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Scudetto al Napoli. Omaggio a una grande vittoria che va oltre lo sport

di Vincenzo Ambrosino

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Ho un amico molto famoso, produttore cinematografico, tanto famoso da aver vinto un Oscar, che è un grande tifoso del Napoli. Lui non capiva come era possibile che dei ponzesi potessero essere tifosi del Milan, dell’Inter o peggio della Juventus. Però allegro un giorno mi disse: “Ho scoperto che tuo figlio Massimo è tifoso del mio Napoli”. Ma comunque l’altro mio figlio, simpatizzante dell’Inter come me e appassionato di pittura, ha regalato all’amico produttore, prima che lui partisse da Ponza, un ritratto del grande Diego Armando Maradona, l’uomo della provvidenza per il Napoli. Il produttore quell’omaggio lo ha accettato commosso e devo dire, visto che quest’anno il Napoli ha vinto il suo terzo scudetto, che quel regalo ha portato fortuna.

Io ho vissuto diversi anni a Napoli ed ho capito che quella città è un laboratorio per comprendere dove il mondo andrà a finire, ma anche da dove il mondo potrà ripartire. Da una parte va in scena la completa assuefazione ad una società del “reality” dove si vive nella finzione, in balia della propaganda che porta in scena quotidianamente l’arte di arrangiarsi, ma la materia la offre il sistema; e dall’altra nel mondo dell’utopia e della resistenza, che diventa a volte filo- borbonica, a volte meridionalista, a volte rivoluzionaria che vive in piccole comunità e rivendica per la sua città il ruolo di capitale del sud del mondo a cominciare dal mondo mediterraneo.

In questo giorno di festeggiamento del terzo scudetto non posso non ricordare Maradona che è stato un grande artista del calcio, come forse Mohammad Ali lo è stato nel pugilato: uomini che vanno oltre lo sport, oltre al ruolo che gli appioppa la società dell’immagine .

Maradona è stato quello che il 22 giugno 1986 ha segnato un goal di mano contro gli inglesi, ma alcuni anni prima gli inglesi si erano appropriati delle isole Argentine con la forza militare.
I due Paesi si scontrarono militarmente nel 1982 per il controllo delle Isole Falkland su cui l’Argentina reclamava la sovranità, che invece restò all’Inghilterra.
Quella sconfitta militare ebbe il  merito di contribuire alla fine del regime militare  in Argentina, ma la rabbia e le ingiustizie imperialiste in Sud America erano fortissime. Il popolo argentino era vittima dei suoi governanti e degli imperialisti nord americani.  Maradona era rappresentante e idolo di quel popolo.

Ma dopo aver fatto quel goal antisportivo con ‘il pugno di Dio’, Maradona segnò un goal agli stessi inglesi che è rimasto nella storia del calcio mondiale: partendo da centrocampo, lui piccolo e sudista, ha messo a sedere  i super dotati anglosassoni, arrivando a scartare anche il portiere e segnando a porta vuota.

E poi Diego Armando Maradona arrivò a Napoli, arrivò in quella città del sud d’Italia, di quel sud sempre in vendita.

Maradona dice no agli Agnelli che erano in quegli anni i padroni d’Italia in tutti i campi: politico, economico e culturale. Maradona disse: “Agnelli mi chiamava continuamente promettendomi cifre pazzesche. Gli risposi che non avrei mai potuto fare quest’affronto ai napoletani perché io mi sentivo uno di loro e non aver mai potuto indossare altra maglia in Italia“.

In tutti i quartieri di Napoli Maradona è presente in immagini, poster, murales e anche edicole e non solo perché ha dato soddisfazioni sportive a quel popolo ma perché ha rappresentato quel popolo, ha in parte inorgoglito quel popolo quando ha urlato al mondo “che Napoli non era sporca, ma che era l’Italia a sporcare Napoli”.
Quelle sono parole di un uomo che usa i piedi per dimostrare la sua dote, ma a muovere quei piedi c’è un cervello ed un cuore di meridionalista che vuole dare voce, a tutti i popoli del mondo.

Diego Armando Maradona rifiutò nel 1987 un premio negli Usa dicendo: “Io il premio lo vado a prendere a Cuba”.
Diego era grande amico di Fidel Castro e di Hugo Chavez.

“Diego fu individuato dai due leader cubano e venezuelano come uomo guida  dell’Alleanza Bolivariana per le Americhe (ALBA) in funzione anti-imperialista. L’emblema era un pugno chiuso, come quello che Diego usò al mondiale contro l’Inghilterra, vendicando gli argentini uccisi in battaglia dai colonizzatori inglesi. Era il “Pugno De Dios”. Simbolo del riscatto di tutto il Sudamerica.

Diego fu spesso il coordinatore dei presidenti socialisti di quei paesi. Con loro nel 2005 diviene il “macchinista” del treno dell’ALBA che porta migliaia di persone a Mar Del Plata per affossare l’ALCA, il trattato di libero scambio che Bush voleva imporre per colonizzare il Sudamerica. Diego è il protagonista di quella impresa. Acclamato dalla folla come un leader rivoluzionario, sale sul palco con Chavez indossando la maglietta “Bush War Criminal”. Gli USA escono per la prima volta sconfitti da un vertice.

Oggi ha vinto un altro Napoli, ha vinto un collettivo e non posso trovare parole più appropriate e poetiche di quelle che ha trovate questo grande tifoso napoletano che ha ricordato tutti gli interpreti di questo scudetto.

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Complimenti al Napoli e ai napoletani

 

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