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L’isola e le sue radicidi Francesco De Luca . Questa mattina, uscito fuori al cortile, ho avvertito il canto del gallo rompere la quiete. Con mio grande stupore perché sono anni che il poggio della Madonna non era allietato da questo canto. Mi ha fatto piacere la sorpresa. Perché? Perché riporta indietro negli anni quando tutta la collina era convissuta con animali da cortile. Ogni famiglia con un bocconcino di terra tirava su galline, anzitutto, e poi conigli e finanche i colombi. L’andare indietro nella memoria dona pace allo spirito, è ormai verità psicologica, nonostante che il passato sia stato più misero materialmente e la vita più lavorata. L’oblio cassa le avversità patite e tutto si mostra sereno. Nel ricordo domina la sicurezza giacché tutto quanto è già accaduto e archiviato. È più facile lasciarsi andare ad immaginare perché il reale è trascorso e l’irrealtà è facilmente dominabile, anzi, piacevolmente dominabile. Canta il gallo, e un altro risponde. Da più lontano perché la sua voce è flebile. Il rincorrersi dei suoni animali attesta soltanto un domicilio permanente, ossia, una residenzialità che vuole rimanere a Ponza, nonostante il disagio invernale. Che incombe. Come ogni fine estate. Per decenni non l’ho avvertito questo disagio con la durezza di questi ultimi anni forse perché anche io migravo con la famiglia all’apertura delle scuole. Si andava nelle città sulla costa, come fanno i compaesani, per seguire gli studi dei figli, e l’impegno professionale. Due fattori, questi ultimi, che oggi sono venuti meno e che hanno annullato, per quanto riguarda la mia situazione, l’esodo. Essi portano in evidenza lo stato in cui versa la comunità ponzese durante il periodo invernale. È da decenni che osservo e rifletto e scrivo su questo argomento (fu oggetto di un libro: Ponza, quale futuro? – 1982) e qualcosa mi appare più chiaro nelle dinamiche ma non ho pretese di indicare la strada maestra per venirne fuori. Tanto più che i fenomeni sociali, dal 1980, sono cambiati e producono cambiamenti. Basti pensare alla evidenza traumatica che sta vivendo la situazione climatica, connessa con quella eco-sistemica, connessa con quella socio-economica. Non possiamo pensare che, essendo staccati dalla terraferma, siamo lontano e fuori dai problemi planetari. Questi essendo macro-fenomeni, tendono a soffocarci. Per cui, sottolineare la particolarità insulare del territorio e la singolarità culturale sono obiettivi da perseguire. Da chi intende farsi carico del destino dell’isola. Parlo, per essere chiaro, degli imprenditori del settore turistico. Turismo a terra: di pernottamento, permanenza e svago; turismo a mare: di approdo e di svago. Hotel, appartamenti, B&b, ristorazione, approvvigionamento, abbigliamento, locomozione, per quanto riguarda a terra. Pontili, noleggio, custodia natanti, per quanto riguarda a mare. La mia è una disamina superficiale che sta ad indicare un obiettivo prioritario: quello di riflettere su queste tematiche a livello di forze locali per fotografare l’esistente e individuare i punti di sviluppo. Perché, se è chiaro che i giovani di Ponza dovrebbero trovare in questa trama economica una loro collocazione, è altresì vero che tutte le imprese operanti più sono robuste più tendono ad espandersi, allargando la quantità dei servizi offerti, restringendo la possibilità ai giovani di incunearsi nella trama stessa. In un regime di totale libertà il pesce più grosso mangia il più piccolo. Non è una citazione dotta da economista ma è la realtà dei fatti. Devi essere collegato per poter inserire un commento. |
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