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Sereno èdi Francesco De Luca . I Coloni nel 1734, i nostri padri: affaccendati a trarre il sostentamento dalla condizione di ‘coloni per necessità’, la terra da rendere fruttifera, il mare da setacciare per trarre cibo, l’aria da ben controllare per l’uccellagione. E i terreni da terrazzare e l’acqua pluvia da incanalare e i vicini da tener fuori dai confini. Le case, parte in grotta e parte alzate con pietre ricavate col piccone, le barche da custodire in ipogei cavati alla base delle falesie, al limite della spiaggia. Con gli strumenti e gli attrezzi da pesca. Eppure… i colli vennero pettinati con parracine, gli incavi diventarono serbatoi, gli scoli diedero canne per impiantare vigneti e i fusti delle agavi, pali e i tralci secchi delle viti, fascine e i rametti della ginestra, legacci. Sugli spiazzi le case portarono sorrisi blu e gialli ai colli tanto che Pasquale Mattej (1848) non poté trattenersi dall’ammirare quel paesaggio che attestava come il lavoro degli uomini si fosse integrato con gli aspetti della natura.
Queste immagini d’altri tempi sono suggerite da quelle che si godono oggi. Nella dolce primavera che si offre a chi ha la fortuna di vivere a Ponza. Tutto è soffuso in un’atmosfera mite. E laboriosa. Giacché nel porto sulle barche da pesca ci si attrezza per la stagione. Quella più favorevole. Perché le acque sono calme e il giorno più lungo e il lavoro in mare più sopportabile. Le barche interessate all’attività turistica anch’esse sono vivacizzate da colori, presenze, incombenze. La vita scorre benedetta dal sole, e appare serena. Devi essere collegato per poter inserire un commento. |
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