.
Cronaca
Il dissalatore del Giglio
di Claudia Aldi – Da rainews.it/tgr/toscana del 06/05/2023
L’Isola del Giglio nonostante la prolungata siccità invernale e le minacciate prospettive di siccità estiva, ha raggiunto l’autonomia idrica, anche col pieno di turisti, grazie a un dissalatore che rende potabile l’acqua marina.
.
.
Il commento della redazione di Ponzaracconta
I poco più di due minuti del video del dissalatore dell’isola del Giglio danno un’idea molto tranquillizzante dell’efficienza oltre che dell’utilità di tale tipologia di impianto.
La giornalista intervista per brevissime dichiarazioni il sindaco del Giglio, il team leader e un tecnico dell’AdF (Acquedotto del Fiora).
In un passaggio c’è l’immagine della schiuma prodotta dal riversamento in mare della salamoia e nulla si dice circa il possibile impatto sull’ecosistema marino.
Va detto, ad onor del vero, che l’isola del Giglio ha il dissalatore da oltre quindici anni, quindi è abbastanza collaudato, e nel 2020 è stato rafforzato, anzi innovato, con nuove funzioni come la potabilizzazione, cioè la capacità di produrre acqua minerale attraverso l’aggiunta di carbonato di calcio e magnesio. Costituito da quattro moduli non è un impianto da poco, grazie anche alla poderosa stazione di sollevamento che fa arrivare l’acqua dal mare a metà montagna, con un impatto visivo tutto sommato discreto.
Vi sono stati investiti tanti soldi.
Quanto detto non scioglie, però, una serie di dubbi sui dissalatori. Un esempio virtuoso non sgombra il campo dai tanti interrogativi che accompagnano la realizzazione di questi impianti e che, applicati all’analisi della situazione della nostra isola, emergono tutti nella loro criticità.
Il video dell’isola del Giglio ci fornisce lo spunto per riproporre la questione del dissalatore a Cala dell’Acqua con tutto ciò che non si sa intorno alla realizzazione di quest’opera che è destinata a cambiare, nel bene e nel male, il presente e, soprattutto, il futuro di Ponza.
Nonostante le proteste e le posizioni contrarie di tanti isolani è molto più realistico pensare che il dissalatore si faccia, piuttosto che no.
A questo punto allora andrebbe perseguita la strada per conoscere e ottenere il massimo con la sopportazione del minimo disagio.
Conoscere innanzitutto che fine farà la salamoia (l’immagine della schiuma nel mare dell’isola del Giglio non ci conforta per nulla).
Per ogni litro d’acqua desalinizzata c’è un residuo di 1,5 litri di salamoia, a concentrazione variabile in funzione della salinità dell’acqua di partenza.
Conosciamo il dato di Ponza?
Conosciamo l’impatto sull’ecosistema marino del riversamento in mare? E dove avverrà questo riversamento?
E’ stata valutata e rappresentata la possibilità di stoccaggio per il riutilizzo come concime chimico?
Ci sono studi che assimilano, in base alla salinità e ai residui, la salamoia alle scorie caustiche e come tali, soggette al trattamento delle scorie industriali pericolose (al riguardo segnaliamo la lettura da Focus dell’articolo I dissalatori d’acqua sono indispensabili, ma producono scorie pericolose per l’ambiente pubblicato in occasione della giornata mondiale dell’acqua del 2019).
Un ruolo importante lo svolgono le tubature preesistenti sull’isola, nelle quali l’acqua verrà convogliata. Vecchie e corrose, come probabilmente sono quelle di Ponza, c’è un piano per sostituirle? Questo eventuale piano anticipa o segue la realizzazione dell’impianto del dissalatore? (come giustamente osservano e si chiedono Silverio Lamonica e Mimma Califano – leggi qui e qui).
Conosciamo, al riguardo, l’esperienza negativa di Ventotene raccontata dal dr. Francesco Carta (leggi qui) che ci basta e avanza.
Nel video dell’isola del Giglio ci sembra che l’impianto sia in una zona isolata, lontana dal centro abitato.
Un impianto, che parte provvisorio, ma destinato a diventare definitivo con un aumento della potenzialità, è sicuramente impattante.
E’ stata valutato l’impatto ambientale di quello previsto per Ponza? E l’impatto acustico?
Quantunque l’insonorizzazione abbia fatto progressi non c’è struttura di quel tipo che sia ad impatto zero.
Le vicende della Centrale elettrica di Ponza ci avranno pur insegnato qualcosa.
Una cosa è che l’impianto sia a Cala dell’Acqua, altra cosa è che sia altrove, lontano dai nuclei urbani.
E da qui un altro interrogativo
Si sono valutate le possibilità di realizzarlo altrove?
L’accorato sfogo di Emilio Iodice (leggi qui) è la dimostrazione di quanto sia importante fare il massimo degli sforzi affinché la logica industriale si ponga dei limiti di fronte alla necessità di rispettare l’ambiente e la natura.
Viviamo in una provincia che, per quanto riguarda gli impianti – è il caso di dirlo – fa acqua da tutte le parti. Latina ha il triste primato di essere, assieme a Belluno, la provincia ove oltre il 70% dell’acqua erogata non arriva a destinazione per via di tante tubature obsolete. E’ vero che Acqualatina ha ereditato una situazione già precaria ma i miglioramenti, stante alle lamentele che si sentono in giro, sono lenti e parziali.
E nel confronto con la provincia di Grosseto e con la Toscana, Latina e il Lazio hanno la peggio.
Sappiamo del malessere che c’è a Ponza e soprattutto di quello che c’è a Le Forna.
Evitare che si realizzi il dissalatore riteniamo che sia una pia illusione, ma ottenere il meglio da tale situazione è possibile così come è un diritto pretendere risposte chiare ed esaustive agli interrogativi sopra elencati.
Lo devono pretendere tutti coloro che tengono alla bellezza dell’isola e alla salvaguardia del suo futuro, che vuol dire anche tenere alla tutela della propria vivibilità.
Ci giungono intanto le prime foto dei lavori cominciati a Cala dell’Acqua.
Sandro Russo
10 Maggio 2023 at 06:14
Dalle parti mie (zona Castelli Romani) dove l’argomento di cui si parla di più non è l’acqua ma il vino, c’è uno scambio di battute con cui avrebbero liquidato un servizio del genere:
– Oste, com’è er vino? – chiedono all’oste
– Bbono! E come se no!? – risponde l’oste