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Le isole–prigione

segnalato dalla Redazione

Sul sito l’interesse per le isole-carcere è stato sempre alto. A parte i molti articoli dedicati a Ponza e Ventotene come “isole di confino”, segnaliamo un articolo del marzo 2016, sempre a cura della Redazione, con un excursus tra le isole, dedicato soprattutto a Gorgona: Le isole carcere. Da ‘Il Giornale’

Da Robinson. Non solo geografia
Una prigione vista mare
di Giancarlo De Cataldo

Valerio Calzolaio, politico e saggista, analizza le isole diventate carceri Da Ventotene a Robben Island

Nessuna isola è nata per essere un carcere. Molte, però, lo sono diventate nel corso del tempo. Si è così generato, per una sorta di insano connubio fra disposizione naturale e volontà umana, il “doppio isolamento”: un’isola evoca di per sé il senso di separazione, in chiave geografica e territoriale, il carcere rimanda al concetto di segregazione in senso giudiziario, repressivo, ma in definitiva umano.

Sulle isole esiste una letteratura sterminata, e sul carcere molti e ampi studi. Ma trattare in un unico contesto l’isola e il carcere sotto la particolare prospettiva geografica e storica del “doppio isolamento” è una novità assoluta. Dobbiamo la felice intuizione a Valerio Calzolaio, già politico di sinistra ( fu sottosegretario all’Ambiente), autore di saggi su Moro e Berlinguer e di un’illuminante riflessione sul tema delle migrazioni (Libertà di migrare, con Telmo Plevani).

Nella sua lucidissima introduzione, Calzolaio inquadra immediatamente il tema della ricerca: l’isola è generatrice di un ecosistema produttore di biodiversità — lo sviluppo delle specie si articola in un ambito circoscritto, differente, per intenderci, da quello garantito dagli interscambi continui dei territori più vasti — così come il carcere acquista progressivamente le connotazioni di territorio dell’isolamento, dando vita, a sua volta, a un ecosistema interno storicamente determinato.
L’isola è tale perché così è definita dal suo essere ontologico, il carcere è una costruzione umana.

I romani impiegarono le isole come terre di deportazione o relegazione, per togliere di mezzo oppositori politici, eredi scomodi di grandi dinastie, voci dissonanti, prigionieri di guerra. Ma la loro idea di carcere non era sovrapponibile all’attuale: non si deteneva per sorvegliare e punire, secondo la nota definizione di Foucault, ma per assicurare integrità al corpo del custodito, che andava preservato in vista del giudizio e tutelato dalla vendetta di chi si era ritenuto danneggiato dalla sua condotta.
Il carcere come luogo di espiazione è idea relativamente recente; l’abbinamento fra carcere e isola un’evoluzione — sovente tragica — dell’antica deportazione romana.
L’ecosistema isola e quello penitenziario si mutuano e compenetrano, ci spiega Calzolaio, ma ciò non cancella l’anomalia animata dalla più angosciosa contraddizione di fondo: un’isola è per sua vocazione finestra sul mare, e dunque metafora di un orizzonte senza confini, il carcere è brutale privazione della libertà.

Calzolaio ha censito migliaia di isole-carcere, molte le ha visitate, e una cinquantina le racconta, con un intento di obiettività scientifica opportunamente percorso da una calda vena di pietas. E le pietre di quegli antichi — o purtroppo ancora attuali — luoghi di sofferenza, paradossalmente calati nel contesto di una natura che non tollera di lasciarsi imprigionare — ci parlano attraverso vicende esemplari di dolore, prevaricazione, atrocità, ma anche riscatto e persino trionfo: la Santo Stefano — ora in via di recupero e riconsegna ad una nuova vocazione di polo culturale — dove languirono i patrioti del Risorgimento e Sandro Pertini; la Ventotene del Manifesto per l’Europa di Altiero Spinelli e Ernesto Rossi; l’Asinara, oggi parco naturale di incomparabile e struggente bellezza; Goli Otok, l’isola calva perché senz’acqua, dove Tito confinò gli ortodossi dopo la rottura con Stalin; la Gorgona di memoria dantesca, oggi avanzato esperimento di carcere aperto; Chateau d’If, rocca- prigione a vista di Marsiglia, nota più per Il Conte di Montecristo che per i veri prigionieri che vi erano rinchiusi; l’Isola del Diavolo, dove l’innocente Dreyfus fu relegato, vittima sacrificale dell’antisemitismo della società francese di fine Ottocento e, tanti anni dopo, il forzato Papillon ambientò le sue più o meno credibili imprese; Imrali, dove da vent’anni tengono Apo Ocalan, leader dei curdi oppressi, in un regime di isolamento che mira a colpire il corpo come la mente; Robben Island, che Nelson Mandela, nella sua lunga prigionia, trasformò nell’università della futura liberazione del Sudafrica. E, naturalmente, Lampedusa, dove ancora una volta la contraddizione fra l’isola come avamposto verso l’infinito e le mura di contenimento esplode con il trattenimento dei migranti.
Da tutto questo materiale discende una delle più profonde e convincenti riflessioni scritte negli ultimi anni sul rapporto fra natura, natura umana, istituzioni e pena.

