Dialetto

Profumi di una volta. I panielle ’e pane

di Lino Catello Pagano

In questo cammino a ritroso partendo da Santa Maria per arrivare al porto, di strada ne hai da fare..! Una volta si faceva con il profumo del pane nel naso: a Santa Maria c’era Bonaria ’a panettiera, e lì un profumo di pane scatenava l’acquolina in bocca, ti facevi tutto il grottone e arrivavi a Giancos, dove ti assaliva il profumo del pane appena mettevi testa fuori dal Tunnel.

’A Russiella faceva delle pagnotte i panielle ’e pane da 2 kg, che sembravano ruote di scorta per macchine… un profumo..! E poi erano cotti così bene… esternamente c’era quella crosta che andava mangiata strada facendo; arrivavi a casa che te ne eri mangiata una buona parte. Seguivano le grida di mamma: – A mizziuòrn nun mangie cchiù..! Te si’ mangiata mezza pagnott’ e ti si’ levat ‘a famma! …E mo’ chi ’u sente a pàtete!

Riprendendo il cammino, per arrivare al porto, dovevi arrivare quasi a oltrepassare Gennaro ’i Tatìlle e arrivavi da D’Atri: anche qui profumo..! Qui vendevano i filoncini di pane, buono,  per far panini due passi più avanti c’era Barbètt’ con la sua panetteria, si facevano panini quale michetta e altre forme intrecciate ma panini, D’Atri aveva il forno giù alle banchine vicino a Di Fazio; lì trovavi pure la pizza a taglio, buonissima! Torniamo al pane e saliamo su al corso Pisacane. Arriviamo da Temistocle vicino all’edicola di Enza Rispoli.

Il profumo del pane di Temistocle si sentiva dalla Parata perché il forno era dietro al corridoio salendo il Portone di Pascarella a destra, vicino al Cinema Regine, che abbuffate di quel pane facevamo allora..! Vi erano dei blocchetti di un cioccolato semi-solido (anche bicolore… crema e cioccolato); questo ancor prima della nutella… si comprava negli alimentari. Quando prendevi il pane ancora caldo, mettevi dentro le fette di cioccolato; la temperatura lo scioglieva… Come si dice: – Te facive nuov’ nuov’!

Temistocle faceva anche delle briòsce che il profumo invadeva non solo il porto, ma penso tutta l’isola! Che buone!  …Mentre scrivo sento l’odore nel naso e l’acquolina in bocca. Quando compravi una briòscia il ‘rito’ era mangiarla a partire del cupolotto che aveva sopra era: quello il primo morso perché aveva lo zucchero sciolto e croccante; la mangiavi piano piano fino ad arrivare sopra la Parata, dove Michelina la nostra cara bidella ci aspettava e ci controllava uno ad uno: – Te si’ mangiata ‘a briòscia e mo’ tiene i baffe! Vatt’a ’llava’, sùbbete! …e tu correvi in bagno in fondo a sinistra a lavarti la bocca e far sparire i baffi di zucchero caramellato.

Alle scuole medie il rito della merenda era differente. Andavi su dalla Musella, e gli davi il pezzo di pane che avevi comprato da D’Atri. Erano i filoncini tagliati a metà, e Musella ci metteva due fette di mortadella. Il panino ti costava cinquanta lire. Oppure ti portavi a scuola il panino fatto in casa che inevitabilmente mangiavi prima di entrare. A casa cosa potevi mettere sul pane, doie felle d’u paniell d’a Russiella: pomodori, olio e sale, … Ma a portar via era più comodo mettere il tutto, o anche due uova fritte, dentro l’estremità (culetto) del pane scavato, con il tappo di mollica a chiudere tutto – doi ove fritte dint’ a ’nu cule ’e pane scavate, e ’u cuperchie fatt’ c’a mullica – o anche i formaggini ‘Tigre’

Sì, questo avveniva alle medie, il panino non arrivava mai a scuola lo si mangiava strada facendo, perché poi alle undici e mezza si andava dalle suore a mangiare pasta e fagioli: venti ‘tubettini’ con dentro tre quattro fagioli, un pezzo di carne in scatola con patate bollite e questo era la nostra mensa scolastica. Ma noi ci  andavamo per una sola cosa: il latte in polvere quella busta di cartone contenente il latte per me era un premio, forse il regalo più bello. Ci facevamo i cuppetielle. Oppure le bustine con due o tre cucchiai di latte e con la lingua tipo formichiere l’affondavi in quella delizia che era il latte in polvere.

Io lo facevo solo per il latte, la pasta e fagioli non la mangiavo neanche a casa mia dove i fagioli non  mancavano, la carne in scatola non mi è mai piaciuta e tuttora non la mangio.

