Racconti

Attratto dal rosso di MacPath

di Tano Pirrone

.

Bellissima carrellata sul colore rosso (leggi qui e qui), quella di MacPath, amica cara, di cui non vengo evidentemente in soccorso (rosso, naturalmente!), ma cui mi accodo umilmente per aggiungere alcune notizie sul colore con riferimento alla mia terra (e sua, ché pantesca è da parte di padre!), la Trinacria.

Cominciamo dalla letteratura: in questo scomparto esistono (almeno) due siculi casi di rosso, che qui voglio citare: primo uno scrittore, che del colore citato ebbe parte del cognome, Piermaria ROSSO di San Secondo (1887/1956), autore di testi teatrali, fra cui ricordiamo i grandi successi di Marionette che passione, Per fare l’alba, La bella addormentata ecc… Rosso di San Secondo entrò in rapporto con Pirandello, con cui stabilì un forte sodalizio, con Anton Giulio Bragaglia e con il giornalista-drammaturgo catanese Nino Martoglio. La sua poetica muove dagli azzardi dell’avanguardia e dal “teatro del grottesco” per sperimentare una sorta di espressionismo mediterraneo. La crescita smisurata del “pirandellismo” ne oscurò la fama, non permettendo che venisse compiutamente alla luce l’originalità della sua visione dell’orrore delle metropoli mitteleuropee in un connubio con i colori accesi e i sensi febbrili di un’inedita Sicilia primigenia e visionaria, fiera e feroce, lussureggiante e lussuriosa. Suo testamento spirituale può considerarsi Il ratto di Proserpina (1954), culmine della mitografia mediterranea, ad un tempo celebrativa e satirica.

Da un autore, troppo poco frequentato, ormai, ad un testo che forse si legge ancora a scuola, ma che dovrebbe stare, impacchettato nella raccolta de I Meridiani, pubblicata da Mondadori “Tutte le novelle” (di Giovanni Verga, naturalmente!) fra i livres de chevet; parlo, naturalmente della novella Rosso Malpelo (1), pubblicata per la prima volta su Il Fanfulla nel 1878 e poi raccolta nel volume Vita dei campi, in ottima compagnia; c’era, infatti, fra altri, Cavalleria rusticana (da cui il libretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci, che Mascagni musicò indimenticabilmente) e poi: La Lupa, Jeli il pastore, L’amante di gramigna ecc.

Rosso Malpelo descrive la realtà di povertà e sfruttamento delle classi disagiate in Sicilia alla fine del XIX secolo, realtà che Verga conosceva ma che emergeva anche dalle inchieste del Regno d’Italia da poco formatosi (1861). Principalmente, l’opera è un ritratto di un adolescente condannato dai pregiudizi popolari all’emarginazione, a causa del colore rosso dei capelli, spesso attribuito al male, e a una tragica fine, simile a quella del padre, oltre a un duro lavoro nelle cave di rena siciliane. Nonostante il principio dell’impersonalità, che caratterizza gli scrittori veristi, Verga lascia trasparire la pietà che prova per Malpelo, un “vinto” che non ha alcuna possibilità di sottrarsi al proprio destino. Fa capire che i ragazzi come lui reagiscono al male che viene loro fatto infliggendo altrettanta sofferenza e cercando di reprimere i sentimenti di compassione pur di sopravvivere (emblematici sono i comportamenti rudi del protagonista nei confronti di Ranocchio e dell’asino).

Terzo argomento: il mio cognome, Pirrone. A suo tempo ho fatto una ricerca etimologica ed è venuto fuori che il cognome, molto probabilmente risale al termine greco pur puros, che vuol dire fuoco, probabilmente ad un soprannome originato da una forma accrescitiva del termine Pyrròs “del colore del fuoco, rosso”, sottinteso di capelli o carnagione). Oppure, tesi che mi sembra più probabile, “che prende fuoco facilmente”, “fumantino”, incline, cioè, ad adombrarsi o a reagire in modo brusco e violento; focoso, infiammabile, irritabile. Conoscendomi abbastanza bene credo che la seconda ipotesi calzi alla perfezione.

Chiudiamo, parlando dell’origine e chiudendo così il cerchio: l’etimologia della parola rosso è legata alla radice indoeuropea rudh- o reudh- (in sanscrito, se usata come sostantivo, la parola rudh-iram = sangue, se invece, usata come aggettivo = rosso). Radice che ritroviamo nelle parole latine rubens, ruber e rufus = rosso; anche nelle lingue protogermaniche troviamo la parola rauthaz = rosso da cui l’anglosassone red ed il tedesco rot.

Rosso significa, originariamente, “di colore del sangue”; non per niente, nell’immaginario collettivo, il colore rosso richiama la passione, l’ardore, l’impeto, la vivacità. Il rosso, inoltre, rimanda all’idea archetipica del fuoco, quale forza primordiale che trasforma e purifica: tagghia ca è russu (2).

Note

(1) – Per il testo del racconto di Giovanni Verga “Rosso Malpelo”
https://online.scuola.zanichelli.it/metodiefantasia/files/2009/08/verga.pdf

(2) – È l’invito dei mulunari, i venditori di angurie, che nelle nostre estati calde e fumanti (fumanti?) invitano a comprare le loro cucurbitacee tropicali, il cui rosso è il più rosso di tutti.

Immagine di copertina. Piatto in ceramica ‘Trinacria’ rosso

 

Clicca per commentare

È necessario effettuare il Login per commentare: Login

Leave a Reply

To Top