Scuola

La mia scuola (2). L’inserimento scolastico di Tania e Vania

di Silverio Lamonica

 

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Per la prima parte, leggi qui

Nella seconda metà degli anni ’90 prestavo servizio come direttore didattico, nel 1° Circolo di Minturno. Era una mattina  di ottobre dell’anno scolastico 1997/98, se ricordo bene, quando si presentò in direzione una maestra che insegnava nella scuola elementare di Fontana Perrelli, ridente frazione di Minturno. Dopo i saluti convenevoli
– Signor Direttore – esordì la maestra con un tono alquanto accorato – in classe terza, come certamente sa, sono state di recente inserite due bambine ucraine, due sorelline di 8 e 10 anni che, purtroppo, non conoscono una sola parola di italiano. Hanno portato i quaderni che usavano nella scuola del loro paese, in Ucraina. Scrittura molto ordinata, per carità, ma chi ci capisce cosa vi è scritto? Sinceramente le mie colleghe ed io abbiamo molta difficoltà ad inserirle nel gruppo classe. Cosa si può fare?
Dopo una breve riflessione, replicai:
– Capisco il problema che avete. Se la mia presenza in classe non vi è di intralcio, io sono disposto ad aiutarvi, occupandomi direttamente delle bambine, ogni mattina, nella prima ora di lezione, quando la mente “è più fresca”.
– Ma lei è sempre il benvenuto! – rispose la maestra con entusiasmo.
– Bene, allora cominceremo lunedì prossimo. – Salutai e congedai l’insegnante.

Il pomeriggio del medesimo giorno, mi recai presso una libreria di Formia, in Via Vitruvio, specializzata in testi scolastici. Comprai un dizionario tascabile Ucraino – Italiano e qualche libretto a schede con esercizi per gli alunni del 1° Ciclo (prima e seconda elementare) e due quadernoni a righe.

Il lunedì successivo, con quell’ “armamentario”, mi presentai puntualmente in classe: una ventina di alunni che sedevano ai banchi monoposto. Tania e Vania erano sistemate nella prima fila, davanti alla cattedra. I bambini mi guardavano incuriositi, ma non più di tanto, perché spesso mi recavo nelle varie classi con l’unico scopo di aiutare i docenti a risolvere qualche difficoltà.

Mi accomodai ad un banco in prima fila con Vania da un lato e Tania dall’altro. Diedi loro i due quadernoni nuovi. Aprii la prima pagina del vocabolario e feci leggere loro le lettere dell’alfabeto cirillico per rendermi conto dei vari suoni. Poi toccava a me leggere la lettera corrispondente in lingua italiana e loro ripetevano

Dopo questa breve fase propedeutica, destinai la prima settimana alla conoscenza del nostro alfabeto, lettera per lettera, mediante vocaboli formati da due o tre sillabe. Iniziammo con la A di Ape. Disegnino dell’ape, al centro del rigo in alto, con la scritta in caratteri cirillici da una parte, che però corrispondevano al suono delle lettere italiane A П E    e dall’altra la parola in italiano con la iniziale in rosso APE e poi in caratteri minuscoli in stampatello e corsivo e così di seguito nelle altre pagine con: “Banco” Б A H K O , “Casa” Ќ A C A , (la nostra “C” si legge “s” in cirillico) “Dado” ДAДO  ecc.  Nel giro di una settimana, memorizzarono non solo l’alfabeto, ma anche i vocaboli che illustravano le varie lettere. Io le aiutavo ad iniziare la scheda che poi completavano successivamente, in mia assenza,  con l’assistenza dell’insegnante di classe. Inoltre presero dimestichezza con i numeri entro la decina, nella nostra lingua.

Consolidato l’alfabeto e alcuni vocaboli di uso comune, trascorremmo la seconda settimana ad approfondire la conoscenza degli ausiliari “essere” e “avere” solo l’indicativo presente, in ucraino e a fianco in italiano e nei giorni successivi della stessa settimana gli aggettivi qualificativi e possessivi, oltre ad alcuni vocaboli di uso “immediato” come penna, libro, quaderno, maestra, bambino ….  indispensabili per formare frasi, coinvolgendo anche i compagni di classe: “Io sono Vania”, “Tu sei Pino” “Lei è Gianna” .. e poi con verbo avere: Io ho la matita”, “Tu hai il libro”…. In mia assenza, svolgevano i vari esercizi utilizzando anche le schede che avevo loro regalato. Oltre alla conoscenza dei numeri entro il 20.