Farei volentieri un salto indietro di parecchi anni per riempirmi le narici di quegli odori che hanno fatto la storia dell’isola, ritornerei senza alcun dubbio là da Temistocle per riprendere e appropriarmi di quel profumo magico e di quel sapore sublime della brioscia, tornerei nel vecchio forno ’ngopp giancòs, addo’ ’a Russiell faceve ’u ppane a legna, mi comprerei nù paniell e mi siederei sul muretto di fronte a Candida ’i Chicchino e lo mangerei a pezzettini fino alla fine, gustandone la fragranza e la croccantezza …Che poi quando era duro lo mettevi nel caffellatte al mattino e non si buttava via niente.

Ah, bei tempi andati! …ma i ricordi restano, con tanto di profumi, di pane e non solo… Nel periodo giusto per le vie di Ponza vedevi massaie indaffarate andare su e giù dai vari fornai con teglie in testa e altri tegami per le mani… Si andavano a cuocere i roccocò, le pastiere di pasta e quelle napoletane con il grano. Ormai tutto viene fatto in casa e i profumi per la via non si sentono più… E poi per la Pasqua i casatiell’, che solo quelli invadevano con il loro profumo l’isola intera… e l’odore i salame e formaggio fusi della pizza rustica che usciva dai forni e ti inseguiva per strada?

… Sarò nostalgico, come dice il mio amico Franco, ma ogni tanto serve, la nostalgia, a consolare il cuore e la mente di quei profumi che erano parte della nostra isola.

 

3 Comments

3 Comments

  1. Pasquale

    11 Gennaio 2013 at 13:55

    Bravo Lino: un bel tuffo nei profumi e nelle fragranze di una volta. Aggiungo: u’ palatone, grezzo e ruvido fatto di farina di tipo “0” oppure n. “1” e poi l’elegante e morbida “palatella”, lucida e “disegnata” perché intaccata con la lametta: ideale per le fette di salame tipo napoli e di mortadella, trasparenti come “l’ostia consacrata”. Il prosciutto crudo: illustre sconosciuto! “U’ pan’” si divideva quindi in : “u’ pane nir’”, quello più usato e “u’ pane bianch’” usato soltanto in poche occasioni. Due erano le raccomandazioni che una committente, se aveva disponibilità di denaro, dava alla commissionaria: “Mi raccomando, nun t’ fa da’ u’ pan’ nir’e nun t’ fa’ da’ a iont’; fatt’ dà u’ riest’” . Non dimentico, poi, le freselle “nere”, “u’paniell’” con le “cicole”, saporitissimo e molto “leggero” e soprattutto le gallette di forma rotonda, leggerissime e durissime ma morbidissime a contatto con l’acqua. Nei sacchi producevano un suono simile a quello delle nacchere. Erano usate dai naviganti ed erano piuttosto insipide. Quando andavamo in barca per un tempo prolungato quasi sempre ne facevo uso: le bagnavo nell’acqua salata e le condivo con un pomodoro!. Facevo “l’utile e il dilettevole”. Quando mio fratello dava forma all’impasto era compito mio fare i 5 buchi al centro del “cerchio” con un attrezzo che aveva cinque punte. Ti potrei raccontare che “u’ criscito” si faceva a mano e richiedeva una lavorazione “a tempo”. Poiché come macchinario avevamo solo l’impastatrice, anch’essa a “tempo”, tutta la lavorazione del pane aveva bisogno di molto tempo e molta fatica anche se la quantità di pane non era eccelsa sia perché molti facevano il pane in casa, soprattutto ai Conti e alle Forna, sia perché, sparsi sull’Isola, vi erano altri panificatori, oltre a quelli che tu hai citato; i panini, poi, avevano bisogno di una lavorazione un po’ particolare e, come le brioche, erano sormontati anch’essi dal “piripicchio”. Costavano un po’ di più ed erano adoperati di rado, ad esempio nei matrimoni. Ti potrei dire che, al tempo dei casatielli o alla vigilia delle solennità, il forno rimaneva aperto 24 ore su 24 diventando anche il “salotto buono” dell’Isola….. Solo nostalgia oppure da questi sapori può nascere anche qualche idea buona e gustosa come le pietanze di una volta, in barba al colesterolo..? Ottimismo o utopia? – Ciao Pasquale

  2. Lino Pagano

    11 Gennaio 2013 at 17:35

    GRAZIE PASQUALE. PIENAMENTE D’ACCORDO, CHISSÀ CHE QUESTI PROFUMI E SAPORI NON DIANO UNO SPUNTO AGLI ALTRI PER INIZIARE UN CICLO DI VECCHIE RICETTE ISOLANE ANTICHE, TRAMANDATE DAI NOSTRI VECCHI. LASCIAMO ALLA PROVVIDENZA CHE DIA UNA MANO. CIAO A TE PASQUALE.

  3. susy scarpati

    12 Gennaio 2013 at 05:04

    Prossimamente, a casa mia, ci saranno 2 giornate dedicate alla cucina tradizionale dove chi vuole può imparare alcune ricette ricette della tradizione… spero che l’evento vi piaccia!
    🙂

È necessario effettuare il Login per commentare: Login

Leave a Reply

To Top