di Francesco De Luca
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Il luogo della macellazione degli animali era ubicato in un locale sotto il primo tunnel (attualmente c’è una friggitoria).
I bovini venivano macellati dal negoziante di carne: ‘u ianchiere.
Al Porto, padrone di una macelleria era Antonio Guarino. A lui si rivolgeva Morrone Vincenzo per l’acquisto di un barattolo di sangue. Mandava la figlia, la piccola Rita, al macello a prendere il sangue. Sua moglie lo cucinava con le cipolle. Il sangue con la fiamma si rapprende. Tagliato a bocconcini saziava per quel giorno la tavola.
L’acquisto era possibile il martedì e il giovedì, e la bimba vi andava il martedì. Ma in quella settimana fu mandata a prendere il sangue anche giovedì, quando non era il suo turno. Il macellaio ricordava la lista degli acquirenti. Quando vide la piccola si innervosì. E quando si innervosiva gli si presentava la balbuzie.
La piccola non è che fosse contenta dell’incarico che svolgeva perché l’ambiente era sporco e puzzava, ma l’obbedienza ai genitori non era in discussione. Insomma ‘u ianchiere, incollerito, si mosse sgraziatamente e fece cadere tutti i barattoli già col sangue dentro.
La tensione sbollì e la piccola poté ritornare a casa con la sua razione di sangue.
Morrone non pagò il prezzo normale, 120 lire, lo pagò il doppio.
Cosa ha di ragguardevole questo episodio? Così come l’ho scritto, nulla… ma si insaporisce se inserito nel contesto. Anzitutto immaginate che la banchina Nuova non esisteva. Il mare lambiva gli scogli su cui erano state innalzate le case. Quelle all’interno della Kambusa, della Pergola, della Scogliera. E le scalette, quelle irte e strette che ci sono, portavano direttamente al mare. Dove si facevano defluire le acque sporche del macello.
Guarino aveva la macelleria dove ora opera il negozio degli Aprea. Ianchiere lui e ianchiere pure il figlio.
Morrone abitava sulla Dragonara e faceva il muratore con la passione per la tinteggiatura. Portamento elegante, con un garofano all’ occhiello della giacca.
Ponza viveva di pesca, di imbarco e di emigrazione. Viveva è l’espressione adatta perché c’era tanta voglia di lavorare e poca disponibilità economica. La vita si guadagnava ogni santo giorno con fatica e impegno.
Una vita parca.
Il racconto mi è stato narrato da quella bambina, oggi in età. E se me lo ha ricordato è perché le persone implicate stanno piantate nel suo cuore e il suo cuore è pieno di partecipazione per la vita del paese. Non solo, ma me lo ha raccontato nel luogo dove i ricordi si evocano con maggiore dovizia e piacere: il Cimitero.
Lì dove la memoria viene posta in uno spazio proprio e, talvolta, riesumata. In un tempo preciso dell’anno: quando i defunti sono oggetto di pietà umana e di culto.
silverio lamonica1
25 Ottobre 2020 at 13:11
Antonio (Tatonno) Guarino e Vincenzo Morrone facevano parte della superstite banda musicale del celebrato Maestro Titta (anni ’30). Il primo suonava il bombardino, il secondo la tromba. Poi c’era Tuccillo alla grancassa, Ciro Colonna (padre del dentista) alla tromba, Elio Zecca, clarino, Pacifico (Pataccone) al basso tuba (citato da Antonio De Luca in una sua pubblicazione), un certo Tricoli al trombone (purtroppo non ne ricordo altri, avevo meno di dieci anni. Totonno Guarino era il capobanda e tutti, al suo cenno, andavano a tempo eseguendo sempre la stessa marcetta, al seguito delle varie processioni.
Solo in un secondo momento, a partire dal 1953, se ricordo bene, vennero a Ponza dei maestri di musica per rimettere su la nuova banda, tra cui il maestro Anzalone. Vi aderii anche io, suonando il flauto traverso, mio fratello Francesco all’oboe, Mario Iozzi sassofono, Tonino Esposito tromba, ecc… (purtroppo ora non ricordo più le posizioni delle dita sul flauto per eseguire le note).
La Redazione - Franco Schiano - Emiliano Mazzella
25 Ottobre 2020 at 20:29
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Franco Schiano
Il famoso garofano rosso di mastro Raffaele Morrone. Ricordo che spesso lo teneva anche in bocca come una sigaretta.
Emiliano Mazzella
…come sempre bellissime storie della nostra Isola “perdere il passato vuol dire perdere il futuro”.
Alessandro Romano
26 Ottobre 2020 at 11:25
Io ricordo che delle volte portava il garofano rosso all’occhiello ed in bocca una bella foglia di basilico e che, mentre camminava a passo svelto, mormorava qualche marcetta a bocca chiusa.