di Piero Nussio, segnalato da Sandro Russo
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…segue dalle puntate precedenti.
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E qualcosa del genere può essere pensato per “raccontare” nel cinema l’inconscio, oscuro come la materia-energia dell’universo. L’ha fatto Woody Allen, un regista che con i temi della psiche si è sempre trovato a suo agio.
Il regista, attore e sceneggiatore americano Woody Allen è sempre stato familiare alla psicanalisi. Celebre per la sua immagine nevrotica, Allen ha passato più di trent’anni in analisi. Frequenta per la prima volta uno specialista nel 1959 poiché inizia a sentirsi malinconico senza capirne il motivo. Da allora la terapia diventa un appuntamento fisso ed irrinunciabile, in media una volta a settimana, tranne brevi periodi di pausa. In momenti più intensi, invece, Allen arriva a frequentare lo studio psicoanalitico tre volte a settimana.
Gran parte dei suoi film contiene riferimenti a questo suo problema o anche scene esplicite di sedute psicoanalitiche, ed è diventata una caratteristica essenziale del “personaggio” Allen. Fra le altre sue fobie, spesso ingigantite per l’effetto surreale dei suoi film, ma da lui anche confermate: è terrorizzato da insetti, cani, cervi, colori brillanti, strapiombi, dalla folla, dal cancro e dal sole.
La pratica psicoanalitica ha avuto una notevole importanza nella vita di Allen, anche se egli tende ad descriverla nei propri film come un carattere tipico della borghesia contemporanea, spesso animato da interessi economici, oltre che inefficace rispetto alla soluzione dei veri drammi della vita, agli occhi di Allen esistenziali, anziché psicologici: «E poi Freud – altro grande pessimista! Gesù, sono stato in analisi per anni. Non è successo niente. Il mio analista, per la frustrazione, cambiò attività. Aprì un self-service vegetariano» (Woody Allen in Hannah e le sue sorelle).
Sebbene tutti i film di Woody Allen contengano riferimenti e citazioni legate alla psicanalisi, un solo film – molto particolare – descrive in maniera quasi clinica gli effetti e le conseguenze inconsce sulla vita di un personaggio. Effetti e conseguenze ingigantite per gli scopi umoristici della commedia cinematografica, ma essenzialmente riconducibili alle effettive conseguenze di una sindrome.
Il film è Zelig, del 1983, ed è un falso documentario (mockumentary) sulla vita del personaggio fittizio Leonard Zelig, e sulle conseguenze della sua caratteristica di essere un “uomo camaleonte” capace di trasformarsi e di assomigliare a qualunque persona gli si trovi accanto, specie se dotata di una forte personalità.
Al di là delle caratteristiche tecniche esagerate che rendono il film una memorabile commedia umoristica, i contenuti scientifici espressi sono sostanzialmente corretti. Tanto da aver portato alla definizione scientifica di una “Sindrome di Zelig”, derivata dal film, ma con una sua autonoma esistenza scientifica. Questa sindrome «è una particolare forma di sindrome da dipendenza ambientale, rappresentata da quel nucleo patologico intrinseco a certe personalità che determina un’insufficiente funzionalità del sé, mancanza di autenticità nel contatto con la realtà esterna, gravi difficoltà nell’area dell’intersoggettività. Il paziente modifica di continuo la sua identità, adeguandola alle persone e agli oggetti con cui di volta in volta entra in relazione, come una sorta di “camaleonte”. A differenza della mitomania (1), il paziente con la sindrome di Zelig presenta anosognosia (2).
Ma abbandoniamo il terreno clinico, e torniamo sul nostro specifico cinematografico: il personaggio di Leonard Zelig sarebbe stato (nella finzione cinematografica e, doppiamente, nella finzione del falso documentario) una persona degli anni ‘20 e ‘30 che sarebbe apparsa (casualmente ma frequentemente) in molti filmati d’epoca, accanto a personaggi famosi del tempo.
Ed è proprio questo il meccanismo della sindrome, e ancor più della commedia di Woody Allen: i personaggi famosi attirano la presenza dei primi reporter cinematografici che ne documentano le gesta, e contemporaneamente attirano con la loro forza mediatica le capacità inconsce di Leonard Zelig, che fa di tutto per apparire vicino a questi personaggi famosi ed a somigliare loro in tutto e per tutto.
