Editoriale

Epicrisi 396. Sull’equilibrio che manca

di Enzo Di Giovanni

 

Che siano tempi complessi, e di difficile lettura, è noto a tutti. Certo, a tracciare la storia mondiale dal dopoguerra ad oggi ne abbiamo avuti di eventi destabilizzanti, il mondo non è mai stato pacificato: la guerra fredda, il Vietnam, le due guerre del Golfo, l’Afghanistan, i nostri anni di piombo, la guerra nell’ex Jugoslavia, la Siria, l’infinito conflitto israelo-palestinese, e via dicendo.

Al punto che il termine “dopoguerra”, che dovrebbe indicare una fase di pace duratura e generalizzata, appare alquanto stucchevole, di facciata. Sappiamo che la pace di cui abbiamo goduto dal “dopoguerra” ad oggi è fragile, e non basta nascondere la polvere sotto il tappeto ammaliati da un benessere tecnologico sempre più generalizzato. Soprattutto, questa pace riguarda solo l’Occidente, una parte cioè relativamente piccola del pianeta.

I tempi sono complessi perché sta venendo meno l’illusione di aver raggiunto traguardi di sviluppo economico, sociale e culturale indiscutibili. Non è così, se persino Putin parla di futuro incerto.

In Individuo, società, Stato, ‘destra’ e ‘sinistra’ Francesco De Luca arriva a dire che C’è da stupirsi che il quadro non esploda nelle sue conflittualità represse.

Non abbiamo più certezze, ci stanno presentando il conto. In fondo i fenomeni degli ultimi anni, tra fake news o post verità, rigurgiti sovranisti o addirittura neo fascismi, conflitti armati in aree di crisi sempre più accentuate, ci raccontano di classi politiche inadeguate dovunque, anzi, ne sono la spia.

La Guerra Fredda nella sua drammatica legge delle potenze contrapposte garantiva almeno un equilibrio che ha funzionato a livello internazionale, ed a cascata sulle politiche locali, per tanti decenni.

Tutto questo non esiste più. Tornando a Putin, credo sia illuminante l’ultimo discorso fatto in un convegno a Mosca.
Certo: c’è retorica di guerra, ma il tentativo di presentarsi come il paladino di un mondo che si contrappone al ricco occidente, un mondo variegato che si contrappone all’unisono ai “nazisti ucraini” ed alle “parate gay dell’occidente”, ed al contempo strizzando l’occhio alla forza penetrativa economica della Cina, ha una sua dignità attrattiva.
Per il semplice fatto, inoppugnabile che non siamo più il centro propulsivo del mondo.

Ci stanno presentando il conto, e ce lo stiamo presentando noi stessi, con la formazione del governo Meloni. Perché se è vero che certe polemiche rischiano di risultare stantie – ha ragione Vigorelli nella sua polemica reazionaria della sinistra in risposta al lessico della destra reazionaria di Mazzella di Rurillo – è altrettanto vero che nella maggioranza parlamentare per la prima volta ci sono rappresentanze di forze di ispirazione post-fascista, e non era mai successo prima: e non è questione di “nomi di partiti”, che ovviamente non sono più gli stessi della Prima Repubblica.

A cento anni dalla marcia su Roma, la nuova iniziativa del Centro Studi e Documentazione Isole Ponziane, propone una tre giorni ricchissimi di eventi che non si limita a tenere desta l’attenzione sulle tragedie del secolo scorso perché la banalità del male, proprio in quanto banale, può sempre riproporsi; ma fa anche un interessante excursus sulla storia isolana, che in quanto terra di confino ne ha tante di memorie da conservare e custodire con cura.

Sulla stessa tematica segnalo L’anniversario di El Alamein: fa riflettere l’affermazione di Corrado Augias l’errore della sinistra nel dopoguerra è stato di lasciarne la memoria alla retorica neofascista. Quanto mai in tema.

Ed ancora “La Resistenza delle donne”, il nuovo libro di Benedetta Tobagi.
Cito: Quasi per tutte fu anche una inedita guerra di liberazione personale, un’emancipazione dai modelli femminili di madre e massaia. Ma nessuno rese loro giustizia delle tante violenze che subirono; si preferì tacere.
Tra memorie cedute alla retorica e colpevole oblio possono passare molte delle disavventure politiche nostrane?
Temo di si.

Un caro saluto ed un augurio di buon lavoro al nostro caro amico Emilio Iodice, che arricchisce il proprio curriculum con la Presidenza della Fondazione Istituto Marymont di Roma.

Passiamo a cose… tristi!
Ma nel senso buono: La tristezza di essere tristi è un pezzo bellissimo.

Alla costante ricerca di un centro di umanità permanente, dovremmo ricordarci più spesso che non bisogna cercare lontano.
Penso ad esempio al concetto di Wabi-sabi, cioè di quello strano ed indefinibile, in-spiegabile connubio tra semplicità e tempo che passa, concezione di gran tendenza in ambiti come la moda e soprattutto l’architettura ed il design.
Perché la casa è il rifugio, ma al tempo stesso la rappresentazione di noi stessi.
E, per estensione, la casa è l’isola tutta, per noi che abbiamo la fortuna di viverla. Ce ne dimentichiamo, o forse non lo sappiamo neanche più perché ne abbiamo perso il possesso, spersonalizzati e reduci come siamo dalla stagione.

Eppure ne abbiamo bisogno, e ce lo raccontiamo nell’autunno dell’isola, o in una più generica ma non meno efficace poesia d’ottobre.

E, dulcis in fundo, con un pezzo fresco di giornata regalatoci da Maria Conte da Padova che sembra vivere lontano ma che l’isola la porta addosso, oltre il tempo che passa.

E noi di Ponzaracconta le vogliamo bene per questo.
Buona domenica!

1 Comment

1 Comment

  1. Maria Conte da Padova

    30 Ottobre 2022 at 11:16

    Grazie di cuore a Enzo Di Giovanni per l’affettuoso pensiero a commento del mio articoletto: “Un abbraccio da una signora.. diversamente giovane .., padovana d’adozione, ma ponzese doc.”
    Per Annamaria Usai, per la medesima ragione di cui sopra: “Cara Anna, per la prima volta, “signora” va bene… Ma per me tu vivi nel ricordo della vivace, bella famiglia Usai, nostra vicina di casa per anni… Ti abbraccio unitamente a Franco”.

È necessario effettuare il Login per commentare: Login

Leave a Reply

To Top