Racconti

Il medico che curava con la poesia

di Giuseppe Mazzella di Rurillo

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I dimenticati
Il medico che curava con la poesia
di Giuseppe Mazzella di Rurillo

Prologo
Il primo ricordo del dottor Aniello Calise ( 1881-1965) – incancellabile come molti dei  giovanili – è legato ad un giorno triste. Quello del suo funerale. Era una fredda giornata di febbraio del 1965 a Casamicciola al corso Vittorio Emanuele detto “San Pasquale” dalla vicina congrega di San Pasquale Baylon fondata nella prima metà del 1700 da Francesco Antonio Corbera, nipote di San Giovan Giuseppe della Croce.
Non avevo ancora compito i 16 anni ma da qualche mese stavo partecipando alla costituzione del circolo “Impegno Giovanile” ed avevo conosciuto la seconda figlia del dottore, Miggi, che partecipava al circolo e quindi con altri amici andai al funerale del padre.


Sapevo che il dottor Calise era stato medico condotto di Casamicciola ed avevo uno sbiadito ricordo di lui perché era il medico di mia nonna Emma all’albergo Pithaecusa e ricordavo questo vecchio medico che arrivava a piedi a visitare la nonna morta nel 1959.
C’era pochissima gente al suo funerale. Dietro al furgone con la bara il piccolo corteo con in prima fila la vedova e le due figlie, Gemma e Miggi. Commentai con gli amici che c’era poca gente mentre – per il lungo periodo in cui era stato medico condotto – oltre 20 anni – entrando in tutte le case e curando tutte le malattie ci sarebbero dovute essere centinaia di persone. Il dottore non si era arricchito. Non aveva nemmeno l’automobile. Al funerale del dottore Calise ebbi il mio primo impatto con l’ ingratitudine. Pochi mesi dopo con il circolo “Impegno Giovanile” tenemmo una serie di conferenze all’Hotel Cristallo. Ad una di queste intervenne il prof. Antonio Gava, giovane Presidente della Provincia di Napoli.
Gava – in un inciso – affermò: “La gratitudine non è una virtù umana”. Fu come una incisione nel marmo. Non lo dimenticai più.

Miggi e Gemma Calise

Il padre nel ricordo della figlia
–  “Mio padre nasce a Lacco Ameno il 6 maggio 1881. In una famiglia povera. Fa i suoi studi in Seminario ad Ischia Ponte per poi accedere all’ Università ove si laurea in medicina nel 1909, il 31 luglio. Cresce a Lacco Ameno in una modesta famiglia di agricoltori e pescatori analfabeti. Per volontà di uno zio, abbastanza ricco, che vorrebbe farne un sacerdote, fa i suoi studi, unico della famiglia, in Seminario” – comincia il racconto  di suo padre la figlia, Maria Teresa detta “Miggi”.
Il dottore Calise si sposerà due volte ed avrà quattro figli, due maschi e due femmine, dalle due mogli. I primi due figli – Mario ed Ugo – diventeranno il primo un ottimo medico chirurgo e l’altro un autore e musicista di fama internazionale. Le due figlie – Gemma e Maria Teresa – diventeranno ambedue professoresse di materie letterarie alle scuole medie.

– “Papà svolge la sua professione di medico condotto a Laviano, in provincia di Salerno, dove nasce il suo primo figlio Mario, e poi ad Oratino, in provincia di Campobasso in Molise dove nasce il suo secondo figlio, Ugo.
Dopo la morte della sua prima moglie, Maria Luisa Augier, si risposa con Emma Pellegrino di Milano, conosciuta romanticamente attraverso una corrispondenza poetica. Entrambi infatti scrivevano poesie: Aniello con una vena conviviale ed  ironica, Emma, più intimista e delicata. Dal secondo matrimonio nascono Gemma, il 7 gennaio 1941 a Napoli sotto i bombardamenti e Maria Teresa detta “ Miggi” a Casamicciola il 14 novembre 1942. Sono l’ultima vivente dei quattro figli” – continua Miggi.

