Ricorrenze

“Il Trieste”, a settant’anni dall’impresa di Piccard

di Rosanna Conte

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Ieri mattina Ponza è stata investita dalla carica di un ricordo di respiro mondiale.

Il 30 settembre di settant’anni fa il batiscafo Trieste scendeva alla profondità di 3150 metri nella fossa del Tirreno che si trova al largo della nostra isola, facendo fare all’umanità un passo nuovo e importante nella conquista  del pianeta Terra.

Fu un’impresa incredibile dovuta alla tenacia di un uomo, Auguste Piccard, un ingegnere svizzero che aveva messo la sua intelligenza al servizio di quello che riteneva uno dei più nobili obiettivi perseguibili dal genere umano: la conquista del mondo.

Non era certo una conquista militare quella a cui pensava quando scriveva queste parole nella prefazione del volume Dalla stratosfera agli abissi marini, ma a quella che rendeva l’uomo e la donna padroni della Terra: la conoscenza del mondo.

Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza faceva dire Dante ad Ulisse nell’Inferno. Se è questo che rende la vita degna di essere vissuta,  allora  la ricerca a cui gli scienziati dedicano la loro vita diventa la chiave di volta del genere umano.

Auguste Piccard è stato un perenne ricercatore e nella sua vita è passato dalla stratosfera agli abissi marini guardando non alla sua gloria, ma pensando di fornire ad altri ricercatori i mezzi necessari per i loro studi e le loro scoperte. La conoscenza scientifica, come tutte le altre conoscenze, nasce dallo scambio di informazioni, dalla collaborazione e Piccard lavorava per permettere ad altri di ricercare.
Il suo batiscafo sarebbe servito agli studiosi della vita sottomarina e degli abissi per osservare da vicino profondità altrimenti inabbordabili.

Ecco: uno scienziato che procede con la ricerca applicata, quella intendiamoci che oggi è pagata dalle aziende, per supportare la ricerca primaria, quella pura, quella tanto bistrattata oggi in Italia, che procede nei laboratori universitari grazie a équipe sconosciute in cui lavorano tanti giovani che s’impegnano con passione per la materia che trattano e che ricevono stipendi del tutto inadeguati, senza nemmeno la certezza del posto di lavoro. Sono in molti che vanno via, in altri Paesi o in aziende lungimiranti che consentono loro di lavorare in libertà, senza l’ossessione del rendimento immediato.
Piccard dava pari dignità ad ambedue le ricerche al punto da piegare quella applicata a quella pura.

Il Trieste, il libro presentato ieri nella Sala polifunzionale “Carlo Pisacane”, merita di essere letto.

Enrico Halupca, l’autore, ha consultato documenti inediti che aveva conservato Diego De Enriquez, un triestino colto e visionario che negli anni del secondo dopoguerra ebbe modo di conoscere Jacques Piccard (il figlio di Auguste che lo aveva affiancato in precedenti imprese), andato a Trieste per la sua tesi di dottorato in economia. Mai incontro casuale fu così gravido di buoni frutti come questo. De Enriquez, impegnato nella creazione di un Museo della Pace e della Guerra, quando conobbe i progetti di Auguste Piccard, che aveva visto arenarsi le sue ricerche col precedente batiscafo di matrice franco-olandese, ne valutò l’importanza per l’umanità e si diede da fare per ottenere finanziamenti destinati al nuovo batiscafo chiamato giustamente Trieste.

Il lavoro di Halupca ha stimolato approfondimenti anche a Castellammare, dove il batiscafo fu messo in mare per le immersioni a Capri e a Ponza. Così ieri accanto a lui c’era Antonio Ferrara che ha appena pubblicato  Nel profondo blu. Il batiscafo Trieste a Castellammare, (D’Amato editore). Peccato che non ci fossero ambedue i libri in sala per soddisfare l’interesse dei presenti.

La proposta di Ferrara di dare la cittadinanza onoraria ai due esploratori invitando prossimamente il nipote di Auguste, Bertrand, è stata accolta con un applauso che ha visto coinvolto anche il sindaco, Francesco Ambrosino, presente in sala.

