Politica

Gli uomini sono tutti uguali?

di Francesco De Luca

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Ho letto il libro curato da Domenico De Masi: Destra e Sinistra. Partecipo ai lettori di Ponzaracconta le riflessioni che ne ho tratto, sperando di fare cosa gradita.

Alla domanda posta dal titolo la risposta è: No, è abbastanza semplice rilevarlo. Gli uomini non sono uguali perché non nascono uguali. C’è il bello, il rozzo, l’alto, il minorato, lo zoppo. Queste sono ‘doti naturali’ si dirà, e infatti, ogni uomo, per natura, non è uguale ad un altro.
Si aggiungano la provenienza sociale (il ricco e il povero), il luogo di nascita (il nero e il bianco), i fattori educativi e la fortuna. Tutti motivi che rendono evidente come non solo non ci sono uomini uguali ma, in più, ogni uomo è unico.
E allora? In cosa può consistere il tratto che uguaglia tutti gli uomini?
Tolte le sfere: biologica, economica, sociale, rimane quella morale. Tutte insieme, in una ideale sintesi delle caratteristiche umane, potrebbero essere conchiuse nel termine: umanità. La quale, in quanto risultante conclusiva, può intendersi quale fattore d’uguaglianza fra tutti gli uomini.
L’umanità, come completezza delle qualità di ogni uomo, e dunque, base dell’uguaglianza.

Se non che questa umanità, così definita e conchiusa nella morale, si struttura da tutto ciò che il singolo uomo vive. Ossia prende forma e si evidenzia dalla sua natura biologica, dalla sociale, da quella culturale, e così via.
L’umanità dell’uomo non proviene da qualche creazione, ossia da una entità metafisica, bensì dallo strutturarsi dei fattori in campo. Che sono quelli materiali e quelli spirituali in possesso da ciascun uomo. Essi, nel tempo, si compongono e si complessificano e si evolvono.

E dunque, in conclusione? In conclusione l’uguaglianza negli uomini non esiste come stato. Occorre che si formi, che sia perseguita come obiettivo. Che sia un processo. E, come tale, che si costruisca. L’uguaglianza occorre edificarla con volontà, idea e azione. Allo stato selvaggio non riesce ad esprimersi; lo può fare se viene perseguita in uno  Stato formale, con leggi, ordinamenti, costituzioni.
L’uguaglianza fra gli uomini può avvenire se gli uomini si costituiscono in  cittadini. Ancor più se cittadini di uno Stato democratico.

Voglio dire che l’uguaglianza in uno Stato democratico è superiore ad ogni altra in uno Stato dittatoriale.
Il che mette in relazione lo stato della democrazia con lo stato dell’uguaglianza. Nel senso: più c’è democrazia più c’è uguaglianza.
Questo comporta come corollario che le democrazie sono tante e che il suo traguardo realizzativo può essere spostato sempre più in avanti. Ma anche più indietro. Il che avverte sulla precarietà della democrazia e, di conseguenza, sulla precarietà dell’uguaglianza.

Lo stretto legame fra democrazia e uguaglianza sottolinea come esse dipendano dal grado di rispetto che i cittadini portano verso le regole (leggi ). Perché anche le leggi, e il rispetto che impongono, subiscono oscillazioni, inadempienze, accelerazioni.
Se l’ossequio alle leggi lo tengono soltanto i poveracci e non chi siede al Parlamento, allora si crea una falla sia nell’ottemperanza all’uguaglianza e sia nella costruzione della democrazia.

Non c’è uguaglianza fra chi possiede rendite e chi possiede soltanto il suo lavoro, o fra un autistico e un normo dotato. Le differenze (quelle, come detto sopra) restano per sempre, ma cade ogni differenza di fronte alla legge: sia  tributaria, sia dei diritti e dei suoi connessi. I cittadini sono uguali davanti alla legge.

Con un’aggiunta: l’uguaglianza giuridica è il riflesso (soltanto un riflesso) di quella uguaglianza totale chiamata sopra umanità. Nel cittadino l’uguaglianza si coniuga in tutte le sfere dell’essere uomo: quella morale, quella economica, quella sociale e così via. Nella nostra Costituzione infatti l’uguaglianza viene resa operante in tutti i campi del vivere del cittadino.

A ben vedere, tutto questo dà concretezza al principio di libertà. Perché si è liberi nel rispetto delle leggi. Si è liberi non in astratto, bensì all’interno di un campo delimitato, che è quello civico. Dove ai diritti si accompagnano i doveri.
Il tutto si migliora se ad emanare le leggi c’è un Parlamento democratico.

Da quanto scritto tutto appare composto e tutto sembra andare nel posto giusto ma… attenzione! Fragile è l’ordito, cagionevole la cornice, friabile il materiale costitutivo.
Alla fine si evidenzia come il tutto poggi sulla responsabilità del cittadino, e dunque, sul suo grado di consapevolezza.

Lo confesso: questo mio contributo è stato sollecitato dagli inviti che nei giorni passati la Redazione ha trasmesso – attraverso gli articoli pubblicati -, affinché il nostro senso civico sia rinverdito e reso più reattivo.
Confido di aver apportato un qualche contributo.

