Mare-letteratura

L’eterna lotta tra il fuoco e il ghiaccio

segnalato da Sandro Russo

Sul sito abbiamo ripreso qualche articolo della serie Finis Terrae: un ciclo di articoli su la Repubblica in cui Fernando Gentilini racconta i paesi di alcune aree strategiche del mondo attraverso i classici e la storia:
Comprendere la geopolitica attraverso la letteratura
Lo scrittore va alla guerra
Qui di seguito una ulteriore proposta di lettura, pubblicato su la Repubblica il 17 settembre 2022, tra mito, letteratura e attualità.

Una discesa nel Maelstrom di Edgar Allan Poe, illustrata da Arthur Rackham

L’ultima guerra tra il Ghiaccio e il Fuoco
di Fernando Gentilini

Il mito nordico ha anticipato la ribellione della Natura contro l’uomo. Raccontato poi da Verne e Poe. Ora rischiamo che il presagio si avveri

Nell’antemondo nordico il Ghiaccio e il Fuoco erano creature mostruose. Si combattevano dall’inizio dei tempi, a colpi di cataclismi. Finché un giorno decisero d’incontrarsi sul precipizio tra il Buio e la Luce, generando la prima goccia di vita. Una genesi senza dèi, dominata dalla furia della Natura. Che somiglia tanto a quella che i glaciologi hanno trovato scritta nei carotaggi di ghiaccio polare, a riprova delle infinite corrispondenze tra scienza moderna e antiche cosmogonie.

Fu un islandese, Snorri Sturluson, a codificare il mito norreno (*), otto secoli fa. Dalla sua Edda discende la devozione degli abitanti dell'”isola pianeta” per il soprannaturale, e il loro rapporto fuori dall’ordinario con il non-umano. E sì, perché gli islandesi sono figli di un gigante e di una mucca di brina, e parlano quotidianamente con le fate e con gli elfi. Soprattutto, gli islandesi sanno sentire la vita pulsare anche laddove tutti gli altri vedono solo cose inanimate. A cominciare dalle profondità dei ghiacciai.

Ecco perché in Islanda, quando muore un ghiacciaio, se ne celebra il funerale. Il primo, quello dell’Okjökull, ebbe luogo tre anni fa, e fu un affare di Stato. Ma stando agli scienziati e a quel che ci racconta Andri Snær Magnason nel suo Il tempo e l’acqua, la stessa sorte potrebbe toccare nel giro di qualche decennio anche ad altri “giganti bianchi” islandesi, incluso lo Snæffelsjökull, che ammanta il vulcano omonimo, la cui massa si fa più sottile anno dopo anno.

Lo Snæffelsjökull non è un ghiacciaio qualsiasi, ma quello da dove Verne iniziò il suo Viaggio al centro della terra, quindi una specie di icona. Scientificamente il romanzo vale poco, pura fantascienza. Ma oggi quell’intuizione di partire proprio dalle profondità di un ghiacciaio/vulcano dalle parti del polo per svelare il mistero del mondo, in un contesto in cui vediamo salire la temperatura terrestre e sciogliersi le masse ghiacciate, assume un significato vastissimo.

Lo scrittore Jules Verne (1828-1905)

Prima di Verne la riduzione dei ghiacci artici era stata osservata da balenieri e cacciatori di foche nei mari della Groenlandia. Uno di loro, William Scoresby Jr, fu il primo nel 1820 a scriverci sopra un libro. Era l’inizio della rivoluzione industriale, e da allora il fenomeno si sarebbe solo intensificato; tanto è vero che oggi, dopo due secoli di emissioni indiscriminate di gas nocivi, le foto satellitari rivelano una massa glaciale che continua a ridursi impietosamente, a tutte le latitudini e in tutti i continenti.

Eppure, sembra incredibile, c’è ancora chi minimizza. Chi ad esempio di fronte alla riduzione della calotta artica pensa a nuove opportunità minerarie o per la navigazione mercantile invece di preoccuparsi delle conseguenze ambientali e prima ancora di un pianeta che senza ghiaccio non avrà più coscienza di sé. Nel ghiaccio polare, più che negli anelli dei tronchi d’albero o nei sedimenti marini, è scritta la storia climatica della Terra. E se sparisce, oltre alla memoria, perderemo pure la possibilità di prevedere il futuro.

I carotaggi polari ci dicono che lo scioglimento del ghiaccio marino provocherà l’innalzamento del livello del mare, l’aumento della sua acidità e della temperatura globale. E che la serie di reazioni a catena innescate dall’emissione di gas, oltre al ghiaccio, minaccia la vita sul pianeta come l’abbiamo conosciuta fin qui.
Peter Wadhams, in Addio ai ghiacci, cita in proposito il poeta Francis Thompson e il suo “non si può muovere un fiore senza turbare una stella”: una regola sacrosanta se si vuole rispettare la Natura, cui però il Sapiens, da un certo punto in poi, non ha più dato importanza.

