Racconti

Ponza, sempre Ponza. Anche in Mozambico


di Dante Taddia

Il solito ricevimento che come sempre si svolge in modo più o meno standard, per questo o quell’evento, in tutte le rappresentanze diplomatiche dell’Africa e non solo a Maputo dove mi trovavo, si stava animando e gli invitati stavano arrivando alla spicciolata. Già i primi avevano preso possesso delle posizioni strategiche, all’ombra di generose e fronzute piante africane o vicino ai cespugli fioritissimi di policromi ibiscus dalle forme e colori che soltanto il sole africano riesce cosi bene a evidenziare. Alcuni poi stavano sotto un pergolato di svariatamente colorate bouganvillee che dal bianco, al giallino pallido, dal tenue color pesca fino all’accesissimo cremisi, mostravano i loro inconfondibili fiori a grappolo; altri invitati invece si lasciavano inebriare dal profumo dei frangipane bianchi e rosa.


A completare il quadro dalla terrazza della Residenza dell’Ambasciata si poteva perdere lo sguardo verso il mare da cui proveniva una deliziosa brezza a stemperare il caldo della giornata. Le bevande ghiacciate non facevano in tempo a uscire dai frigoriferi che erano prese d’assalto dagli assetati, più che affamati, invitati. I soliti formali incontri, le solite presentazioni in cui inglese, spagnolo, italiano e portoghese caratterizzavano i vari saluti di quell’assemblea multietnica.

Fiore del frangipane (Plumeria spp) – foto Zachi Evenor

Stavo parlando con una ragazza made in London, molto british, in quel momento i riferimenti erano sul tempo molto variabile nella stessa giornata per commentare quindi con la solita battuta: it is very humid tonight. Lei, la mia interlocutrice, con nonchalance, dopo un laconico… indeed di risposta al commento, mi lascia e si serve generosamente di un sandwich ham and cheese accompagnandolo con una bella birra.

Mi trovo di fronte un signore, capelli brizzolati, sopracciglia folte; un rapido sguardo e, siccome la classe non è acqua, il taglio della giacca, la cravatta, scarpe e pantaloni, me lo fanno identificare senza ombra di dubbio come un connazionale e quindi in italiano mi presento: “Salve, sono Dante Taddia”. Di risposta in italiano mi risponde: “Salve, io sono Silverio…”.

Confesso di non aver udito il cognome perché il solo nome Silverio mi aveva portato immediatamente lontano migliaia di chilometri da Maputo per farmi sbarcare con la velocità del pensiero sulla nostra isoletta. Quel mare monocromo, che dalla terrazza dove mi trovavo potevo ammirare fino all’orizzonte, era diventato in un attimo il solo mare che esiste per me: il mare di Ponza dai toni dal turchese al cobalto, e le piante africane erano diventate d’un solo colpo ‘i palette ’i fichetine’.
– Silverio? – faccio io.
– Silverio – mi conferma, e aggiunge – ma non sono di Ponza. Il mio nome è il risultato del grande amore dei miei genitori che, stregati da quell’isola… beh, eccomi. Sono un Silverio non ponzese di nascita, ma d’amore. Sono il direttore della scuola italiana di Maputo intitolata a Giovanni Falcone. Durante la mia infanzia-giovinezza le estati sono quelle passate a Ponza; poi sempre più sparute le apparizioni fin quando fra Asmara, Mogadiscio e paesi limitrofi sono arrivato a Maputo…”.
Altri invitati lo e ci reclamano. – Ci sentiamo –  Ci rivediamo.  – Senza dubbio.
– Ti contatto perché voglio darti qualcosa che ti darà ancora più nostalgia di Ponza  –, faccio io.
Non ci siamo più rivisti come promesso: il Covid 19, le misure restrittive di prevenzione, il mio lavoro e mille altri pensieri mi hanno fatto dimenticare il mio impegno.
Fino all’altro ieri. Stavo preparando i vari documenti da consegnare per la fine della mia missione e in mezzo alle sudate carte scivola fuori il suo biglietto da visita, Silverio… Silverio = Ponza = mia promessa.
Ho portato dall’Italia alcune copie dei miei libri su Ponza, La Repubblica Partenopea a PonzaCronaca locale del 1799 Luigi Verneau e L’Americana.


