De Luca Francesco (Franco)

Progressi (1)

di Francesco De Luca

 

Facciamo progressi

Abbiamo un mondo interno. Ne prendiamo consapevolezza raramente perché l’impellenza della vita reale, quella quotidiana, preme e richiede partecipazione, per cui lasciamo indietro quanto è depositato nel nostro intimo. Frutto di esperienze, di gratificazioni e contrasti. Il nostro animo è un magazzino prezioso di quanto è accaduto, lasciato lì a garanzia, non dimenticato.

Tutto sta lì, e di tanto in tanto viene sollecitato a intervenire a supporto di tesi, di credenze, di dinieghi. L’oblio opacizza alcuni tratti, la vecchiaia logora le circostanze ma, in generale, il mondo interiore è chiuso da porte d’acciaio, brilla con scintillìo aureo, ha il potere di un capitale, benché usurabile.

Ed è quello che condiziona l’impatto con la realtà oggettiva esterna o mondo esterno. Quello che ci circonda in quanto a umanità, a fisicità, a relazionalità. Ambiente e società. In questi due termini si può racchiudere la realtà esterna.

Questi due mondi (quello interno e quello esterno) si intrecciano, confliggono, si apparentano, si attraggono e si disprezzano, nel loro muoversi con gli eventi, nella durata del tempo che corre. Fanciullezza, adolescenza, maturità, vecchiaia.

C’è la volontà che sceglie, organizza, direziona, e c’è il caso che ingarbuglia, contorce, porta a compimento.

La vita procede. A linee rette? Magari!

In questo caso sarebbe prevedibile, pronosticabile. Veloce, bizzosa, stravagante ma pur sempre prevedibile. Macché ! Il suo progredire non è facilmente pronosticabile, anzi, a dirla tutta è problematico, nel senso che i giudizi sui valori che lo sostanziano, variano.

Questo misto di razionalità e di aleatorietà, di caos e necessità ha generato nella logica dell’analisi un nuovo concetto: la complessità. Con la quale si intende una realtà che si modifica nel suo stesso procedere. E quello che era stato considerato fino a quel momento un fenomeno positivo, non lo è più o, quantomeno, si è ridimensionato nel suo valore. Esempio banale. In gioventù si persegue il successo, quello stesso che in vecchiaia si giudica aleatorio. Meglio puntare sulla salute. Proprio quella che in gioventù non viene percepita come valore primario. Lo stesso fatto, nel definirsi, si scompone, si trasforma, si decompone.

Di immutabile diventa evidente la mutabilità. Di necessario si accerta esservi soltanto l’aleatorietà.

In un contesto del genere il progresso, in quanto valore oggettivo, ravvisabile, non trova un riscontro certo e unanime. Il progresso della civiltà umana, ovvero il miglioramento delle condizioni di vita, si struttura attraverso percorsi intrecciati, perché il mondo soggettivo deve trovare intese col mondo oggettivo, così come il mondo oggettivo deve potersi intrecciare proficuamente con quello soggettivo. Talora ciò avviene e il progresso si realizza. Ma il suo riscontro non è automatico, anzi, deve superare diversi gradi di criticità.

Perché ho esaminato questo dinamismo? Perché ciascuno di noi dovrebbe dedicare attenzione a questo processo che, anche inconsapevolmente, opera in  noi.

Se la storia siamo noi, se la vita è quella che noi consumiamo e creiamo, nostra è la responsabilità di ciò che avviene. E allora… ciò che avviene e si realizza è frutto dell’intreccio fra il nostro mondo interiore e il mondo esterno.

Anche negli eventi locali, in quelli personali, in quelli paesani occorrerebbe prendere coscienza di questo processo e sentirne il peso.

Quale comportamento individuale può, in qualche modo, essere messo in atto? Risposta: quello dell’attenzione. Non lasciare alle abitudini ciò che va soggetto ad una valutazione aggiornata; rivedere i giudizi in base alle nuove evidenze; rifuggire dalle credenze immutabili e dai convincimenti inossidabili. I mutamenti generati dai fatti reali occorsi ingenerano mutati valori.


La natura non si muove in linea retta e, facendo parte di essa, neppure noi
(Gloria Steinem – 1934).

A questo punto della trattazione dovrei introdurre un altro concetto che rende circolare tutto il ragionamento e lo porta alla sola conclusione oggi possibile. Il concetto è: sostenibilità. Giacché, al punto in cui siamo, ogni intervento umano deve avere come parametro di fattibilità la sostenibilità. Ad ogni livello. Anche a quello individuale, al quale io mi rivolgo affinché gli argomenti non appaiano teorici e fuori dalla portata della realtà fattuale.

E tuttavia avverto che introdurre adesso le ragioni della sostenibilità sia foriero di noia. Meglio fermarmi e dare appuntamento ad un ulteriore articolo.

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