Se quindi non cambiamo stile di vita, a collassare come la Marmolada saranno prima i ghiacciai alpini, andini, himalayani, alaskani e islandesi. Poi sarà la volta dell’Artico e dell’Antartico, anche se con alcune differenze, dovute al fatto che il primo è un oceano ghiacciato circondato da terre emerse e il secondo una terra coperta di ghiaccio circondata dall’oceano. Il che tra l’altro spiega perché lo scioglimento procede a velocità diverse nei due casi, e il diverso livello di attenzione riservato ai due poli dalla politica internazionale.

Lo scioglimento artico preoccupa di più perché le sue conseguenze ambientali, a partire dall’impazzimento climatico, toccano da vicino i paesi più industrializzati; ma è in Antartide, dove per ora un trattato congela le rivendicazioni nazionali fino al 2050, che nel momento in cui il ghiaccio dovesse ritirarsi e rivelare nuove terre inesplorate, potrebbe scatenarsi una specie di Super Risiko planetario tra i giocatori che a vario titolo vantano pretese su di essa: Argentina, Australia, Francia, Regno Unito, Norvegia…

Per avere un’idea di cosa c’è in ballo basta osservare la corsa internazionale alle “terre rare”, cioè ai preziosissimi minerali dalle cui proprietà dipenderà il futuro sostenibile, come lo scandio, l’ittrio, i lantanidi… Tempo fa ha suscitato scalpore la spedizione organizzata in Groenlandia da Gates, Bezos e Bloomberg per cercarne nuovi giacimenti, provando a giocare d’anticipo su Cina e Russia. Ma è al polo Sud che ci sarà la resa dei conti, quando prima o poi diventeranno accessibili i tesori che per ora sono sotto la coltre di ghiaccio.

Verne aveva fiutato giusto anche qui, e non mi riferisco tanto all’avventura antartica del Nautilus, quanto alla sua infatuazione per la Storia di Arthur Gordon Pym di Edgar Allan Poe, che lo portò a cimentarsi con il sequel La sfinge dei ghiacci. In tempi di scioglimento delle calotte e riscaldamento di mari, il finale apocalittico concepito da Poe ha proprio il sapore di un presagio. Perché quel Gordon Pym alla deriva su un oceano antartico tiepido, lattiginoso e senza più iceberg, è l’immagine emblematica dell’uomo del nostro tempo, in balia di un pianeta che gli si sta rivoltando contro.

Lo scrittore Edgar Allan Poe (1809-1849)

Volevamo imitare la Natura, diventare “forza geologica”. Ma la fine dei ghiacciai, le inondazioni, i maremoti, le frane e le desertificazioni che abbiamo sotto gli occhi, ci raccontano un’altra storia: quella del Ghiaccio e del Fuoco che sono tornati a scontrarsi furiosamente, come nell’antemondo norreno, incuranti delle nostre riserve d’acqua, della vita vicino al mare e della temperatura del pianeta.
C’è solo un modo per evitare l’irreparabile: schierarci subito dalla parte del Ghiaccio eliminando le emissioni gassose! Altrimenti vincerà il Fuoco, e ci ritroveremo con oceani straripanti, bollenti e senza più iceberg come quello di Gordon Pym.

 [Di Fernando Gentilini – Da la Repubblica del 17 sett. 2022]


(*) –
Norreno – Aggettivo: Della lingua e della letteratura della Norvegia e dell’Islanda, dall’età vichinga fino alla metà del sec. XIV (dal web – ndr)

1 Comment

1 Comment

  1. Sandro Russo

    24 Settembre 2022 at 07:56

    Per dire dell’accelerazione che ha preso lo scioglimento dei ghiacci, e di cui sembra non ci rendiamo conto.
    Sul sito abbiamo pubblicato – come avventure ‘marinare’ in senso lato – l’epopea delle esplorazioni artiche e antartiche: meravigliose storie vere di avventura e di ardimento.
    Digitare – Shackleton – nel riquadro Cerca nel sito, in Frontespizio (almeno sette articoli dedicati). Si era nei primi decenni del 1900 e ancora i ghiacci stritolavano le navi che cercavano di farsi strada attraverso essi, come accadde all’Endurance di Shackleton.
    Poco più di cent’anni dopo – un attimo in termini geologici – stiamo assistendo allo scioglimento dei nostri ghiacciai e gli altri seguiranno.
    Gentilini è molto ottimista a scrivere che dobbiamo invertire rotta… Credo che siamo ben al di là della possibilità di farlo.

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