Usi e Costumi

Comunità

di Francesco De Luca

 

“Franco, ti volevo dare questo foglio…”. Chi mi parla è l’ing. Aprea, Aniello, di Calacaparra.
Io sono uscito dalla pescheria, sulla Banchina Nuova, lui è giunto or ora. Sabato mattina, forse è venuto per dotarsi di un merluzzo per il pasto del giorno.
Apro il foglio e leggo: Uno, monta la luna, due il bue… “Ma – gli dico – lo dovevi scrivere in dialetto. La tiritera d’a primma luna monta è simpatica se la si ricorda in dialetto”.
“Ma io in dialetto non la so” – confessa sfiduciato Aniello.

La giornata è particolarmente bella. Freddina ma accompagnata dal sole. Vicino sta passando Rocco La Torraca, lo chiamo: “senti Rocco, ti ricordi ‘a primma luna monta?” Rocco rotea gli occhi, a rimuginare : …tre a figlia d’u rRe, quatto d’a iatta…”.
In uno spicchio soleggiato, ai margini della banchina  c’è Antonio ‘i Bunarino. Chiamo anche lui, e lo invito a cercare nella memoria degli anni la tiritera.
Alla fermata della corriera vedo Antonio Centineo. Incontra i nostri sguardi e si avvicina. Ancora non ha smaltito la rabbia dell’altro giorno. Perché? Cosa è successo l’altro ieri?
E’ successo che  a Formia, all’atto dell’imbarco, è stato fermato perché, pur se dotato di biglietto, il capitano aveva deciso di non partire per l’isola. Al che lui si è rifiutato di scendere. “Mi avete fatto il biglietto mezz’ora fa e… adesso mi dite che non si parte. Io non scendo. Non ho dove alloggiare per la notte, sono senza soldi e ho diritto di imbarcarmi”.
Antonio si dilunga nel racconto, con la sua naturale enfasi.
Si fermano pure Ciccillo Costanzo e Antonio Nocerino che, dalla sua postazione sul macchinone, intralcia il traffico.
Il battibecco di Antonio Centineo con i marinai del Quirino fa parte del repertorio in onda su Facebook, ma la voglia di partecipare ad una protesta verbale che coinvolge tutti i ponzesi sembra emanare un forte richiamo.
Siamo tutti pensionati, attempati e bisognosi di solidarietà. L’isola, nel periodo invernale, acuisce la solitudine e la precarietà.
Passa Ferino e si unisce pure lui alla combriccola.
Bunarino con occhi trionfanti mi imbecca: “vinte, scàvate ’u fuosso e mìnate a dinto”. E poi, ancora più esaltato: “vint’uno, schizza ’u niervo e te va ’nculo, a me ind’a coscia, a te ind’u culo. Meglio a te c’a uno ’i nuie”.

Una comunità è qualcosa di più che un insieme di persone. Una presenza che si esprime in un linguaggio, che si nutre di comportamenti e usanze tenute insieme da credenze e superstizioni, circola fra coloro che altri giudicano comunità.
La consapevolezza di questa presenza non è abbastanza evidenziata, ma essa è un collante sociale indispensabile.
La comunità ponzese la possiede e la nutre. Ne dovrebbe essere fiera.

 

NdR: nell’immagine di copertina Danza di contadini di Pieter Bruegel il Vecchio  (Breda 1525/1530 – Bruxelles 1569)

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