Ambiente e Natura

Una foto racconta (4). La memoria del cuore

a cura della Redazione su proposta di Silveria Aroma

 

Una foto può essere un contenitore di ricordi, emozioni, momenti di vita.
Ne hai, da condividere con noi?
Per come fare leggi “Raccontalo con una foto

 

Si sa quali emozioni suscitano e quali ricordi risvegliano le foto di una scolaresca, soprattutto quando è di tanti, tanti anni fa.
Ce ne sarebbero di storie da scrivere… scorrendo quei grembiuli tutti uguali, i colletti bianchi e il fiocco stirato ogni mattina. Dietro: i volti, spesso spauriti, di un’epoca fatta di poche cose, privazioni e tanti sogni.
E in mezzo a quei volti la figura paterna/materna, autorevole della maestra o del maestro, artefici della storia dell’educazione di un’intera generazione… come il maestro di Frontone di queste foto.

Eccone un bel ricordo di Silveria per via di un suo rapporto particolare (era suo nonno!).

Un invito ai lettori di “una certa età”. Guardatele queste foto con attenzione e chissà che in qualcuna di esse non vi ritroviate o non rintracciate il compagno o la compagna di classe con cui avete condiviso i momenti dell’apprendimento ma anche i giochi, le incertezze dell’età adolescenziale, le sfide della maturità…Tanti di quei ragazzi oggi avranno i capelli bianchi o… non li avranno proprio, le ragazze avranno i volti solcati dalle rughe, alcuni di loro forse non ci saranno più. Provate a raccontarcelo. Senza accorgercene scopriremo da dove veniamo e come eravamo.
La Redazione

***

Basta un niente, un nome, una calligrafia
perché ogni cuore ha una memoria tutta sua
si vede sempre dove strappi via una pagina
come ti fissa una fotografia di ieri…
Mai più come te, C. Baglioni

 

Era il 1976, io entravo a scuola per la prima volta e mio nonno ne usciva da pensionato.
Nel corso degli anni mi è capitato di trovare dietro la cattedra mia madre e anche mia zia… Il nonno mi raccontava Fedro e Esopo ma solo a casa.
Qualcuno dei suoi ex alunni, quasi preoccupato, mi ha chiesto se fosse così severo anche come nonno, e se usasse il famigerato cutolo pure con me. Macché: io le ho avute vinte tutte più una.

Era conosciuto come il maestro di Frontone, sia per la contrada natale sia per aver insegnato proprio nella scuola che accoglieva i bambini di quella zona, all’epoca ben più popolosa di oggi. Per crederci dobbiamo fare un bel salto indietro nel tempo (circa ottant’anni).

Nonno Silverio era figlio di Raffaela D’Arco (di Frontone) e Antonio Mazzella, quest’ultimo era nato a Santa Maria (dietro la chiesa) nel 1870, in un edificio abitato da più famiglie tutte legate fra loro da una stretta parentela, e con il cortile in comune. Esattamente un secolo dopo lì, di fianco a quello che fu l’albergo Ponzio Pilato, sono nata anche io. Ed è lì che ho mosso i primi passi per rincorrere Ciccio, il gabbiano da cortile.

   Mia madre intenta a dirmi di non fare smorfie?!

 

p.s. Voglio ringraziare Maria Conte che ci legge da Padova e che ieri, attraverso le parole, mi ha trasmesso quell’emozione che riaccende i ricordi più belli.
Ponzaracconta mi ha permesso di incontrare Maria che a suo tempo tenne a lezione mia madre. La vita fa mille giri e torna sempre al cuore.

 

Appendice del 16 genn. – La Redazione (Cfr. commento di Luigi Mazzella):

La cosa curiosa è che anche mio padre chiamava Ciccio un gabbiano che quando lo sentiva si appollaiava sulla sua barca quando andava a pesca la domenica. Non ci credevamo e gli demmo una fotocamera per portarne le prove, e così fu.

2 Comments

2 Comments

  1. silverio lamonica1

    14 Gennaio 2021 at 22:36

    Le foto di cui sopra furono scattate all’esterno del vecchio edificio scolastico di Santa Maria, un fabbricato preso in affitto dal Comune di Ponza durante il fascismo, il località “Mare n’coppa”, più prossimo alla frazione dei Conti che a Santa Maria e che fu operativo fino al 1976 (se ricordo bene). Ospitava le cinque classi “elementari” (oggi scuola primaria). Vi insegnai nella prima metà degli anni ’70, assieme ai colleghi Antonio Scotti, Ernesto Prudente, Lucia Aiello-Schiano e Silverio Mazzella, al quale erano affidate le mansioni di “fiduciario” del plesso (un coordinatore). Aveva il compito di collazionare e far circolare le “circolari” tra gli insegnanti, per l’appunto, di tenere il registro delle firme di presenza, su cui Ernesto firmava con il solito scarabocchio “‘u scippo” come lo definiva, divideva gli alunni tra le classi, in caso di assenza improvvisa di uno dei colleghi, e altri compiti.
    Quelle foto furono scattate nel giardino attiguo alla scuola, all’ombra di alberi d’alto fusto, tra cui – ricordo – una superba quercia. Era il nostro spazio per “la ricreazione” e ricordo che, trascorso il quarto d’ora per “la merenda”, ‘U maesto ‘i Fruntone pronunciava la fatidica frase: “Dopodiché, torniamo tra i banchi” e quindi tutti in classe (anche questo aspetto “poco gradevole” rientrava tra le sue mansioni).
    Ricordo che tra gli alunni del maestro Ernesto c’era un nipote del maestro “fiduciario” il quale – quasi tutte le mattine – portava allo zio dei pesci in una borsa. Ernesto, vedendolo arrivare, gli si rivolgeva con il suo modo tra il burbero e lo scherzoso: ” E pure oggi è purtato ‘i pisce a u zie? Vabbuò! Ce vedimme all’esame!”.
    Un giorno il maestro Mazzella non venne a scuola. Il nipote si presentò con i pesci: una seppiolina, un paio di sogliolette, due o tre “perchie” (serrani), qualche triglia e ” nu purpetiello” (polpo di piccole dimensioni).
    “Damme sta borza!” tuonò Ernesto. Il ragazzino, tutto timoroso, gliela porse. Ernesto l’afferrò, si precipitò nel locale della cucina e la consegnò alla bidella, chiedendole di farne una bella frittura.
    E così a “ricreazione” che sforò di alcuni minuti il tempo previsto, ci “ricreammo” gustando quei pesci appena pescati e immaginando la successiva reazione del simpatico collega fiduciario.
    In quella scuola c’era un clima molto sereno e familiare, c’era un affiatamento notevole tra noi insegnanti e ciò si rifletteva positivamente nel nostro lavoro non facile, ma entusiasmante.

  2. Luigi Mazzella

    16 Gennaio 2021 at 12:41

    In appendice all’articolo, una foto di Luigi Mazzella:

    “La cosa curiosa è che anche mio padre chiamava Ciccio un gabbiano che quando lo sentiva si appollaiava sulla sua barca quando andava a pesca la domenica. Non ci credevamo e gli demmo una fotocamera per portarne le prove, e così fu.”

È necessario effettuare il Login per commentare: Login

Leave a Reply

To Top