Ambiente e Natura

Una primaverile giornata d’inverno

di Silveria Aroma
narciso

 

Gennaio, inverno.
I giorni di festa, specie quelli compresi tra Natale e Capodanno, lasciano addosso una spossatezza particolare; un misto di fritti, dolci, spumanti e malinconia. Gli orari vengono stravolti e – a tratti – si dimentica quale sia il giorno della settimana in cui ci si trova.

Una splendida giornata di sole, però, invoglia a svestirsi di pigrizia e riprendere a camminare. Passeggiare aiuta a bruciare calorie e negatività, meglio ancora se in compagnia di persone leggere e poco ciarliere.

controluce

I colori sono più eterogenei che mai quest’anno.
Si ritrovano insieme un autunno non ancora passato, un inverno che lascia poche tracce sul terreno e una primavera birbante che compare – qua e là – con pennellate improvvise di fucsia, di bianco, di arancio, di giallo e di viola.
Lasciamo le case, dopo innumerevoli scambi di auguri per il nuovo anno, e prendiamo sentieri sempre più stretti, immergendoci in un verde che emana una pizzico di magia boschiva.

tronco

Camminando sulle foglie brune, penetriamo in una foresta di erica e mirto, dove la vecchia quercia regna solitaria e le felci – come addobbi – spuntano dalle vecchie pietre dei terrazzamenti.

rami

sottobosco

Mi perdo nella bellezza e nel silenzio. I pensieri divengono via via più leggeri.
La rugiada compare sulle foglie. La mia mente è ormai vuota.

rugiada

La distrazione, l’umidità erbosa… un piede in fallo. Et voilà.
Rotolo nel verde. Credo di potermi fermare, ma mi sbaglio. Una capriola parte e io ne sono la materia. Chiudo gli occhi. Sento l’elasticità del mio corpo abituato a roteare in acqua da sempre. Istanti lunghi e abitati da sensazioni incerte.
Ferma, finalmente.
Non un sasso, non una spina ad incidere sul mio cerchio. Mi ritrovo distesa sul morbido. Apro gli occhi. Respiro. Non avverto alcun dolore o fastidio. Gli occhiali da sole sono sulla mia testa, la tracolla della macchina fotografica è ancora sulla spalla. Avverto un che di appiccicoso nella mano sinistra. E’ il latticello di una euforbia datata cui ho spezzato un ramo. Senza sollevarmi osservo le bianche lacrime colare. Una voce distoglie la mia attenzione. E’ quella del mio compagno d’avventura. Lo guardo, ha il volto decisamente preoccupato. “Non mi sono fatta niente”, rassicuro lui e me.

Se la natura non mi avesse tenuta col suo intrico di rami probabilmente avrei fatto un’altra capriola, ma la Grande Madre veglia anche sugli sbadati.
Ed io posso tornare a riveder il mare dalla casa gialla.

fiori-e-boccioli-di-mirto

tronchi-a-terra-e-foglie-secche

L’albero m’è penetrato nelle mani,
La sua linfa m’è ascesa nelle braccia,
L’albero m’è cresciuto nel seno – Profondo,
I rami spuntano da me come braccia.
Sei albero, Sei muschio, Sei violette trascorse dal vento
– Creatura – alta tanto – tu sei,
E tutto questo è follia al mondo.
Ezra Pound

 

1 Comment

1 Comment

  1. Luisa Guarino

    3 Gennaio 2017 at 16:36

    Un tuffo al cuore l’immagine di quei narcisi: mia madre li chiamava anche giunchiglie (non so se il termine è esatto) e ne riempiva la casa durante l’inverno. Mi torna così il loro profumo fortissimo mescolato al calore dei termosifoni: indimenticabile. Anche nei giorni scorsi ho avuto modo di vederne, soprattutto nei giardini di case abbandonate. Con un’espressione dialettale-familiare, mi diceva mia madre, qualcuno li chiamava anche “pasta e ceci”, certo per via del cuoricino che dà sul giallo e dei petali bianchi. Grazie cara Silveria, per averci offerto una full immersion da vicino vicino nella vegetazione di casa nostra.

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