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Ritratti fornesi. Pasquale Moriconi, la musica nel cuoredi Giuseppe Mazzella . Ponzese, classe 1933, con nonno originario di Camaiore, Pasquale Moriconi – detto Paisanella – ci riceve nella sua bella casa che domina Cala Fonte e lo scoglio Cantrillo, e subito ci racconta della sua passione: la musica. – Ero ancora bambino, quando feci la conoscenza con la musica. Seguivo la banda del dopolavoro della S.A.M.I.P., la società che estraeva la bentonite a Le Forna” – si racconta – Era una banda composta di quaranta elementi, tutti operai della miniera, una bella banda, che io seguivo in tutte le manifestazioni e nei sabati anche durante le prove. La banda era coordinata dal maestro Peppe Romano, originario di Ventotene. Durante la guerra, però tutti quegli strumenti furono requisiti dagli inglesi – conclude mestamente. – E quindi tu non hai mai potuto suonare in quella banda – gli chiedo. – Poi, tornato stabilmente a Ponza, cominciai a dedicarmi alla cornetta, strumento che mi fu regalato da un mio zio, mio omonimo, che era emigrato in America. – In quegli anni, però, tu suonavi anche altri strumenti – gli ricordo – In una foto che ha appesa in alle pareti di casa, ti vedo che suoni la chitarra. – È vero, sono io alla chitarra, Angelino Vitiello alla fisarmonica e Emidio Iodice, detto Cascettone, alla batteria. Era quello l’unico gruppo che allietava i matrimoni e suonavamo fino a mezzanotte. A Ponza, ricordo, c’era un altro trio: Pasquale Moriconi, mio zio, al mandolino, Temistocle al violino e Domenico Zecca, che faceva il fabbro, alla chitarra. Per la verità la musica era una passione di famiglia, perché sia mio padre Michele, che suonava i piatti, sia mio zio che suonava il tamburo, facevano parte della banda del dopolavoro S.A.M.I.P. – Quindi non hai mai suonato a Ponza nella banda. – No, ho suonato nella banda di Ponza, grazie al maestro Anzalone, originario di Montefalcione in Campania. Ci preparava in una stanzetta di via Fontana due pomeriggi la settimana e poi suonavamo durante le festività. Ero ormai diventato bravino con la cornetta – conclude. – Che adesso continui a suonare? – gli chiedo ancora.
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