Attraverso filmati di cinegiornali, fotografie e rievocazioni, la vita e le gesta di Leonard Zelig, “il camaleonte umano” degli anni ‘20, vengono raccontate in chiave documentaristica. Zelig è visto come un impostore che suona per i New York Yankees, un gangster socio di Al Capone, un musicista jazz nero. Nel 1926, la polizia indaga sulla scomparsa di un impiegato di nome Leonard Zelig: nel suo appartamento sono rimasti solo due indizi: una foto di Zelig con il drammaturgo Eugene O’Neill e un’altra foto di Zelig che sembra il cantante d’opera Enrico Caruso. con il costume con cui interpretava “I Pagliacci”.
Zelig, ora apparentemente un uomo asiatico, viene trovato in una casa di Chinatown e portato in un ospedale psichiatrico per essere interrogato. Quando arriva in ospedale, tuttavia, Zelig è tornato ad essere un bianco caucasico. Il rapporto del suo ricovero in ospedale afferma, tra l’altro: «Dopo il ricovero in ospedale, sembrava possedere una vera e propria scorta di diversi travestimenti che indossava misteriosamente e in un attimo, sempre nel tentativo di deridere la persona con cui si trovava. Estremamente antisociale, cattive maniere, scarsa autostima».
Quando la psichiatra Eudora Fletcher (interpretata da Mia Farrow) incontra per la prima volta Zelig, crede che sia un medico. Rimane affascinata dal suo caso e inizia a studiare le sue condizioni. Sotto ipnosi, Zelig rivela di sentirsi al sicuro quando è come le altre persone e che vuole essere solo apprezzato. Ricorda che la sua condizione si è manifestata per la prima volta quando fu circondato da un gruppo di persone intelligenti che gli chiesero se avesse letto Moby Dick. Zelig si vergognava di ammettere di non aver letto il romanzo, e quindi finse il contrario.
Ma l’entourage dell’ospedale combatte le teorie innovative della dottoressa Fletcher, e sottopone Zelig ai trattamenti psichiatrici tradizionali. Interviene una sorellastra di Zelig, che lo porta via dall’ospedale: ne fa un fenomeno da baraccone, in combutta con il suo amante, per sfruttarne economicamente la popolarità. La dottoressa Fletcher cerca di ottenere la custodia legale di Zelig, ma i tribunali la respingono. Dopo qualche tempo, la sorellastra viene uccisa dal suo amante in un omicidio-suicidio e Zelig scompare di nuovo.
Zelig riappare alle macchine da presa a Roma, nelle vesti di un prete cattolico che si trova nell’entourage di Papa Pio XI: è uno scandalo internazionale. Viene così riportato negli Stati Uniti, dove ritorna ricoverato al Manhattan Hospital. Lì, il dottor Fletcher interviene di nuovo per curare Zelig: lo porta nella sua casa di campagna per la terapia, e ingaggia suo cugino per filmare segretamente le loro sessioni. È certa che il suo lavoro, e le sedute registrate, guadagneranno riconoscimento e attenzione alle sue teorie scientifiche.
Qualche tempo dopo, ricordando il lavoro della Fletcher con Zelig, il famoso psichiatra dr. Bruno Bettelheim (proprio lui, in un cameo nel falso documentario) afferma che, a suo parere, nonostante tutti gli apparenti cambiamenti nell’aspetto e nella personalità, Zelig era davvero abbastanza normale: è il “conformista definitivo”.
Quando il dottor Fletcher non riesce a fare progressi con Zelig e non riesce a convincerlo che lui stesso non è uno psichiatra, prova la psicologia inversa e chiede aiuto al “dottor Zelig” per i suoi problemi, assumendo le condizioni di Zelig come sue. Gli dice che ha discusso del romanzo Moby Dick con gli amici, ma in realtà non aveva mai letto il libro. Alla fine Zelig crolla, ammette di non essere un medico e nega persino di essere Leonard Zelig. «Non sono nessuno», protesta.
Usando l’ipnosi, il dottor Fletcher approfondisce la personalità di Zelig e fa suggerimenti post-ipnotici per modificare il suo comportamento. Dopo un periodo di adattamento di due settimane, Zelig viene dichiarato guarito. Lui e Fletcher sono di nuovo celebrità, festeggiate da politici, magnati dei giornali e star del cinema. Fletcher trova fama e celebrità meno gratificanti di quanto avesse sperato. Lei e Zelig si sposano e lei trae forza da lui (la trama del film è piena di riferimenti autobiografici alla realtà di Woody Allen e Mia Farrow, a quel tempo sentimentalmente legati, anche se non si sono mai legalmente sposati).
Poco dopo, Zelig scompare di nuovo. Nonostante una caccia all’uomo in tutto il mondo, non può essere trovato. Alla fine, nel 1932, Fletcher vede un cinegiornale che lo mostra a una manifestazione del partito nazista. Salpa per l’Europa, senza però riuscire a trovarlo. Sente però che i nazisti terranno il loro più grande raduno a Monaco e, mentre scruta la folla durante un discorso di Adolph Hitler, vede Zelig seduto sul podio dietro il cancelliere nazista.
