Ricorrenze

Il cortocircuito tra Halloween e l’orrore reale (1)

segnalato da Sandro Russo

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In collegamento stretto con l’articolo di Stefano Cappellini Inchiesta sul cospirazionismo.1 (del 26 ottobre) e con l’ultima epicrisi pubblicata (oggi) sul sito: 448. Stupidità, da la Repubblica di ieri, di Stefano Massini.

Halloween 2023 Un’indagine sull’orrore/1
Da Hamas alla Russia l’orrore quotidiano che ha reso Halloween la festa dell’ovvio
di Stefano Massini

La notte delle zucche e dei fantasmi stride con un mondo in cui non ci si scandalizza davanti alla violenza cieca. Abbiamo maturato una rischiosa assuefazione al brivido
Sembra lo scenario descritto da Brecht che si meravigliava della totale assenza di stupore davanti all’ascesa del male

La banalità dell’orrore. Di questo oggi vorrei raccontarvi, perché in un mondo ebbro di morte, che danza con l’Apocalisse sul ciglio del baratro, ho percepito lo stridere di un corto circuito, che si chiama Halloween 2023.

Premetto che non ho mai amato la notte delle zucche, dei fantasmi, dei dolcetti a forma di ossa e tutto il gotico repertorio. Faccio parte insomma di coloro che Halloween l’hanno perfino snobbata, derubricandola a una delle tante mode importate a fin di vile marketing dal mondo anglosassone. Stavolta però è diverso. Stavolta la festa dell’horror cade per ironia della sorte in una fase in cui l’orrore si è fatto consuetudine, ed ha perso lo scandalo al punto tale che un giovane guerrigliero di Hamas può telefonare a papà inorgogliendosi di “averne ammazzati dieci”, mentre il sanguinario Kadyrov signore degli stupri si fregia dell’alloro di protetto dallo zar.

E allora tentiamola, questa indagine sul comune senso dell’orrore, che tanto per cominciare ha la sua radice proprio nell’eccezionalità del trauma, da noi del tutto smarrita.
La parola “scandalo” significava in greco antico “inciampo, trappola”, e come tale implicava un’improvvisa rottura del camminare, la cui regolarità era vitale all’effetto della variazione. Noi abbiamo ormai maturato una completa assuefazione al brivido, cosicché tocca scorrere le notizie sulla homepage per scovare la notizia che toh, Vladimir Putin ha per la prima volta sperimentato la risposta a un attacco nucleare, pochi giorni dopo che il suo ministro ha omaggiato in rapida sequenza il tiranno nordcoreano e l’ayatollah Khamenei.
Si va componendo un’asse del terrore fra potenze armate fino ai denti in mano a dittatori psicotici e leader teocratici, ma lo scandalo è pari a zero, e la scala Richter quasi non registra il sisma.

Forse stiamo replicando lo scenario infausto descritto da Brecht, quando si meravigliava della totale assenza di stupore davanti all’ascesa del male, la cui strategia consiste sempre nel declinarsi in normalità, svuotando dall’interno il contraccolpo emotivo dell’orrore.
Ricordo le parole di Giacomo Matteotti, sconvolto dal fatto che il Niccolai, noto esponente politico romagnolo, fosse stato picchiato a sangue dai fascisti sulla pubblica via, fra le abitazioni, in un orario serale, senza che nessuno si affacciasse a una finestra fosse anche solo per gridare (fece eccezione solo l’anziana madre, che fu a sua volta presa a calci e pugni).

Il rischio che stiamo correndo è insito qui, nello scendere a compromessi con la barbarie, privandola del suo clamore e consentendole addirittura di razionalizzarsi come lecito strumento di rivendicazione politica (i terroristi di Hamas avranno anche trucidato, ma suvvia comprendiamo l’eziologia della mattanza). Quanto c’è, peraltro, di ipocrita in questo processo?

Senz’altro noi contiamo sull’alibi consolatorio di una lontananza geografica dal Medio Oriente o dall’Ucraina, peraltro sempre storicamente vissuti come terre intrise di un epico sangue, quello dei Crociati contro gli Ottomani o dei Mongoli e dei Cosacchi.
D’altra parte scriveva un maestro del genere come Stephen King che il gusto della paura si nutre sempre sulla percezione di una distanza, come dire che davanti a qualunque pellicola da brividi noi attiviamo inconsapevolmente un diaframma, quello per cui la porta chiusa della cantina stregata non si trova sulla reale planimetria catastale del tuo domicilio, e nessun demonio vestito da clown popola le fogne del quartiere.

Viceversa, se così davvero fosse, non saremmo più nel perimetro dell’horror ma fra le competenze della Protezione civile, e non pagheremmo alcun biglietto per assistere alle operazioni.
Quella medesima distanza adesso la applichiamo sullo scenario geopolitico, e ben rassicurati da essa ci crogioliamo in questa inedita intimità con la morte (purché altrui, purché altrove), salvo reclamare che i disperati di Lampedusa non si tramutino in tagliateste portandoci dentro il gore-movie.

Fino ad allora, prendiamo atto che alle nostre latitudini la paura ha visto convertire il grido in mormorio, e a forza di clip e di fake si è fatta hobby, bricolage, per cui al bar dello sport ci troviamo a commentare bambini sgozzati in un kibbutz e ospedali saltati in aria come fuochi d’artificio. Accade quindi che d’un tratto Halloween diventi la festa dell’ovvio, in cui non si esplicita più l’anatema delle tenebre, ma la loro irrilevanza, e l’incubo da cui fuggire assume il profilo di un peluche con cui abbiamo imparato ad addormentarci. Nessuno trema più. E non è una buona notizia.

[Di Stefano Massini, da la Repubblica del 26 ott. 2023]

Il file .pdf da la Repubblica di sabato 28 ottobre: Stefano Massini. Serie Halloween.1.pdf

Immagini dall’articolo del giornale
L’horror in maschera. Una delle manifestazioni da film horror della festa di Halloween che si tiene il 31 ottobre in Occidente
La strage al rave party. Un’israeliana rapita durante la strage del 7 ottobre al rave party
Il massacro di Bucha
. Nel marzo del 2022 l’eccidio di civili ucraini da parte dei soldati russi

 

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