di Francesco De Luca
Sere fa, conversando con amici, l’argomento è slittato sulla storia di Ponza. Giovanni, l’amico, è di Napoli e non molto addentro ai fatti storici dell’isola. I quali si sono imposti all’attenzione perché Giovanni non sapeva che era in funzione un altro Comune nel Lazio col nome Ponza. Nel 1891 assunse il nome di Arcinazzo Romano. Durante il fascismo, la copiosa produzione di lettere fra gli antifascisti confinati a Ponza e le famiglie impose che i due Comuni fossero tenuti ben distinti dalle Poste, al fine di non creare inconvenienti.
Ci siamo addentrati nel colloquio e ho precisato che tanti sono stati gli esodi della popolazione ponzese dall’isola e da essi si sono generati numerosi centri abitati dai nomi con la stessa matrice: Ponza.
Confesso tuttavia d’essere stato impreciso e di non aver fornito informazioni corrette. Ora, poiché Giovanni è uomo serio, mi sento in obbligo di fornirgli un quadro completo degli avvenimenti inerenti agli esodi della popolazione ponzese dall’isola. Lui legge Ponza-racconta con regolarità, per cui queste righe, faranno ammenda delle inesattezze.
La prima tragica dipartita della popolazione dall’isola si ebbe nell’ 813 d.c. E’ dunque da questa data che inizio la narrazione.
Quale popolazione insisteva sull’isola a quella data? Era quella che, a partire dai Volsci (Volsci Pontias, insulam sitam in conspectu litoris sui, incoluerunt – Tito Livio – libr. 9 – num. 19), vi aveva proliferato dal 313 a.c. fino ad allora, passando sotto la dominazione dei Romani.
Nell’ 813 l’isola non godeva di una organizzazione statale forte. Si reggeva su statuti propri con forma statale denominata Castaldìa. In essa avevano influenza il potere bizantino, espresso in funzionari detti Comites, e collegati con l’ Ipato di Gaeta, insieme alle ingerenze del duca di Napoli, ossequioso del Papa.
Ne conseguiva che sull’isola insisteva una popolazione che si sosteneva sui benefici provenienti dal traffico commerciale navale effettuato nel Mediterraneo, centrato sulla presenza del porto. E sui proventi della pesca.
Le autorità che si contendevano il possesso dell’isola, non tenevano al sicuro la popolazione dalle incursioni di pirati e corsari (chiamati Musulmani, Mori, Turchi), infestanti lungo le coste.
I religiosi che dimoravano nel monastero di Santa Maria facevano da collante comunitario fra i monaci che, secondo la regola di san Benedetto, lavoravano la terra, e le famiglie che vi gravitavano intorno. Fino al ferale 813 in cui avvenne la totale distruzione della comunità. I Mori della Siria con quaranta navi, sono approdati nell’isola di Ponza, e tra il bottino an fatto schiavi tutti i monaci del Monastero di S. Maria della stessa isola dell’ Ordine benedettino ed il resto degli altri abitanti, mentre quest’isola appartiene ai Greci. Che a tal novella l’ Imperatore Michele à spedito la su squadra comandata dal patrizio Gregorio, il quale in unione coi duchi di Gaeta e di Amalfi, essendosi rifiutato quello di Napoli, è riuscito a scacciarli togliendo loro parte della preda.
Questa notizia venne scritta da Papa Leone nell’epistola 5, datata 5 aprile di quell’anno e diretta al re di Francia, Carlo Magno (pag. 125 – Monografia del gruppo Ponziano – Giuseppe Tricoli).
La badìa del monastero di Santa Maria in Ponza aveva potere anche su un monastero ubicato nell’isola Orficaria. Tale nome compare nell’epistola 50 di san Gregorio (anno 591) ed è riferita probabilmente a Zannone. In essa si scrive che i Frati dell’isola Zannone furono sorpresi dai barbari, nell’atto che erano presso l’Oratorio del beato Pietro, e quelli che scamparono dalle loro perfidie si fissarono in diverso luogo.
E dunque, per essere chiari, la deportazione da parte dei Mori, della popolazione dell’isola di Ponza, con la distruzione dei fabbricati e di ogni possibile manufatto che potesse favorire una successiva permanenza di gente sull’isola, nell’ anno 813 era stata preceduta, nel 591, da altre nefaste incursioni. Come quella dei monaci da Zannone. Con conseguente dislocazione della popolazione sul continente.
La comunità monastica, con l’insieme della popolazione, nell’813 chiese aiuto al Papa che ne insediò una parte in un territorio dello Stato della Chiesa nei pressi di Subiaco. Nacque un Municipio col nome di Ponza. Altra parte dei monaci sciamò per i territori d’ Italia, lasciando segni del proprio insediamento nei nomi dei villaggi che si andarono a costituire intorno al nucleo benedettino. Si ha così un Ponziano in Piemonte (nel Monferrato), un Ponziana in Campania, e uno in Romagna.
Avvalora questo legame la presenza in detti Comuni del culto di san Silverio. A Grana di Monferrato c’è una Cappella Campestre dedicata al Santo; a Viarigi in provincia di Asti c’è una chiesa intitolata a san Silverio; a Bologna c’è la parrocchia S. Silverio di Chiesa Nuova.
Mi fermo qui rimandando alla prossima puntata la narrazione dell’esodo della comunità monastica di Zannone nel 1295.
[Gli esodi dei Monaci dai monasteri di Ponza (1^ parte) – continua]
Fonti storiche: Mattej Pasquale – L’arcipelago ponziano – 1857; Tricoli Giuseppe – Monografia per le isole dl gruppo ponziano – 1859; Apollonj Ghetti – L’arcipelago pontino – 1968; Corvisieri Silverio – All’isola di Ponza – 1985; Massari-Lamonica-Ferraiuolo – Il racconto di Ponza – 2016.