La terza settimana affrontammo la conoscenza dei tempi al passato e al futuro (modo indicativo) degli ausiliari essere e avere, componendo frasi come in precedenza e sempre con il coinvolgimento degli altri compagni di classe, anche con l’uso della lavagna su cui a turno inventavano e scrivevano semplici frasi, usando gli avverbi di tempo: “Ieri ero con Pino”, “Tu avevi un libro”, poi arricchendole con aggettivi e verbi: “Ieri ero con Pino a giocare”,  Tu avevi un bel libro”… Impararono a conoscere i nomi dei numeri entro il centinaio.

Nelle settimane successive, con la medesima gradualità, affrontammo esercizi sempre più complessi, oltre alla conoscenza dei verbi di movimento e altri di uso comune finché, poco prima delle vacanze di Natale, Vania e Tania erano in grado di leggere e scrivere in italiano, avevano acquisito una discreta padronanza espressiva ed affrontarono senza grosse difficoltà le altre materie di studio: matematica, storia, geografia…
A quel punto, la mia presenza in classe diventò superflua. Vania che aveva dieci anni, agli inizi di febbraio fu inserita in classe V.

Fu per me un’esperienza esaltante, considerati  i risultati conseguiti.

Tornando a quanto ho scritto nel precedente articolo (leggi qui), ribadisco che per inserire nelle varie classi i bambini che provengono da altri paesi, è ridicolo stabilire tetti, sottotetti, solai, contro-solai… Ciò che veramente occorre è il sostegno alla classe con un buon operatore culturale, in possesso delle capacità didattiche necessarie, per  guidare l’alunno ad acquisire la padronanza linguistica del paese che lo ha accolto.

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Nota del 15 apr. 2024 (cfr. Commento di Sandro Russo)

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Appendice del 15 apr. 2024 (cfr. Commento della Redazione)

L’articolo in file .pdfI doveri della scuola verso i migranti di Giuliano Torlontano – Da la Repubblica 14.04

2 Comments

2 Comments

  1. Sandro Russo

    15 Aprile 2024 at 07:07

    Ho letto ieri sera il bell’articolo di Silverio Lamonica – maestro dentro e per sempre -, giusto prima di andare a vedere al cinemino locale (Genzano – Castelli Romani), un film (da poco uscito): Un mondo a parte.
    Riccardo Milani (regista e soggettista – co-sceneggiatore) con Antonio Albanese e Virginia Raffaele nei panni di due maestri che lottano per salvare una scuola elementare nel cuore del Parco Nazionale d’Abruzzo. Un film che ha portato alla ribalta il grande tema dello spopolamento delle aree interne, delle difficoltà del quotidiano in un posto come può essere un paesino dell’Abruzzo interno aquilano.
    Girato con molte persone del luogo (zona Pescasseroli) e pieno di buoni sentimenti e volontà positiva, mi ha colpito – qui la relazione con il racconto di Silverio – perché la soluzione che i maestri escogitano per salvare la scuola è di “andare a prendere” i bambini appunto tra i profughi dall’Ucraina, in cerca di ospitalità. E anche qui ci sono difficoltà di lingua e compare un vocabolario Italiano-Ucraino.

    Immagini nell’articolo di base

  2. La Redazione

    15 Aprile 2024 at 08:53

    Segnaliamo un interessante articolo sul tema, da la Repubblica di ieri.

    Integrazione
    I doveri della scuola verso i migranti
    di Giuliano Torlontano – Da la Repubblica di domenica 14 aprile 2024

    Per i giovani migranti è un dovere integrarsi. Per lo Stato è un dovere assecondare e guidare quell’integrazione.

    Allegato all’articolo di base in file .pdf

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