Ieri mattina, come se non fosse passato che qualche minuto dal primo incontro, mi presento direttamente alla scuola italiana di Maputo, intitolata a Giovanni Falcone, e chiedo del direttore. Mi dicono che è in ufficio. Misura della temperatura corporea all’ingresso, disinfezione delle mani e mascherina: i nostri regolamenti anti-Covid sono molto rispettati.
Ci ri-incontriamo.
Abbasso leggermente la mascherina: – Salve, sono Dante Taddia. Che piacere rivederti. Mantengo la mia promessa anche se in ritardo… – e gli porgo i due libri La Repubblica Partenopea… Lo guarda: – Ma allora parli di Luigi Verneau… la lapide sul muro del Comune… Ponza… Non sai quanto sono felice. E guardando la copertina de L’Americana, ma… – un momento questo è il “Santa Lucia” vedendo la foto riportata sulla copertina insieme al Titanic e all’Andrea Doria : prende il libro a due mani e lo stringe forte. Eccomi di nuovo a Ponza. Accarezza i due libri: la carta patinata de L’Americana e la carta a mano, un po’ ruvida, de La Repubblica Partenopea …
– Ti faccio una dedica su entrambi i libri. Ti ho portato alcune copie per i ragazzi, gli insegnanti, per tenerli. Un libro cartaceo, qualunque esso sia, si può leggere senza doversi collegare a internet o a whatsapp! – Ridiamo entrambi della battuta.
– Grazie, saranno per la fiera del libro che faremo a giorni”.
– Allora ciao. Ci rivediamo a Ponza quest’estate?
– Magari! Non sai da quanto sto programmando di ritagliarmi qualche giorno da passare lì.
– Non sei il solo. Io spero che dopo tre anni di forzata lontananza, possa riuscire almeno a rivedere quel mare, quest’estate – gli faccio di rimando. Ci salutiamo con la recondita speranza di rivederci sull’isola.



Mi piace scrivere poesie in dialetto romanesco e per il Natale 2021 ho mandato gli auguri in questo vernacolo all’ambasciatore italiano, Gianni, senese, giocando proprio sul fatto di rivolgermi a un toscano in romanesco. Ne ho ricevuto gradita risposta ricambiandomi gli auguri.
E siccome Ponza è sempre e solo Ponza… un paio di giorni fa gli ho mandato un messaggio.
– Egregio Ambasciatore, sperando di fare cosa gradita, mi permetto di lasciare il giorno 27 aprile 2022 presso il servizio della sicurezza all’ingresso, due libri di cui sono l’autore (oltre che scrivere i versi in romanesco posso anche scrivere in italiano). Per ovvie ragioni di sicurezza, La informo in anticipo, i due libri sono in una busta aperta, con il mio biglietto da visita. Lascio anche alcune copie per i suoi collaboratori. Cordiali saluti. Dante Taddia, er poveta romanesco.
Molto signorilmente mi ha subito risposto: – Molte grazie per il gentile pensiero. Li leggerò con piacere presto e glieli commenterò – e ha confermato direttamente agli incaricati della sicurezza che sarei arrivato con i libri.
Inutile dire che all’ingresso, avendo ricevuto in copia il messaggio inviato, sapevano chi ero e che cosa avrei portato. Il carabiniere di servizio, con un bel sorriso, mi ha chiesto se erano scritti in romanesco come le mie poesie: – No, in italiano” – gli faccio di rimando.
Allora me li leggo subito – mi risponde, prendendo in consegna il pacco dei libri. E da ieri mattina oltre che alla Scuola italiana anche all’Ambasciata italiana di Maputo si parlerà ancora di più della nostra stupenda isola.


La prima foto dell’articolo: Dante a Ponza, nell’agosto 2010 (a cura della Redazione)

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