Racconti

Sia lodato ogni momento, Gesù mio nel Sacramento

di Francesco De Luca

Nell’approssimarsi della domenica del Corpus Domini il parroco ci inviò, a me e a Silverio Di Fazio, da Titina ind’ i palette a prendere una stoffa ricamata.

Il quartiere degli Scotti, dove abitava Titina, non era un posto frequentato da noi, anche se qualche volta vi ero salito, scortato da Totonno ’i semiscotte, o Liberato, che  hanno la nostra stessa età. E già. Perché negli anni ‘50, ogni rione aveva la sua ‘banda’, e andare in un territorio estraneo (nemico) comportava rischi. Quali? Si veniva presi a sassate o… a palettate (di fichi d’india).
Noi però avevamo lo speciale salvacondotto di essere inviati dal parroco per cui… eravamo quasi al sicuro.

La signora Titina abitava a mezza costa della collina degli Scotti. Il suo era un specie di condominio giacché vi abitavano altre famiglie, fra le quali quella di Enzo Di Fazio. Il cui padre, Totonno, ci accolse quella mattina. Doveva essere un sabato, alle ore 16. Dico questo perché in chiesa il parroco stava preparando l’altare dove porre l’espositore con la Sacra Eucarestia.
Totonno si sorprese nel vederci, zittì un cane in allerta. Noi superammo l’ampio cortile fiancheggiato da alti fichidindia in fiore.

Arrivammo accaldati per la salita e per l’estate che iniziava a signoreggiare. Stanzoni ampi e scuri per via degli sportelli alle finestre. Chiusi. Titina vestita di nero e la sorella anch’essa in nero ci accolsero come benevolenza.
A distanza di tempo questi ricordi mi appaiono avvolti da un’atmosfera paesana, diversa da quella attuale. Molto diversa, direi irreale.

Noi avevamo i pantaloncini corti, per via dell’estate incipiente, avevamo poi un compito che può apparire semplice, e invece no, il compito era speciale, perché speciale era (così appariva a noi) la funzione del drappo. Titina, la conoscevamo bene noi perché era una abituale frequentatrice della chiesa, anche se non una di quelle devotissime. Mise la stoffa in una sacca e ce la diede. La prese Silverio.

Uscimmo, e l’odore forte della terra sbocciata al sole, all’erba, ai fiori degli alberi, ci travolse. Il sole era caldo abbastanza, il cane abbaiò, suscitando i latrati degli altri, lontani. Prendemmo la via che passava sotto i caseggiati, e sbucammo sulla Punta. Ora credo che quel viottolo sia interdetto da cancelli che delimitano ‘proprietà private’.

In chiesa il parroco addobbava con cura l’altare dove avrebbe fatto mostra di sé l’ostensorio.

Sia lodato ogni momento,
Gesù mio nel sacramento.
Oggi e sempre sia lodato,
Gesù mio sacramentato
…avremmo cantato con quell’andamento strascicato di nenia che hanno i canti popolari.
Il ‘Corpus Domini’ è la ricorrenza più importante per la Chiesa cattolica, più di san Silverio – ammoniva il parroco.

C’era un’aria di maestosità paesana, ormai persa. Non c’era più fede, c’era più fedeltà ai valori professati. Si credeva di più nei rapporti umani. Rapporti cementati nelle diseguaglianze e nei privilegi, che anche allora c’erano ed erano evidenti. Ed è per questo che noi andati fuori a studiare, ne analizzavamo le forme, e le abbiamo combattute. Le combattiamo tuttora.

Spero di non scrivere eresie se accomuno a me anche Silverio Di Fazio (dall’America), Enzo Di Fazio (da Formia), e un amico ritrovato, Antonio Corti (da Latina).

 

A cura della Redazione
Immagine di copertina. La foto di una processione del Corpus Domini, di qualche anno fa; alla discesa della chiesa su piazza Pisacane.  Molte delle persone che vi si vedono raffigurate non ci sono più.

Una foto ‘storica’ della processione del Corpus Domini a Ponza, a Sant’Antonio, circa cento anni fa, da un vecchio articolo del sito (gennaio 2012): Leggi qui

 

 

 

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