[Recensione di Giancarlo De Cataldo – da RobinsonLa Repubblica, del 23 aprile 2022]


Isole carcere. Geografia e storia
di Valerio Calzolaio (Autore); EGA-Edizioni Gruppo Abele, 2022

Descrizione
La storia, la funzione sociale e le peculiari caratteristiche della detenzione penitenziaria sulle isole. Quale significato ha assunto nei secoli, e ha tutt’ora, la reclusione su territori lontani dalla terraferma? Quali vicende storiche e quale immaginario (letterario, cinematografico, culturale etc.) si legano a questa condizione? Che ruolo hanno oggi questi penitenziari, da quelli ancora attivi a quelli che ormai fanno parte del patrimonio storico-paesaggistico? Di questo e molto altro racconta Valerio Calzolaio nel suo saggio, attraversando mari e bacini oceanici di tutti i continenti. Da l’Asinara e Procida nel Mediterraneo a El Frontón e Alcatraz nel Pacifico, all’Isola del Diavolo e Robben Island nell’Atlantico, passando anche per isole fluviali e lacustri [dal sito del distributore: https://www.ibs.it/]

Valerio Calzolaio (Macerata, 1956) è un politico e accademico italiano, già sottosegretario di Stato al Ministero dell’Ambiente.
Laureato in Scienze Politiche con una tesi in Diritto Costituzionale Comparato, ha ricoperto vari incarichi politici regionali e nazionali nel Partito di Unità Proletaria e nel PCI
Dal 1996 al 2001 è stato sottosegretario al Ministero dell’Ambiente. Contrario alla nascita del PD ha aderito prima a Sinistra Democratica seguendone l’intero percorso fino alla nascita di Sinistra Ecologia e Libertà.
Attività accademica. Nonostante l’impegno politico ha proseguito nell’attività di ricerca e ha ottenuto due borse di studio di storia costituzionale in Francia a Parigi nel 1982 e in Inghilterra a Exeter nel 1984. È stato professore a contratto di Diritto Costituzionale all’Università di Macerata negli anni accademici 1990-1991 e 1991-1992. È stato consulente del segretariato della Convenzione ONU per la lotta alla siccità e alla desertificazione (Unccd) [fonte Wikipedia].

 

1 Comment

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  1. Sandro Russo

    27 Aprile 2022 at 20:08

    Volevo spendere qualche parola sulla copertina di questo libro.
    Una bellezza che non deve passare inosservata.
    Partiamo dal basso… Delle piante verdi. Potrebbe essere la soggettiva del carcerato sull’orto del carcere. Le erbe trapassano nella roccia, che pian piano viene sommersa dall’acqua, come fosse in fondale marino in acque basse. Ancora più su, il mare si fa più profondo, si immagina, e si vedono delle piccole onde. Su tutta la copertina le strisce della divisa del carcerato (ricordate Dustin Hoffman e Steve Mc Queen in Papillon?), più evidenti verso l’alto, ma se si va a guardare meglio, sono anche in basso.
    Ho pensato anche che nella concezione punitiva del carcere di Santo Stefano, le aperture erano tutte all’interno del carcere, e la visione del mare era preclusa.
    Ma quante associazioni e messaggi in una semplice copertina!

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