Usi e Costumi

L’angolo di Lianella/44. Il Natale antico del mio paese

di Amelia Ciarnella

In questo periodo mi capita spesso di pensare con grande nostalgia al Natale dei tempi passati del mio paese!
Quanti ricordi mi affiorano nella mente e li vedo passare come in un film! Ecco il corso principale e unico, dove il solito vecchio aveva già acceso nel posto più centrale, un ceppo natalizio enorme e di tanto in tanto attizzando qualche pezzo bruciato, faceva volare per aria centinaia di scintille di fuoco, da somigliare ad uno spettacolo pirotecnico che incantava, specie i bambini di allora!

Le cantine erano strapiene di uomini, ma erano là non tanto per bere o giocare, ma soprattutto per chiacchierare e rievocare gli avvenimenti più recenti del paese, in particolare quelli più divertenti. Come ad esempio l’ultima “impresa” compiuta dalla solita donna del posto che pur essendo benestante, era una ladruncola da strapazzo, che tutti conoscevano bene e quando poi veniva scoperta e svergognata dalla persona derubata, se ne rallegravano tutti e speravano avesse imparato la lezione e non ci riprovasse più, anche se la persona derubata non sporgeva mai la denuncia poiché costei si limitava a rubacchiare frutta, formaggi, olive e qualche pollo o coniglio.
Ma una volta le andò molto male, poiché andò a rubare nel casolare di un guardiano di terreni, il quale portava sempre con sé il fucile a tracolla e vistala con il canestro già pieno di frutta e cose varie, pronta per andar via, la puntò sulla gamba di proposito e le sparò, centrandola meglio di un cecchino. Tanto che la pallottola data l’eccessiva vicinanza entrò da una parte e uscì dall’altra forandole la caviglia. Lei però ebbe la forza di uscire dal podere del guardiano senza urlare, prima di accasciarsi a terra per il forte dolore. Poi chiese aiuto e il primo che le si avvicinò fu proprio il guardiano che le chiese cosa le era successo! E lei di fronte a tutti disse di essere caduta e di essersi fatta male. Si rifiutò perfino di andare in ospedale e si fece accompagnare a casa dove rimase. Nessuno seppe mai chi la curò. In seguito guarì ma rimase zoppa. Continuando però sempre la stessa attività rubacchiando qua e là.

Ma ruberie a parte, il mio paese di oggi è completamente diverso da quello di una volta, anche perché gli abitanti originali sono scomparsi quasi tutti e insieme ad essi anche le tradizioni antiche.
Il paese di oggi è abitato per la maggior parte da gente di altri paesi, che avranno le loro tradizioni e rispetteranno quelle. L‘unica cosa che forse ancora qualcuno farà, se in casa c’è la persona capace di farle, saranno le zeppole che, nel Natale di una volta primeggiavano sempre poiché era l’unico dolce che si mangiava.

Ma i giovani di oggi non pensano a nessuna tradizione e preferiscono dolci più sofisticati, oltre che belli, buoni e costosi. Ed è proprio questa la differenza perché nei tempi passati di soldi se ne vedevano molto pochi e nemmeno ci si pensava. L’importante era avere in casa tutto ciò che serviva ad alimentarsi, dopodiché si godevano la festa creando loro stessi quell’atmosfera serena, con semplici cose, come trascorrere insieme delle belle serate giocando a tombola per tutto il periodo natalizio.

Generalmente si riunivano senza invito perché si conoscevano tutti e più erano e più si divertivano.
Quando giocavano a tombola, chi estraeva i numeri, conosceva già il significato di molti numeri, come 47 il morto che parla, 22 i pazzi e di molti altri ancora. E per ogni numero ci faceva un commento. E fra battute spiritose, scherzi, frasi allusive che suscitavano continue risate, la serata passava in allegria e si tornava a casa contenti e soddisfatti.
Una sera in mezzo a tanti c’era anche un uomo, ovviamente del posto, che si riteneva un po’ privilegiato poiché aveva superato i suoi cinquant’anni e ancora non erano riusciti ad “affibbiargli” un soprannome. A quei tempi i soprannomi erano quasi più importanti dei nomi veri, perché quando cercavano qualcuno attraverso il suo nome di nascita, nessuno riusciva a identificarlo, ma bastava solo accennarne il soprannome che subito si capiva chi fosse.

Ma quella sera come fu e come non fu, il suddetto “privilegiato” tornò a casa con un soprannome inventato proprio da lui stesso.
Successe che per l’intera serata, questo paesano non aveva fatto altro che giocare e perdere sempre. E visto che era anche un tantino tirchio, gli si leggeva sul viso che era scontento come nessun altro.
Cominciarono l’ultima passata dopodiché sarebbero rientrati tutti a casa perché era tardi. Decidendo fin dall’inizio di sorvolare sugli ambi, terni, quaterne, cinquine e fare soltanto la tombola finale cosicché il vincitore avrebbe vinto molto di più.
A questo punto la fortuna del “privilegiato” cambiò e gli fece fare tombola, recuperando in una sola volta tutti i soldi persi durante le giocate precedenti.
E tanta fu la sua gioia che appena ebbe sentito il numero che lo dichiarava vincente, invece di dire “tombola”, scattando in piedi e battendo il pugno sul tavolo disse forte: “Basta cazzi!” E si fregò. Poiché da quel momento in poi si conquistò il soprannome di “Bastacazzi” e nessuno glielo tolse più.

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