Dopo una serie di ulteriori disavventure, che rafforzano il lato umoristico e surreale del film, Zelig e la dottoressa Fletcher vengono accolti come eroi quando arrivano a New York: dopo essere riuscito a risolvere i suoi problemi legali, Zelig si risposa con Fletcher.
Nella realtà di Woody Allen e Mia Farrow avviene esattamente il contrario ed inizia, dopo l’uscita e il grande successo del film, una separazione fra i due ed un aspro contenzioso legale le cui conseguenze durano fino ai nostri giorni (3).
Ma non sono gli scandali legati alla loro disputa legale che interessano il tema dell’inconscio, ma la tesi che il film sottende: nella grande maggioranza della vita cosciente si può trascorrere l’intera esistenza disinteressandosi dei messaggi che provengono dall’inconscio e ignorandone addirittura l’esistenza. Ma è nelle situazioni di sofferenza ‒ angoscia, fobie, insonnia, perdita di controllo ‒ che si ricorre all’analisi come specifica possibilità di cura che indaga le motivazioni inconsce dei comportamenti. In modo particolare, la psicologia sociale estende l’indagine ai comportamenti dei diversi gruppi sociali e degli individui come membri di tali gruppi. Le ricerche della psicologia sociale forniscono elementi che permettono di affrontare quei termini come massa, gruppo, ruolo, e le modalità di comportamento come il conformismo. Questa continua lotta tra bisogni e desideri inconsci e la loro attuazione nella realtà, è regolata dal modo in cui si articola la struttura della personalità.
Di nuovo, lasciando ad altri di approfondire tali problematiche di analisi, è la componente cinematografica che più ci appassiona relativamente all’analisi di Zelig. Woody Allen ha realizzato con quest’opera di cui è autore, regista ed interprete, una serie di risultati di grande importanza.
Innanzitutto ha realizzato una commedia umoristica di grande successo, con cui ha divulgato i temi psicoanalitici ad un pubblico mondiale, e con grande interesse (il film fu presentato alla Mostra di Venezia, in cui fu premiato, così come raccolse vari riconoscimenti in Italia e negli USA; ha incassato nel mondo dodici milioni di dollari).
Woody Allen aveva già sperimentato il “finto documentario” (mockumentary) quando aveva raccontato a modo suo le guerriglie caraibiche in Prendi i soldi e scappa (Take the Money and Run, 1969), ma nel film Zelig raggiunge un perfezionismo formale mai tentato prima: usa lenti, macchine e pellicole degli anni ‘20 per girare le scene nuove col sapore “antico” delle pellicole originali, interviene con tutti i ritrovati della tecnica digitale (…nel 1983!) per inserire il suo personaggio nei filmati d’epoca originali, ricostruisce giornali, canzoni e spettacoli per dare un tono di verità a quanto mostrato, si avvale della collaborazione di veri studiosi (Susan Sontag, Saul Bellow, Bruno Bettelheim, ecc.), mescola le loro “interviste” a filmati di repertorio con Josephine Baker, James Cagney, Charles Chaplin, Dolores del Rio. In più inserisce personaggi storici ben conosciuti (il gangster Al Capone, il presidente Calvin Coolidge, il famoso giocatore di baseball Joe DiMaggio, l’aviatore Charles A. Lindbergh, lo scrittore F. Scott Fitzgerald, e altri) per aumentare le credibilità e veridicità di quanto mostrato.
Il film è infarcito del tipico umorismo di Woody Allen:
«Il Ku Klux Klan, che vedeva Zelig come un ebreo, capace di trasformarsi in negro e indiano, lo considerava una tripla minaccia.»
Leonard Zelig in veste di psicanalista: «Ho un caso interessante. Sto curando due coppie di gemelli siamesi con doppia personalità. Vengo pagato da otto persone.»
Supposta moglie di Zelig: «Mi ha sposato alla First Church di Harlem. Mi ha detto che era il fratello di Duke Ellington.»
Narratore: «Che Zelig possa essere responsabile del comportamento di ciascuna delle personalità da lui assunte significa decine di cause legali. È stato citato in giudizio per bigamia, adulterio, incidenti automobilistici, plagio, danni domestici, negligenza, danni alla proprietà ed esecuzione di estrazioni dentali non necessarie.»
Questa caratterizzazione umoristica, oltre a decretarne l’ampio successo, ha divulgato i temi del film con ancora maggiore forza di convincimento.