Il dottore Calise fu medico condotto di Casamicciola per oltre 25 anni.
Continua Miggi: -“La sua era una attività di servizio, intesa a ad aiutare, soccorrere, sostenere le persone più deboli e bisognose sempre con spirito fraterno improntato ai più alti principi della dottrina cristiana. Benché i suoi emolumenti fossero modesti (veniva pagato dal Comune come per legge – ndr.) e in famiglia non ci fossero altre entrate, era sempre molto generoso con i suoi pazienti e spesso, oltre che di medicine, li riforniva di cibi e anche di soccorsi monetari. Un medico missionario in nome di Dio, attribuiva al Signore i suoi successi ed il trionfo sulla morte e non mai alla sua straordinaria capacità di diagnosticare, maturata in profondi studi ed in frequentazioni formative alla scuola di Verga e di  Cardarelli.
Colto e dotato di una straordinaria memoria (quando eravamo al Liceo declamava per noi la parlata di Veturia a Coriolano e le odi di Orazio che amava tanto). Aveva una bella voce tenorile ed era un cultore dell’opera lirica. Scriveva poesie conviviali e occasionali con facilità e fluidità di linguaggio che amava recitare in tutte le occasioni di incontri congressuali e agli amici che venivano spesso a Casamicciola a trovarlo.
Frequentava i Congressi medici internazionali che si tenevano in Italia e faceva le sue relazioni in latino non conoscendo altre lingue con padronanza. Conduceva vita semplice e modesta, un vestito buono e niente esibizioni. Si alzava sempre all’alba e andava a servir messa e a fare la comunione tutti i giorni alla vicina Chiesa di San Giuseppe. Il suo miglior amico era Pietro il sacrestano.
Pietro ci portava ogni giorno un secchio d’acqua della fontana. A casa nostra non avevano l’acqua corrente né gas né telefono né televisore. La casa era in affitto. Non c’era un buon rapporto col padrone di casa. Benché avesse diritto ad una casa popolare che gli era stata più volte promessa dal Comune e che avrebbe sollevato mia madre da tante angosce, non fece mai nulla per sollecitare le autorità a riconoscergli il dovuto rispondendo alle addolorate lagnanze di mia madre: “Di che ti lamenti? Hai da mettere un piatto a tavola, hai da coprirti, abbiamo quanto basta per mandare le bambine a scuola. C’è tanta gente a Casamicciola che ha molto più bisogno di noi della casa popolare!”.
Mia madre cercava di aiutare la famiglia. Era diplomata all’Istituto superiore fisico-matematico. Dava lezioni private di matematica, fisica, italiano, inglese e francese (parlava bene entrambe le lingue) a bambini e ragazzi di ogni ordine e grado di scuole”.

Casamicciola negli anni ’30 del ’900
Negli anni ’30 del ’900 Casamicciola era la più famosa località turistica dell’isola d’Ischia e conosciuta in tutto il mondo civile per le “miracolose acque termali” ed in grande rilievo nella Guida del Touring Club Italiano. Disponeva di almeno 20 stabilimenti termali nelle due “Bacini” fondamentali: quello del Gurgitello a Piazza dei Bagni e quello di La Rita a mezza costa. Aveva almeno 15 alberghi mentre nelle altre località isolane c’erano circa 10. La Marina era fiorente  pur avendo solo un molo per l’ attracco dei vaporetti e dei “Motori” per i collegamenti turistici e commerciali. Aveva un meraviglioso Lido in palafitte ed un Cinema.  Nella Piazza della Marina c’erano 5 caffè e 45 carrozze per i “servizi di taxi”. La clientela era internazionale con personalità della politica e dell’economia.
Enrico De Nicola, che sarà il primo Capo dello Stato della Repubblica, era cittadino onorario ospite fisso dell’Hotel Pithaecusa. Aveva un Municipio ben diretto da un podestà rimasto per anni nella memoria collettiva, l’ avv. Antonio Vittorio Conte, che promuoveva manifestazioni culturali ed artistiche di grande livello per gli ospiti ed i residenti. Memorabile un “presepe vivente” nel 1936 ed una mostra d’arte nel 1934. La ricettività turistica era talmente elevata – per quantità e qualità –  che nel 1926 o 1930 fu dotata di Azienda Autonoma  di Cura, Soggiorno e Turismo alla cui presidenza fu chiamato il dottor Giuseppe Mennella (1867-1949), il più grande bibliografo dell’isola con la sua biblioteca di oltre 3mila volumi. Aveva tre importanti medici per la direzione sanitaria degli stabilimenti – il dottor Vespasiano Fraticelli, il dottor Pasquale Iaccarino, il dottor Giuseppe Mennella.

Nel 1937 arriva per la “condotta medica” da Oratino il dottor Aniello Calise. Il medico condotto è pagato dal Comune e svolge tutti i servizi di medicina di base per una popolazione di circa 4mila abitanti e può svolgere anche funzioni di direzione sanitaria per gli stabilimenti termali. È qui che il dottor Aniello Calise conosce personalità di ogni genere ed anche colleghi con i quali avrà rapporti per tutta la vita. Fra i colleghi conosce il dottor Mario Longhena di Forlì che gli sarà amico fino alla morte. Sarà Longhena che gli dedicherà una commemorazione di 16 pagine che farà stampare a sue spese per i la tipografia Valbonazzi di Forlì.

Il ricordo del collega
Mario Longhena inizia la commemorazione del dottor Aniello Calise che definisce “medico e poeta” ricordando la sua scoperta di Casamicciola e dell’isola d’Ischia. Fa il suo ingresso nelle terme e conosce il dottore.

