Dibattito

Lo sguardo di Useppe

di Sandro Russo

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Questo scritto è nato come commento all’articolo di Barbara Spinelli pubblicato ieri sul sito (leggi qui) e anche ad altri articoli (qui) sulla guerra in corso; poi si è allungato oltre la decenza per essere un commento: lo passo così come è venuto.

Quel che non mi ha mai convinto delle tesi chiamiamole “giustificazioniste” riportate nell’articolo di B. Spinelli, come in altri proposti sul sito, è lo schema comune.
Si liquida in due righe (generalmente poste all’inizio) il problema principale, più o meno in questi termini: “Diciamo subito che è stata la Russia di Putin ad attaccare per primo; di conseguenza è in torto”. L’esordio è simile nei diversi articoli; cambiano le parole ma la sostanza è la stessa. Dopo di che si passa alla appassionata disamina delle ragioni di Putin e della Russia e all’impietosa denuncia di tutto quello che ha fatto (o non ha fatto) l’America – con l’imbelle Europa al seguito – per trovarci nella situazione attuale. Che a un anno dall’inizio di quella che doveva essere una “operazione militare speciale” lampo non si vede uno spiraglio di soluzione, anzi tutto sembra volgere al peggio.

Alcune riserve le ho già espresse in Commento all’articolo di Roberto Buffagni (leggi qui) in cui deploravo la “disumanità” di Putin, aduso a considerare le migliaia di vite umane perse alla stregua delle mosse su una scacchiera.

Durante le mie letture giovanili mi imbattei (in qualche libro, di qualche autore rimasto sconosciuto) nella storia di un tirannicidio: se ne spiegava l’alta motivazione etica a rischio della propria vita, la meticolosa preparazione e l’attuazione, in cui in tiranno era a portata di freccia (o di pistola; a tal punto non ricordo la fonte). Ma nell’unico momento propizio, che non si sarebbe mai più ripresentato, un bambino si interpone tra il tiranno e l’arma dell’attentatore. Che desiste.
Ripeto, non è importante la fonte, anche se l’ho cercata a lungo senza trovarla; apprezzerei molto se qualcuno di buone letture me la indicasse: è importante che il problema etico sia stato posto.
Questo punto di vista da alcuni (miei) critici è stato bollato come irrealistico e proto-romantico. Ma proprio l’altro giorno, alla visione di un impressionante spettacolo teatrale tratto da “La storia” di Elsa Morante (leggi qui) ci ho ripensato.
È precisamente il modo di guardare la vita con gli occhi incantati e offesi di Useppe (e in trasparenza della Morante), il piccolo protagonista del romanzo, alla resa dei conti un perdente. Da come guarda, senza capire, delle foto di impiccati in mostra ad un’edicola…
In quella primavera del ’45, un giorno sua madre lo ritrovò «che osservava certe riviste illustrate, appese sul fianco di un’edicola. Sulla più bassa il foglio era occupato da due fotografie d’attualità, entrambe di gente impiccata. Sulla prima si vedeva un viale alberato… Da ogni albero pendeva un corpo, tutti in fila, con la testa inchinata su un orecchio, i piedi un poco divaricati. Erano tutti giovani, e tutti malvestiti. Su ognuno di loro stava appeso un cartello con la scritta: “PARTIGIANO”. E tutti erano maschi, salvo un’unica donna, la quale non portava nessuna scritta, e a differenza degli altri non era impiccata con una corda, ma appesa per la gola a un gancio di macelleria. La si vedeva di schiena, però dalle forme, ancora in fiore, pareva giovanissima, sotto i vent’anni… Nella seconda fotografia si vedeva un uomo vecchio, dalla testa grassa e calva, appiccato per i piedi con le braccia spalancate, sopra una folla fitta e imprecisa. La rivista più in alto, in copertina, mostrava un’altra fotografia recente, senza impiccati né morti. Una donna giovane, dalla testa rasa a nudo come quella di un pupazzo, con in braccio un bambino avvolto in un panno, procedeva in mezzo a una folla di gente d’ogni età, che sghignazzando la segnavano a dito e ridevano sconciamente su di lei… Useppe, con la testa in su, stava lì a scrutare queste scene… Pareva interrogasse un enigma, di natura ambigua e deforme, eppure oscuramente familiare…».

Non sapevo nulla (l’ho appreso dall’articolo della Spinelli) della mediazione dell’ex premier israeliano Naftali Bennett. Se questo tentativo di conciliazione – molte migliaia di morti fa – è stato fatto fallire dall’America di Biden, le responsabilità di quest’ultimo (e dell’America) sono, se possibile, ancora più gravi. Si gioca (o si scommette) sul futuro della specie umana sul terzo pianeta, non di una cosa qualunque!
Non posso credere che una grande nazione (con un’esperta diplomazia alle spalle) non abbia un piano B, oltre a quello della capitolazione della Russia e dell’umiliazione di Putin.

Emilio Iodice che nello scritto di Silverio Lamonica (leggi qui) si è espresso su queste pagine in questi termini: “Bisogna che l’Ucraina vinca assolutamente la guerra, solo così possiamo salvaguardare la democrazia mondiale”, è stato sollecitato da più parti a chiarire meglio il senso della sua affermazione (da parti opposte ma per una volta coincidenti, da Vincenzo Ambrosino e da me, in Commenti all’articolo), ma finora non ha risposto. So bene che non viene messo al corrente dei segreti della diplomazia americana e molte opzioni alternative rimarranno sconosciute ai più, ma non riesco a comprendere le sue affermazioni.
Siamo tutti preoccupati e il tifo non ci aiuta a comprendere come stanno le cose; né si legge di iniziative in corso volte a propiziare un’idea di risoluzione del conflitto.

Immagine di copertina. Un murales dell’artista Laika apparso nei pressi delle ambasciate russa e ucraina a Roma

1 Comment

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  1. Annalisa Gaudenzi

    22 Febbraio 2023 at 17:15

    Intanto grazie, sempre utilissimi spunti.
    Guerra Ucraina. Mie piccole osservazioni (non originali, per carità):
    1 – La specie umana può/deve smetterla di considerarsi superiore. Siamo oggettivamente, profondamente inferiori ad un’infinità di altre forme viventi sul Pianeta, che appunto, per definizione, difendono, custodiscono la vita;
    2 – La paura. La Paura ci tiene sotto controllo, sotto scacco. In Europa, almeno. Non sono più di moda quelle dell’aldilà, ci sono (accettabili) progressi su quelle della diversità, ma di certo non ci bastano più le paure locali, regionali. Dobbiamo arrivare alle Paure globali. Vedi Covid;
    3 – L’ottima carica di etica dovremmo spenderla anche per affrontare e risolvere le agghiaccianti condizioni di tanti popoli martoriati in Africa, vittime di conflitti decennali. Spenderla? Ripartirla, almeno;
    4 – Gli Stati Uniti (da quanto emerge) non sono “buoni”, “teneri”. E allora? Andare sotto la Russia, spero di no, non siamo così mal ridotti, credo… Ma andare sotto la Cina? Altro che paura!

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