 

 

 

Nota della Redazione

Sul sito leggi anche una memoria di Guido Del Gizzo in morte di Domenico De Masi, dello scorso 10 settembre

 

La scomparsa di Domenico De Masi, sociologo


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Appendice del 31 ottobre (cfr. Commento di Sandro Russo)

Qui, in formato .pdf,  il breve articolo annunciato in Commenti: Concita De Gregorio. Con gli occhi di una ragazza, da la Repubblica del 28.10.2023

2 Comments

2 Comments

  1. Sandro Russo

    31 Ottobre 2023 at 09:51

    Volendo utilizzare l’epicrisi non come semplice indice degli articoli della settimana, ma come chiave di lettura, posso scrivere qualcosa sull’articolo di Franco De Luca a proposito del libro di Domenico De Masi “Destra e sinistra”. Vedi anche alla voce “Stupidità”
    Qualche giorno fa si è svolto via whatsapp (in privato) questo scambio con un lettore del sito:

    Lettore – Vedo che di queste elezioni non avete parlato su Ponzaracconta, forse perché è un’altra bella botta per la sinistra tutta? Hai visto che nemmeno voi della sinistra andate a votare: vedi le elezioni supplettive a Monza, dove i votanti sono stati solo il 12%. Come la mettiamo?
    Risposta mia – Sai come la penso in proposito, ma se vuoi preparare un articolo per incitare “il tuo popolo” a non votare, fa’ pure! Poi non vi lamentate di Erdogan!
    Lettore – Mio padre diceva che la politica è la cosa più sporca al mondo… e aveva ragione!
    Risposta – Perché, oltre gli slogan, non analizzi dove porterà alla lunga la tendenza al “non voto”? Se non c’è una partecipazione “dal basso”, qualcuno che ti controlla dall’alto verrà fuori! Ti fermi sempre al primo livello, il più superficiale dell’analisi! Peccato!
    Lettore – Io sto ai fatti, non sono teorico, ma pratico.

    Questo commento può essere compiutamente integrato con la visione di un film da poco uscito nelle sale (io l’ho visto ieri sera): C’è ancora domani, per la regia di Paola Cortellesi (dove lei è anche attrice, insieme a Valerio Mastandrea) e con la nota relativa, di Concita De Gregorio, nella rubrica “Invece Concita” su la Repubblica di sabato 28 ottobre.
    In allegato .pdf in fondo all’articolo di base. Leggetelo se vi va (è una mezza paginetta):

  2. Francesco De Luca

    31 Ottobre 2023 at 18:48

    L’astensionismo, questo potrebbe essere l’argomento del colloquio. Prima a due: lettore e Sandro, adesso a tre: lettore, Sandro e me. Perché voglio precisare la mia posizione sulla scelta di non andare a votare.
    A mio vedere, in quanto comportamento cosciente, è supportato dalla volontà e, dunque, non si ascrive nei comportamenti obbligati, o subdolamente indotti, no. Non si va a votare per scelta.
    Ma, sempre a mio vedere, nell’atto c’è un senso di sconforto, di delusione, di scetticismo. Insomma c’è un sentimento. Di ripulsa, ma sempre sentimento è. E il sentimento non segue le regole della ragione, anzi, non segue regole. Il sentimento viene dietro ad un trasporto, ad una passione, ad uno slancio. Che è istintivo. La ragione non lo governa. Non valgono i principi di uguaglianza, quello di non contraddizione, quello di coerenza. La sensazione viene prima della percezione. Non mi va… e basta.
    E perché? Perché si ha la sensazione di essere preso in giro, di non contare, di avallare, col proprio gesto, uno sberleffo a se stesso. Tanto… il voto non conta nulla.
    Affermazione del tutto insensata perché il cittadino è attraverso il voto che può far valere la propria opinione (in democrazia il potere è del popolo).
    Insensata… ma suffragata dai fatti, giacché la Politica (tutta quanta) si è coalizzata per imporre la propria volontà, sulle decisioni che il popolo propone col voto.
    Gli esempi a supporto di tale sensazione sono tanti. Ne dico uno: il Parlamento italiano fa da cancelliere alle decisioni del governo. Che si esprime con Decreti Legge, non discussi e nemmeno discutibili in Parlamento.
    Altro esempio: i Governi Tecnici, di nomina del Presidente della Repubblica, in sostituzione di indire nuove elezioni (per dare la possibilità di votare: altre maggioranze, altre alleanze).
    Terzo esempio: si vota quel partito perché promette di modificare la legge sul pensionamento e, una volta al governo, quella legge non si tocca.
    E poi… per essere assunto come bidello occorre la fedina pulita e per essere eletto parlamentare no.
    Ancora… si viene eletti in un partito e nel corso della legislatura lo si lascia per iscriversi ad un altro e infine al Gruppo Misto.
    Conclusione? La volontà espressa nel voto viene annullata, calpestata, derisa. Per cui? Per cui, chi crede che il voto politico sia l’espressione massima della ‘stato civile’ (democrazia, assenso, dissenso, uguaglianza e libertà) si vede turlupinato, degradato a comparsa in una farsa di cui non vuole più far parte, perché lo fa piangere!

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