Woody Allen (e Mia Farrow, che deve aver notevolmente contribuito all’ideazione del soggetto) riesce quindi a costruire un monumento (tutto fittizio) alla pressione sociale e alle forze che, sfruttando le capacità inconsce della personalità di un individuo, lo rendono capace di conformarsi in maniera totale ai modelli che la società gli propone come vincenti.
La resa cinematografica è particolarmente convincente e divertente, con spunti umoristici notevoli, ma il meccanismo (sebbene esagerato) è un precursore immediato di quanto accade oggi, con risultati molto più inquietanti, negli spazi “social” degli strumenti informatici: oggi davvero Zelig e tutte le capacità mimetiche dell’inconscio si realizzano quotidianamente nelle pagine degli interventi dei commenti su Facebook.
Il “conformista definitivo”, che aveva vaticinato Bruno Bettelheim negli anni ‘80, si è realizzato ai nostri giorni: non c’è bisogno di modificare i tratti somatici delle persone né di immaginare Zelig l’uomo camaleonte: oggi negli spazi social che hanno preso in ostaggio la nostra esistenza e la nostra politica, migliaia di Leonard Zelig esercitano le pulsioni del loro subconscio per esprimere con meme, commenti e fake news tutte le loro pseudo-verità qualunquiste e conformiste.
E noi, come i Krell di “Pianeta proibito”, rischiamo seriamente l’estinzione…
Zelig
Titolo originale: Zelig
Anno: 1983, USA (Orion Pictures, Warner Bros.)
Regia: Woody Allen
Soggetto: Woody Allen
Fotografia: Gordon Willis
Montaggio: Susan E. Morse
Effetti speciali: Joel Hyneck, Stuart Robertson, R/Greenberg Associates Inc, Computer Opticals Inc
Musiche: Dick Hyman
Scenografia: Mel Bourne
Interpreti: Woody Allen, Mia Farrow, Stephanie Farrow, Susan Sontag, Bruno Bettelheim, Irving Howe
Premiato a Venezia 1983. Il titolo del film ha dato il nome a un famoso locale di cabaret milanese, e di conseguenza ad una altrettanto famosa trasmissione televisiva di cabaret comico sulle reti Mediaset (20 anni). “Zelig TV” è un canale on demand a pagamento su Amazon Prime Video Channels, edito da Zelig Media Company.
Note
(1) – Per mitomania (bugia patologica o pseudologia fantastica ) si intende un’elaborazione intenzionale e dimostrativa di esperienze o eventi molto poco probabili e facilmente confutabili. In un lavoro del 2012 la psicologa Katie Elizabeth Treanor la definisce «l’abituale, prolungata e ripetuta produzione di mistificazioni, spesso di natura complessa e fantasiosa (…), bugie facilmente smascherabili che non vengono utilizzate per ottenere un tornaconto materiale o qualsivoglia vantaggio sociale, quanto per accrescere la propria autostima o proteggersi dal giudizio altrui». Spesso il paziente fa sue, come vissute, le esperienze che inventa di sana pianta. Il suo cervello elabora ricordi come se fossero momenti realmente vissuti (fonte: Wikipedia)..
(2) – Notizia tratta da un contributo su Le Scienze dell’aprile 2007.
Anosognosia. Il termine, che deriva dal greco, significa letteralmente mancanza di conoscenza sulla malattia. Per la precisione, nosos significa malattia, e gnosis sta per conoscenza. L’anosognosia (o nosoagnosia) è un disturbo neuropsicologico che consiste nell’incapacità del paziente di riconoscere e riferire di avere un deficit neurologico o neuropsicologico. Più precisamente, il paziente non è consapevole del suo stato di malattia, manifestando invece la ferma convinzione di possedere ancora le capacità che in realtà ha perso in seguito a lesione cerebrale. Se messo a confronto con i propri deficit, il paziente mette in atto delle confabulazioni oppure delle spiegazioni assurde, incoerenti con la realtà dei fatti (fonte: Wikipedia).
(3) – Woody Allen ha anche subito dei processi, in relazione a complicati rapporti sentimentali con Mia Farrow, una sua figlia adottiva, ed altri. Woody Allen ne è stato assolto con formula piena, ma il “Movimento #MeToo” lo continua a mantenere nel mirino e gran parte della popolazione femminile americana lo osteggia.
[L’inconscio messo in scena dal cinema (3). “Zelig”, di Woody Allen – Fine]
Per le puntate precedenti:
https://www.ponzaracconta.it/2024/04/13/linconscio-messo-in-scena-dal-cinema-1- Solaris/
https://www.ponzaracconta.it/2024/04/16/linconscio-messo-in-scena-dal-cinema-2-il-pianeta-proibito/
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