Ma i momenti più coinvolgenti sono stati quelli in cui il dottor Isidoro Feola ha ripercorso la vicenda del Trieste attraverso le immagini dell’epoca, soffermandosi anche sugli aspetti tecnici. Peccato non essere riusciti a sentire le testimonianze dei ponzesi in sala, da Silverio Lamonica a Mirella Romano, a Franco De Luca.

Un plauso va dato al giovane Francesco Di Meglio, presidente dell’ACS Ponzese, che ha organizzato la giornata; a lui vanno un grazie e gli auguri per gli impegni futuri.

 

3 Comments

3 Comments

  1. Antonio Ferrara, autore del libro "Nel profondo blu"

    1 Ottobre 2023 at 20:18

    Gent.mi Rosanna Conte e Redazione
    Grazie per aver voluto citare il mio libro nel suo articolo. Evidentemente le mie parole, immagino per problemi di audio, non sono state chiare. Io ho auspicato che il sindaco Ambrosino ritrovi negli archivi comunali la delibera con la quale nel 1953 il Comune di Ponza, già in quel settembre di 70 anni fa, concesse la cittadinanza onoraria ad Auguste e Jacques Piccard.
    Anche a me avrebbe fatto piacere ascoltare i testimoni presenti.
    La mia ricerca sul batiscafo prosegue e se lo ritiene volentieri prenderei nota dei racconti di chi 70 anni fa fu testimone di quell’evento memorabile.
    Infine, mi auguro che le copie del libro di Halupca e del mio giungano quanto prima sull’isola.
    Ringrazio per l’attenzione e invio cordiali saluti.
    Antonio Ferrara

  2. Rosanna Conte

    1 Ottobre 2023 at 22:11

    Gent. dott. Ferrara
    chiedo scusa per aver riportato in maniera sbagliata la sua richiesta e la ringrazio per averlo fatto notare. E’ importante che la notizia sia data in maniera corretta.
    Per quanto riguarda i racconti dei testimoni, la sua richiesta è già pervenuta agli interessati in quanto sono fedeli lettori del nostro sito. Starà a loro decidere.
    In attesa che a Ponza arrivino i due libri, ultimi lavori su un argomento così coinvolgente, la saluto cordialmente

  3. silverio lamonica1

    2 Ottobre 2023 at 18:14

    Il 30 settembre 1953, avevo compiuto da qualche mese i dodici anni, per cui ricordo ancora quei giorni in cui Ponza balzò alla ribalta della cronaca nazionale e internazionale, grazie a quell’impresa davvero esaltante.
    Ad accogliere al Molo Musco Auguste e Jaques Piccard, ad impresa conclusa, c’era una gran folla oltre alle autorità e al parroco Dies.
    Io e altri ragazzini della mia età, invece, giocavamo – come al solito – a Sant’Antonio, proprio nello spazio antistante il palazzo a tre piani che attualmente ospita il Bar Onda Marina.
    Ad un certo punto vedemmo un corteo spuntare dal tunnel di Sant’Antonio, preceduto da tre sagome imponenti: Auguste, Jaques Piccard e Mons Dies, il quale indossava una cotta bianca da cerimonia.
    Giunti all’altezza del fabbricato suddetto, il parroco Dies, col suo fare solenne, salutò così i due protagonisti di quell’impresa davvero ardua:
    “Evviva gli scienziati Auguste e Jacques Piccard, protagonisti di questa memorabile impresa. Evviva Ponza che ha avuto quest’onore!”
    Seguirono gli applausi, quindi i due illustri ospiti salutarono il parroco e i presenti e salirono le scale per raggiungere l’appartamento entrale al secondo piano.
    Il giorno successivo, durante i nostri consueti giochi, vedemmo uscire dal portone di quel palazzo Auguste Piccard. Immediatamente, una muta di cani lasciati allo stato brado dai loro padroni, patiti dell’ars venatoria, circondò abbaiando quell’illustre personaggio che avanzava con fare dinoccolato. Lo scienziato – senza scomporsi – si tolse il cappello dalle ampie falde e con ampi gesti lo agitò, mettendo in fuga i cani. Noi ragazzi assistemmo alla scena un po’ increduli, ma molto divertiti.

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