Ricorrenze

La sera del Venerdì Santo, nel ricordo

di Francesco De Luca

 

C’è un freschetto che non t’aspetti, dopo aver trascorso la giornata in un caldo da sole tanto piacevole quanto atteso, perché la coda dell’inverno è il più sgradito della stagione.
Venticello irritante, calato con le ombre della sera. L’isola poi, così aperta alle folate dei venti, e col mare che circonda e umidifica, è intristita dal freddo insidioso.
La processione del Cristo Morto va per le strade. Vi partecipano vecchi claudicanti e vecchine avvolte nelle sciarpe di lana.
Il feretro del Cristo è accompagnato da devoti con le candele accese. Le luci fanno colore e i canti penitenziali fanno rumore.

Partecipavo a questi riti con funzioni da chierichetto. Attento al parroco, che con gli occhi dirigeva il corteo, e turbato dagli stimoli dei versi:

Sono stato io l’ingrato
Gesù mio
perdono e pietà;

e agli umori di chi mi stava accanto, con accorata adesione. Erano le donne, di cui conoscevo la bontà. Mentre gli uomini mostravano una partecipazione defilata, senza troppo coinvolgimento. Per pudore. I ragazzi si attardavano dietro la candelina che bavava cera e che assottigliava la fiamma al soffio di uno spiro maldestro.
All’incrocio della Punta Bianca con salita Scarpellini avveniva l’incontro con l’ Addolorata. Il volto smunto, l’abito nero, e il petto trafitto da dodici spade.

Cara Madre  deh Voi fate
che le piaghe del Signore
siano impresse nel mio cuore.

I due cortei e le due statue: una di fronte all’altra.

La sera avvolgeva le case con le ombre, e un silenzio strano calava sugli animi afflitti.
Il parroco prendeva spunto da questa pausa emotiva, usciva dal balcone di casa Pacifico, che pareva un pulpito messo lì apposta. Parole forti, coinvolgenti, cadevano sugli animi già appesantiti dalla colpa della Passione. Tutti con lo sguardo verso di lui che bulinava nell’intimo per far emergere il pentimento.

Gesù mio
perdono e pietà.

E io, insieme agli altri, a sentire il disagio del peccato, anzi no, la vergogna del peccato. Gesù Morto, straziato dalle ferite, e la madre, l’ Addolorata, desolata.

Mi dava conforto la fanciullezza. A noi ragazzi quel dolore si posava sul fondo, e lì è rimasto per l’intera esistenza, ma la leggerezza della fanciullezza lo rendeva evanescente.
Le candeline in mano alle persone ci offrivano il ristoro della distrazione. e quella donna doveva essere sostenuta perché le gambe le tremavano, e quella ragazza s’ appoggiava forte al fidanzato accanto, e quell’uomo sbuffava annoiato, e la signora si asciugava gli occhi in lacrime.

Il nero della notte incombente si fondeva col nero della Passione di Cristo, e con la desolazione sparsa nei fedeli.
Opprimente era l’atmosfera che ci accompagnava. Ma a Sant’Antonio ‘u fucarazzo (catasta di legni accesi) col rosso crepitìo dei  pennecille (ramaglia secca) ardenti riscaldava il cuore, lasciando che si dissipasse il rancore d’aver peccato. Un peccato inconsistente perché inesistente.

 

NdR: le foto inserite nell’articolo, tutte di Rossano Di Loreto, sono state scattate in occasione della processione del venerdì santo del 2018, caduto il 28 marzo di quell’anno quasi esattamente sei anni fa.

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