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Ancora sulla Scuola. Dalla rivista inNatura. Per qualche strano caso, l’interesse da parte del sito ad un particolare argomento – la scuola, nel caso specifico: leggi qui -, indirizza l’attenzione ad articoli correlati che compaiono sulla stampa. Come è accaduto per questo approfondimento pubblicato sulla rivista trimestrale inNatura, di cui abbiamo segnalato l’uscita proprio qualche giorno fa: leggi qui. Chi ha ucciso la Maestrina della Penna Rossa? Il ruolo sociale dell’insegnante è cambiato in meglio o in peggio? Molto sì è detto sulla scuola, molto ancora si dirà tra DaD, DDI e banchi con o senza rotelle. Ma pensando liberamente a tutto questo, la mia mente va alla Maestrina della Penna Rossa, personaggio con l’unica nota di colore che la mia memoria attribuisce a Cuore, vetusto romanzo di formazione (1888), che tratteggia il carattere dell’Italia che si voleva; i nostri lettori meno giovani certamente ricorderanno. Un corpus narrativo di un mondo ormai inesistente, raccolta di valori allora indiscutibili ed assoluti in purezza e definizione, faro nella nebbia delle trasformazioni sociali a seguire. Un anno a Pietralata / Albino Bernardini. – Firenze : La nuova Italia, 1973., 150 pp. Vent’anni più tardi Lina Wertmüller sarà sedotta dallo stesso soggetto, con il più famoso Io speriamo che me la cavo, dove un inedito Paolo Villaggio ci fa desiderare di averlo avuto dietro la cattedra. Wertmuller. Villaggio. Locandina film (1992); dal romanzo omonimo di Marcello D’Orta (1990) La scuola delle fiction Adolfo Scotto Di Luzio. La scuola degli Italiani (2007) Ma perché? Sono molteplici le concause che ci hanno portato ad oggi dove il Covid -19 spaventa come la Spagnola di più di cent’anni fa, in una società in cui la Scuola non è più il luogo della fatica, dello studio come trampolino di lancio per una crescita sociale e di benessere, che giustifichi e dia un senso ai sacrifici di genitori appena in grado di scrivere il proprio nome; oggi è invece un posto dove i ragazzi mettono da parte il sudore dello studio, dell’acquisizione delle conoscenze, a favore dello sviluppo delle competenze (più del sapere è impor-tante il saper fare), mentre i genitori vanno a lavorare per mantenere la baracca e forse permettere ai propri figli di avere una vita come la loro. E la scuola democratica? A completezza di ragionamento Wikipedia, alla voce ‘Storia dell’istruzione in Italia’, riporta quanto segue del pensiero di Di Luzio: “Leggi e direttive degli ultimi anni, trasversali alle diverse forze politiche, hanno imposto un modello di scuola “confindustriale”, che «muove nella direzione di uno scuola di formazione, conforme alle esigenze del lavoro», nel quale «storia, filosofia, letteratura, persino la matematica, non contano più. Tutto quello che i docenti sanno, non vale nulla», gli insegnanti «sono considerati portatori di un sapere vecchio e inutile, non aggiornati, e additati come ultimi depositari di privilegi ingiustificati», e si genera un’istruzione lasciata al mercato, alle risorse dei singoli” [chi scrive non ha saputo recuperare la fonte originale]. A tutto ciò va aggiunto l’aspetto puramente amministrativo ed infrastrutturale: all’ammodernamento dell’apparato ministeriale, con gli organismi degli ex provveditorati allo studio (oggi uffici regionali e provinciali), l’aggiornamento professionale dei docenti e dei maestri, non è seguito di pari passo l’ammodernamento delle strutture edili che ospitano le scuole, solo per citare il più vistoso dei problemi infrastrutturali scolastici: note le cronache di edifici ottocenteschi con soffitti che crollano, o reti LAN o WiFi inefficaci o inesistenti, in tempi di Didattica Digitale Integrata, fondamentale per non interrompere la funzione didattica dei docenti, mentre però in strada sfilano automobili ibride e si ipotizzano basi spaziali sulla Luna. L’ex ministro del Miur, Lorenzo Fioramonti, predecessore della Azzolina, dimissionario a fine 2019, così motivava: “La verità è che sarebbe servito più coraggio da parte del governo per garantire quella linea di galleggiamento finanziaria di cui ho sempre parlato [tre miliardi di curo – n.d.r.] soprattutto in un ambito così cruciale come l’università e la ricerca, vero motore del paese che costruisce il futuro di tutti noi. Il tema non è mai stato accontentare le mie richieste, ma decidere che Paese vogliamo diventa-re, perché è nella scuola che si crea quello che saremo”. [di Marianna De Padova, da inNatura, anno 6, n °3] File .pdf dell’articolo originale: SCUOLA. Chi ha ucciso la Maestrina della Penna Rossa? Nota
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