenza ammettevano solo due tipi di ignoranza. Nel primo caso, un singolo individuo poteva essere ignorante riguardo qualcosa d’importante. Per ottenere la conoscenza necessaria, bastava che si rivolgesse a qualcuno più saggio di lui. Non occorreva scoprire qualcosa che nessuno ancora conosceva. Per esempio, se in un villaggio toscano del XIII secolo un contadino voleva sapere come si era originata la razza umana, contava sul fatto che la tradizione cristiana gli avrebbe sicuramente offerto la risposta definitiva. Tutto quello che doveva fare era rivolgersi al prete locale.

Nel secondo caso, un’intera tradizione poteva essere ignorante riguardo cose non importanti. Per definizione, qualsiasi cosa i grandi dèi o i sapienti del passato non si fossero dati la pena di trasmetterci, doveva essere priva di importanza. Per esempio, se il nostro contadino toscano avesse voluto sapere come fanno i ragni a tessere la ragnatela, era inutile chiederlo al prete del villaggio, poiché non c’era alcuna risposta a riguardo in nessuna delle Scritture cristiane. Ciò non significava, comunque, che il cristianesimo fosse inadeguato, ma che la comprensione di come facessero i ragni a tessere la loro ragnatela era una questione priva di importanza. In fin dei conti, Dio sapeva benissimo come avveniva. Se si fosse trattato di un tipo di informazione vitale, indispensabile per il benessere e la salvezza degli uomini, Dio avrebbe inserito nella Bibbia una spiegazione generale di questo fenomeno.
Il cristianesimo non proibiva certo di studiare i ragni. Ma chi studiava la vita dei ragni – se viveva in una qualsiasi parte dell’Europa medievale – doveva accettare di rivestire un ruolo periferico all’interno della società, e che le sue eventuali scoperte fossero irrilevanti di fronte alle eterne verità del cristianesimo. Qualunque cosa uno studioso potesse scoprire sui ragni, sulle farfalle o sui fringuelli delle Galapagos, era poco più che un’inezia, priva di incidenza sulle verità fondamentali riguardanti la società, la politica e l’economia.

In realtà, le cose non erano così semplici. In ogni epoca, anche nella più pia e conservatrice, ci furono persone pronte a sostenere che c’erano questioni importanti sulle quali la propria intera tradizione non sapeva nulla. Queste persone, però, venivano di solito marginalizzate o perseguitate – quando esse stesse non fondavano una nuova tradizione e cominciavano a sostenere che erano loro a sapere tutte le cose che bisognava conoscere. Per esempio il profeta Maometto iniziò la sua carriera religiosa condannando gli altri arabi perché erano all’oscuro delle verità divine. Tuttavia lo stesso Maometto cominciò molto presto a sostenere che era lui a sapere tutta la verità, e i suoi seguaci presero allora a chiamarlo “Il Sigillo dei Profeti”. Da allora in poi non ci fu più bisogno di rivelazioni oltre a quelle pronunciate da Maometto.

La scienza moderna costituisce una tradizione del sapere senza precedenti, in quanto ammette apertamente che vi sia un’ignoranza collettiva riguardo alle questioni più importanti. Darwin non sostenne mai di essere “Il Sigillo dei Biologi” e di aver risolto una volta per tutte l’enigma della vita. Dopo secoli di ricerca scientifica, i biologi ammettono di non possedere ancora una buona spiegazione sul modo in cui il cervello produce nell’individuo la coscienza di sé. I fisici ammettono di non sapere cosa abbia causato il Big Bang, o conciliare la meccanica quantistica con la teoria della relatività generale».

E, in conclusione:
«La cultura moderna, tuttavia, è stata disposta ad abbracciare l’ignoranza molto più di quanto non sia accaduto a qualsiasi cultura precedente. Una delle cose che hanno consentito agli ordini sociali moderni di resistere è la diffusione di una fede pressoché religiosa nella tecnologia e nei metodi della ricerca scientifica, che ha sostituito in certa misura la fede nelle verità assolute».

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(1) – Di Yuval Noah Harari, storico e filosofo, dalle grandi capacità divulgative, ricordiamo oltre al testo citato [Bompiani 2014 (riedizione aggiornata 2018]: Homo Deus. Breve storia del futuro (2017) e 21 lezioni per il XXI secolo (2018).

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