“Chi era il dottore? Era Aniello Calise. Il dottore delle Terme (le chiamano così) e del piccolo borgo, Casamicciola, era un uomo semplice, vestito con semplicità, dalla parola facile, di dilettevole ed interessante conversazione, che si fermava spesso con me ad ascoltare i miei mali, ché tutti i sofferenti pretendono che si parli di loro, che ci si fermi sui loro disturbi e che si dia loro una parola di conforto e di speranza.
Il dott. Calise era un ottimo diagnosta, vi dava un quadro del male che vi travagliava, ma con parole semplici, senza termini scientifici, vi dava pochi consigli, i principali. L’ uomo, per lui, era l’ argomento caro. Alternava alle osservazioni mediche la sua sapienza di esperto della vita, di filosofo quasi antico. Era un pozzo di verità, di saggezza, di consigli, di suggerimenti. Egli sapeva tutto di tutti: era lo storico ed il cronista dell’isola” – scrive Longhena.

Ancora Longhena: – “Fu in uno dei pomeriggi trascorsi insieme che mi confessò tutto di sé medico. “Vedi, mi disse, io ho un altro farmaco che ho sperimentato, che tengo in serbo e che m’ha dato ottimi risultati”.
E quale è? – chiesi, pensando che fosse l’infuso di qualche erba, un rimedio semplice, un prodotto della sua lunga pratica. No – egli mi rispose – sorridendo d’ un sorriso buono e con un’ombra di timidezza: non è niente di ciò che pensi: Sì – continuò – io curo con la poesia”.

Longhena spiega che il dottor Calise usa la poesia “per gli ammalati vecchi, gli ammalati cronici. A costoro obbligati a letto o costretti su una poltrona, leggo una poesia. Leggo lentamente e con garbo, in modo che sia un pascolo alla loro mente inerte, poiché o non sanno leggere o non hanno la vista buona o non hanno un libro. La loro mente, la loro anima – io credo sai non sono un materialista, sono uno spiritualista convinto – penso che gli anni e il male la facciano più leggera, più aerea, più anima”.
Ed il dottor Calise confessa che le poesie sono sue. Confessa ancora che è “un impenitente idealista, un romantico fuor di tempo e forse nessuno lo crederebbe che sotto questa scorza un po’ indifferente agli occhi della gente, sotto questi abiti non tagliati all’ ultima moda, c’è un cuore che soffre del male altrui e che gode quando ha vinto il male, lo ha fugato”.
Longhena sottolinea anche il tenero rapporto d’amore di Aniello con sua moglie Emma per 31 anni. Ed ancora l’attività nazionale svolta da Aniello Calise nell’Associazione dei Medici Condotti ai cui congressi Aniello si presentava con una poesia dedicata ai congressisti. Infine l’amarezza per non aver potuto pubblicare tutta la sua opera letteraria.

Epilogo
È difficile raccontare i fatti. Difficilissimo interpretarli. I fatti sono costruiti dagli uomini ed ogni Storia è “vivente”. Cosa lascia la vita di un uomo? Cosa lascia un poeta? Vuole essere ricordato un poeta?
“Le memorie del memorialista non sono le memorie del poeta. Quegli è vissuto forse meno, ma ha fotografato molto di più e ci diverte con la precisione dei particolari. Questi ci consegna una galleria di fantasmi scossi dal fuoco e dall’ombra della sua opera” – dice Pablo Neruda presentando le confessioni della sua vita. Oriana descrive l’ultimo grottesco finale del suo Alekos con la caduta del Gran  Sacerdote “coperto di ori e coralli” che “calpesta la statua di marmo, credendo che soltanto quella restasse di un sogno, di un uomo”.

Di Aniello forse resta il “canto inconcluso” come la poesia Al Che di Hikmet o forse le poesie in musica del figlio Ugo come “Nun è peccato” o forse ancora i preziosi versi che Miggi tiene nello scrigno o forse il baule dove Gemma conservava tutte le poesie, gli scritti, le lettere come custode della famiglia. Forse. L’unica cosa certa è il sole che brilla oggi e che tornerà ancora.

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Una poesia di Aniello Calise per la moglie Emma:

Alla mia Emma

Rondinella Pellegrina,
ecco Musa Ridarella
che ritorna a te vicina
qual mansueta pecorella!
Fa di Lei quel che vuoi tu,
purché l’ami sempre più,
e Le dai tutto il tuo sole
e il tuo effluvio di viole!

Il tuo Aniello

[Oratino 12-7-1934. XII]

***

Da YouTube: Nun è peccato, del figlio di Aniello, Ugo Calise (1959).

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Giuseppe Mazzella – Casamicciola, 28 settembre 2023

Immagine di copertina. Terme Belliazzi dello storico Gurgitello (foto d’epoca)

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