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Andar per grotte con Leo. Vorrei aggiungere alcuni ricordi a corredo dell’articolo (leggi qui) del Dott. Leonardo Lombardi, per gli amici Leo: si tratta di una delle tante emozioni provate nello stare con lui e fare ricerche di idraulica romana a Ponza. Raccontare un episodio di quello che ha trasmesso a me e a tanti ponzesi: la gioia e la passione di capire di cosa parliamo quando parliamo di archeologia, usando parole semplici e chiare. Non basterebbero cento pagine per descrivere tutto. Un giorno Leo, durante uno dei nostri giri dell’isola che avevano lo scopo di enumerare i tanti ‘buchi’ dell’acquedotto romano, mi indica il foro che sta a metà tra la Ravia e la spiaggia di Frontone; mi chiede di procurare una scala di almeno 15 metri d’altezza per poter salire ed introdurci in quel foro dove troverà sicuramente la risposta ad un suo quesito: ovvero che il termine dell’acquedotto romano non è alla Grotta del Serpente. Gli dò immediatamente del matto: ma come, mettere una scala su una spiaggia e arrampicarsi lassù in cima, rischiando di romperci l’osso del collo! Aveva visto troppi film di Indiana Jones! Quasi non mi avesse inteso Leo di rimando mi dice che se rimediavamo la scala avremmo potuto vedere pure la grotta del Core, dove si incrociano 4 cunicoli di acquedotto a diverse quote: “a naso” – continua Leo – dovrebbe essere un pozzo di decantazione dell’acqua!” Fortuna volle che poco tempo dopo una frana improvvisa creasse un terrapieno fino al buco; Leo si precipitò a Ponza e insieme ad Ernesto Prudente ci avviammo con una barca fino alla base e da lì ci arrampicammo. Ernesto appena messo piede nel cunicolo venne avvolto da un silenzio – per lui così ciarliero – quasi religioso… Dopo aver camminato per circa 30 metri arrivammo ad una biforcazione e lì ci fermammo, per chiedere a Leo quale strada prendere, a destra o a sinistra: c’era solo la poca luce che facevano le nostre lampade e avevamo un po’ di paura addosso. Leo senza scomporsi ci disse che era indifferente: tutte e due si riunivano un po’ più avanti perché era una specie di rotatoria: serviva agli schiavi quando avevano la cesta con la roccia tagliata poggiata sulla testa e non dovevano incontrarsi con quelli che avevano scavato il materiale, perché due schiavi, insieme, nel cunicolo non ci passavano.
Come al solito aveva ragione e io ed Ernesto ci tranquillizzammo e proseguimmo il percorso.
Leo misurò le distanze, riportandole su un foglietto e annotò l’angolazione del percorso. Appena terminato il sopralluogo, andammo a casa di Ernesto e annotammo quelle misure sulla piantina di Ponza: scoprimmo che eravamo arrivati fino sotto alla chiesa di Santa Maria… Ernesto era in preda a un’eccitazione incontenibile. Euforico e logorroico – stava metabolizzando quanto aveva appena vissuto – Ernesto ci portò subito a Santa Maria e insieme identificammo facilmente i pozzi di raccoglimento dell’acqua dell’acquedotto di Cala inferno: trovammo il foro di approvvigionamento che era lo stesso che noi avevamo percorso dal lato mare.
Così ebbe fine, una volta e per sempre, la credenza che l’acqua dell’acquedotto romano arrivi alla Grotta del Serpente, anche perché questa sta in una quota di vari metri superiore e i romani non avevano energia elettrica per far funzionare le pompe e portare l’acqua in alto!
…E che gli fa Indiana Jones al nostro Leo?
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Caro Domenico, è bellissimo questo tuo ricordo dei due personaggi, uno, Leo, in preda al fuoco scientifico e l’altro, il padrone di casa Ernesto, in preda al furore di conoscere cosa ancora si celasse alla profonda conoscenza del suo regno.
E in mezzo a questi amici invasati c’eri tu responsabile della tua e della loro vita.
Domenico ti chiedo un’ulteriore lezioncina: avevo compreso del destino di quel foro che indicava l’ultimo tratto dell’acquedotto, però non ho capito il percorso che attraversa tutta la rada di Frontone che ovviamente si immette dalla Grotta del Core.
Caro Domenico,
ho letto il tuo intervento su Ponzaracconta e ti ringrazio per le belle parole che mi dedichi.
Effettivamente la storia della ricerca sulla tecnica idraulica romana a Ponza potrebbe essere arricchita dal racconto dei numerosi episodi e incontri che hanno che hanno caratterizzato quelle indagini. Debbo aggiungere che senza il tuo aiuto e le tue conoscenze lo studio difficilmente si sarebbe realizzato.
Vorrei precisare alcune cose contenute nel tuo intervento.
Con noi nel cunicolo esplorato c’era anche Silverio di Maurino e, come ti ricorderai, Ernesto ad un certo punto volle tornare indietro e, dato che lo spazio era limitato, passsò sotto le gambe di ognuno di noi e ci aspettò all’ingresso.
Una sola precisazione tecnica, la scala non era così alta come tu ricordi; era al massimo di una decina di metri in quanto la quota dell’imbocco del cunicolo da cui entrammo non supera i 9 m s.l.m. e la scala era appoggiata proprio alla barca.
Inoltre sulla Grotta del Core occorre precisare qualcosa: sull’intradosso della grotta, sulla volta, si nota più di un cunicolo. E’ molto probabile che nel tempo ci siano stati dei crolli che hanno obbligato i tecnici a rifare piu volte il cunicolo fino a quando – così almeno sembra, ma occorrerebbe una perlustrazione da farsi in parete con scalatori e speleologi attrezzati ed esperti – fecero un cunicolo completamente nuovo di cui si vedono in parete ingresso e uscita.
Tieni conto che tutti gli ingressi che vediamo sono il risultato di frane della parete, salvo alcune aperture che servivano per gettare a mare i detriti dello scavo del lungo cunicolo.
Un abbraccio
Leo Lombardi