Politica

Chi d’austo ‘n s’è vestuto, vierno ‘ncuollo c’è venuto

di Francesco De Luca

 

Letteralmente: chi in agosto non si è vestito, l’inverno gli è addosso. Per analogia: chi in agosto ancora non ha provveduto alle sue necessità, l’inverno mal lo colse. E’ un proverbio popolare ponzese, che vado ad analizzare.

Faccio subito notare come io abbia dovuto esprimermi in modo complesso per rendere esplicito un monito tanto saggiamente condensato in quattro parole. Cosa vuol dire? Vuol dire che la vita i nostri padri tendevano a considerarla nel suo insieme. Come un ‘unicum’ in cui l’esistenza materiale ( corporale ) si compenetrava con quella valoriale, e la natura si mescolava e interagiva con l’umanità e le sue esigenze. Poi… poi si è imposta l’ansia delle divaricazioni, delle settorializzazioni. L’aspetto economico si è allontanato da quello etico, il religioso dal civile, il privato dal pubblico e così via. Processo questo che è logico e comprensibile… sempreché non si radicalizzino le separazioni e, poi, si osteggino. L’unità dell’essere umano appare vivisezionata nei particolari suoi aspetti, e sviscerata nelle parti interne ma, ahimé, in contrasto con se stesso. E perciò insicuro, zoppicante, inaffidabile, mendace. Ne volete un esempio? Si pensi all’aspetto politico della vita. Tutti noi pendiamo dalle labbra dei nostri politici per quel che affermano, per quel che assicurano e… sappiamo bene che sciorinano promesse che non manterranno. Diamo loro un consenso, pur sapendo che stanno mentendo. E, come giudicare il fatto che le informazioni che circolano e che, in teoria dovrebbero indirizzare i nostri comportamenti sociali, sono fraudolenti, perché dettati da interesse di parte? Ne consegue che ciascuno di noi si sente inserito in un contesto ( civile, sociale, politico ) in cui è protetto a tal punto che può lasciare ad esso la sua responsabilità personale. Nessuno è più responsabile direttamente della sua scelta e del suo operato, perché c’è una struttura che lo ingloba e che lo deresponsabilizza. Per cui si cade mentre si cammina e… la responsabilità è del manto stradale insicuro; si sbagliano i compiti e… la responsabilità è dell’insegnamento difettoso; si fanno le guerre e… la responsabilità è di un aggressore, a sua volta aggredito da chi si dichiara aggredito, dopo aver aggredito. Una commistione di interessi, dichiarazioni, speranze e frustrazioni, talmente intricata ( e mendace ) che chi sostiene baldamente di essere contrario alla guerra la alimenta fabbricando e fornendo ai contendenti armi a più non posso.

Un articolista prestigioso qui infarcirebbe il suo argomentare con citazioni, autori, cifre e date. Non sono tale e non mi avvalgo di tali supporti. La basica logica comune mi suggerisce che non ci siamo muniti degli strumenti giusti per affrontare con serenità il futuro. In altri termini: per agosto non ci siamo vestiti a dovere e dovremo aspettarci perciò un inverno di disagi.

Beh… io, prima di passare alle visioni future direi di riflettere bene sullo stato in cui siamo. Riflettere… per rimediare, ove ce ne fosse bisogno. Riflettere… su cosa? Direi anzitutto a considerare gli aspetti della vita, della nostra vita, nel suo insieme e nella sua  ‘unicità’  diversificata. Per accollarci la responsabilità delle scelte. Quelle individuali, dico, quelle familiari, quelle locali, quelle planetarie. Il fatto che gli agenti atmosferici si manifestino aggressivamente dipende anche dalle scelte ( personali ) di perseguire il proprio comodo contro il bene comune. E la presenza di un clandestino accanto a noi è la conseguenza di conflitti tribali in una parte del globo dove la democrazia è parola vuota, anche perché le democrazie occidentali operano a dispetto dei diritti di quei popoli. E l’appello del Papa inumidisce gli occhi ma non muta i comportamenti ipocriti di chi razzola male.

Noi siamo responsabili del disastro prossimo venturo. Se non facciamo qualcosa siamo conniventi con chi al disastro mira con volontà determinata. Abbiamo il potere di decidere politicamente, di operare economicamente, di scegliere socialmente. Nei limiti della dimensione individuale ma il potere lo deteniamo: io, tu, lui, loro, noi.

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