Scrittori

La presentazione di Carlo Secondino a Formia (2). La raccolta di poesie

riceviamo in redazione da Carlo Secondino e volentieri pubblichiamo. Introduzione di Sandro Russo

Per la prima parte, leggi qui

In continuità temporale e ideale con le parole sull’Africa, all’incontro del 30 ottobre da Koinè a Formia, è stato presentato anche il secondo libro di Carlo Antonio Secondino, l’Occasione di Esistere.
Al tavolo dei relatori sempre l’Autore insieme al prof. Tommaso Di Brango, assente per cause non dipendenti dalla sua volontà il prof. Sergio Sollima, di cui verrà letta la recensione.

Continuità ideale, si diceva, perché come i racconti dell’altro libro, le poesie sono molto attuali e (in gran parte) legate all’esperienza africana dell’autore.

A proposito della poesia di Secondino, Di Rango cita “la leggerezza” di Italo Calvino, che nelle sue Lezioni Americane, scrive: «Leggerezza non vuol dire superficialità, o tanto meno distacco. Leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore. La leggerezza per me si associa con la precisione e la determinazione, non con la vaghezza e l’abbandono al caso» e cita a sua volta il poeta Paul Valery che ha scritto: Il faut être léger comme l’oiseau, et non comme la plume – Bisogna essere leggeri come un uccello, non come una piuma…”.
E  sono necessarie grande applicazione e fatica per rendere a parole sensazioni intense e pensieri complessi senza appesantire il verso che deve scorrere lieve come acqua tra i sassi di un torrente.

Vengono anche lette alcune poesie, tra cui qualcuna che abbiamo già pubblicato sul sito insieme ad altre che esploravano i limiti della parola, al confine dell’indicibileil passare del tempo e testimoniavano la tragedia dei Migranti.

Riflessioni su L’occasione di esistere
di Sergio Sollima
Una solida cultura classica governa il verso sapiente di Carlo Secondino, con svariati richiami intertestuali. In Coscienza del mondo alcune tematiche, come quella del dolore connaturato al mondo degli uomini o quella della ricerca del vero o quella della noia rimandano a Leopardi, mentre in Migranti suggestioni timbriche e figurative evocano certo Foscolo di A Zacinto e dei Sepolcri. In Migranti è anche il rovesciamento del tema quasimodiano dell’impossibilità del canto davanti alla follia della storia.

Dietro i versi si percepisce un lavoro meticoloso sulla parola e sulla strofa. Tornano in mente le parole del poeta Eugenio De Signoribus, che ben possono riferirsi al poeta cassinate: «…Scrivere poesia non è solo provare un sentimento: è rigore, necessità, metrica applicata al cuore… Penso alla poesia come alla sobria preghiera della sera. Come remissività dal peccato di mediocrità. La sciatteria va bene nella vita. Nella poesia occorre avere rispetto della forma e dell’intelligenza di chi legge».
La poesia di Carlo Secondino è poesia elegiaca, mesta e dolorosa, venata di nostalgia, di dolore che sale dal mondo, di dubbio, di disperazione: ma è elegia, vedremo, che sa coltivare il sentimento della speranza.
Il poeta testimonia la perdita di certezze, sia riguardo l’uomo in generale, sia personali. Sotto le ideologie e le fedi, che sacrificano l’uomo sull’altare dei dogmi, si agitano maschere logore, abiti mentali consunti, egoismi, che oscurano la solidarietà, la coscienza. La maschera logora è anche spesso quella dell’io, quando si è condotti a tradire sé stessi, quando non si sente più il bisogno di sottrarsi ai morsi della coscienza.

Il progresso è falso e ingannevole. Qui Secondino torna alla sua amata Africa. L’uomo occidentale ha goduto del paradiso africano con un atteggiamento predatorio che non ha niente di costruttivo per un reale miglioramento. Si avverte invece, nella realtà africana che il poeta ha avuto modo di conoscere, il frastuono di un illusorio simulacro di modernità, con le deiezioni del progresso, attraverso i cattivi odori, i rumori assordanti, le lamiere di sgangherati veicoli. Icone di un’irriducibile autenticità sono un vecchio che esprime fierezza, genti austere che vivono presso un lago, il volto di una bambina.

Il tema del tempo percorre a più riprese la raccolta. Il tempo, pieno di oscure minacce, devitalizza le tracce di eventi passati. Eppure il poeta sa strappare frammenti di vita all’edax nihil (1): nell’accorata sineddoche riferita al padre, il passato cammina ancora accanto attraverso il tocco di una mano.
In alcuni brani si allude a un processo di riduzione, di sottrazione, fino a una sorta di grado zero dell’uomo, che consenta di riprogrammare la natura umana. Non è certo il “trasumanar” dantesco – accesso a una natura superiore –, piuttosto è ripiegamento, contrazione dell’umano. L’io offeso dalla storia si raggomitola su di sé, quasi a scomparire o trasformarsi in tronco e poi in pietra (Rifugio). Bisogna regredire per sussistere.
Il Garigliano (Dietro una tela di ragno) che scroscia sulla ruota è una sorta di correlativo oggettivo dei sogni precipitati e dissolti. Eppure, come si diceva, persiste una speranza palingenetica.
La natura può ancora custodire voci antiche come nel baobab di Ritrovarti Africa, o nel lago attorno a cui si cristallizza il trambusto del tempo in Saluto al lago Turkana.  All’interno del tono elegiaco, si avvertono le note di una sommessa utopia di rigenerazione affidata alle nuovissime generazioni.

La poesia è un luogo dove ripararsi dagli oltraggi del mondo, è la voce tenue e pudica che fa da sfondo all’evanescenza delle cose umane, è la dimensione di una crucciata invisibilità. Nell’aridità cui sembra condannata la contemporaneità, come persiste un sogno palingenetico, persiste anche il sogno della poesia, sorta di sguardo dietro un filtro, dietro una tela di ragno, dietro un velo.
Non a caso usiamo il termine “velo”. La poesia di Secondino è anche una rivisitazione dell’allegoria foscoliana del velo delle Grazie – la civiltà, l’arte –, costrette a ripararsi dall’imbarbarimento e dalle aggressioni della realtà per proteggere quel che resta di umanità, di pudore, di bellezza nel travagliato mondo.

(1) – Edax nihil – vorace di nulla, in senso figurato, nel testo: l’insignificanza delle cose umane

 

Il professor Tommaso Di Brango (Frosinone, 1985) insegna Materie Letterarie negli istituti di istruzione secondaria di 2° grado.
Critico letterario, è da tempo attivo nella promozione letteraria tra basso Lazio, Molise e Calabria. Collabora con riviste come Sinestesieonline, Letteratura e società, Paideia e con pagine web letterarie come https://Poetarum silva.com, www.larecherche.it e www.literary.it.
Del prof. Di Brango, poi, è stato recentemente pubblicato il libro Scritture dell’incompiuto – saggi e recensioni – (Mondostudio Edizioni Cassino, 2022 ), un volume che raccoglie i suoi scritti letterari realizzati negli ultimi dieci anni.

Le note relative al prof. Sergio Sollima sono state pubblicate nella prima parte – ndr

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