Ambiente e Natura

Ponza, isola di storia e di mistero

di Silverio Lamonica
Le rocce su cui è edificato il Cimitero dell'isola. Dal Blog

 

“Christine Whittemore è una poetessa, saggista e romanziera inglese. Vive per lo più nella sua casa di campagna a Gloucestershire (U. K. ), talvolta in Pennsylvania (U. S. A.) Ha vinto molti premi letterari” [dal suo blog].
Di recente ha pubblicato il romanzo “Inscription” che è stato “concepito” nella nostra isola, avendone subito il fascino, come lei stessa afferma nell’articolo pubblicato nel suo blog, consultabile nel file allegato e che ho tradotto dall’inglese.
S. L.

Inscription. Book

http://www.christine-whittemore.net/blog/2015/8/8/ponza-island-of-history-and-mystery

“Ponza, isola di storia e di mistero”
di Christine Whittemore

“Al largo della costa italiana, nel Mar Tirreno, c’è un piccolo arcipelago: le Isole Pontine. Sono Ponza, Ventotene, Zannone, Palmarola, Santo Stefano e Gavi . La più grande è Ponza. La visitai per la prima volta nel 1979 quando l’uomo che era appena diventato mio marito (e ancora lo è) vi progettò una gita a sorpresa, dalla capitale italiana, dove abitavamo.

Esito a dire che posto magico sia questo… perfino ai miei pochi ma fedeli (!) lettori. Candide rocce vulcaniche, limpide acque blu – verdi; case dai colori tenui abbarbicate sulle ripide rocce, la chiesa con la sua cupola nel centro del paese, raccolto intorno al porto.

Tornammo dopo molti anni, assieme a due nostri figli, adesso abbastanza cresciuti. Durante questo secondo viaggio la guardai in modo diverso. Ormai pensavo ad un libro.

Ponza e Ventotene (allora chiamate Pontia e Pandataria) nella Roma imperiale erano luoghi di esilio, dove gli imperatori mandavano i membri della famiglia che li importunavano o gli avversari politici.
Oggi un’isola nel Mediterraneo è un sogno festoso, ma nell’antica Roma queste erano mete terrificanti. Essere banditi dal cuore dell’Impero, nella disgrazia più totale, vivere coi pescatori su uno scoglio arido e primitivo, sotto la vigilanza dei soldati, temendo in ogni momento i sicari dell’imperatore, era questo un destino terribile. Augusto mandò sua figlia Giulia a Ventotene; la madre di Caligola, Agrippina Maggiore e suo figlio Nerone (non l’imperatore) furono esiliati rispettivamente a Pandataria e Ponza, e morirono su queste isole, probabilmente assassinati o spinti al suicidio; e la lista prosegue. Tra i nomi famosi degli esiliati nel mondo antico, c’è quello di Flavia Domitilla.

Ma c’è confusione in merito a Flavia Domitilla. Le fonti antiche si contraddicono. Sono varie le versioni: la madre di sette figli mandata a Ventotene, una ragazza mandata a Ponza, un’Ebrea, una Cristiana, esiliata per questa ragione o per quella. E da qualche spunto di verità storica nacque, attraverso i secoli, l’agiografia di Santa Domitilla Vergine e Martire, una dei due Santi Patroni di Ponza tuttora celebrati con feste, fiori e devozioni dagli isolani. Una devozione che risale almeno al quarto secolo d. C. e probabilmente addirittura al primo secolo.

A Ponza puoi ancora ammirare rovine romane; parti della vecchia villa imperiale, i resti delle piscine dove i romani allevavano i pesci (intercomunicanti con saracinesche, le quali si potevano abbassare o alzare tra una peschiera e l’altra), sotterranei che una volta erano dimore romane, tunnel romani, compreso uno che si spinge proprio sotto la dorsale rocciosa dell’isola, nel suo punto più stretto ‘a vitino di vespa’ da un fianco dell’isola all’altro.

Inoltrandosi per gli angusti sentieri dell’isola, si giunge ad un luogo scosceso con il centro del paese che si avvinghia alla falesia, ho provato ad immaginare me stessa duemila anni fa, quando Domitilla fu mandata qui da un imperatore che la odiava, per i motivi su cui la storia non ha ancora fatto chiarezza.

Passeggiare sotto il tunnel romano che attraversa la massa rocciosa dell’isola, vedere sulle pareti del tunnel le tracce a forma romboidale delle costruzioni romane, ‘opus reticulatum’, retiformi oppure opere a forma di rete, significa tuffarsi nel passato.

Per anni ho seguito le tracce dei filamenti interconnessi. Il libro che è sortito da tutto ciò, sonda i luoghi dove storia e agiografia si incontrano. Esplora le divergenze e trova un modo di riconciliare le storie in conflitto tra loro delle due Domitilla esiliate. E da molto lontano emerge una compagna per la ragazza romana in esilio, una donna con strani tatuaggi blu e inusuali occhi verdi, una donna originaria della lontana Britannia. Ha lavorato come scriba (poiché nell’antica Roma c’erano delle scrivane che prendevano nota e fungevano da segretarie). A Ponza, nell’arsura e nella siccità dell’esilio, ella scrive per cercare conforto, usando fogli di pergamena, un’antica versione del taccuino scritto a mano. E ciò che ha scritto è sopravvissuto … come sopravvissero i codici di Nag Hammadi (località egiziana dove furono trovati 13 papiri – testi gnostici – risalenti al sec. III – IV d. C. [da Wikipedia] – N. d. T.) … o come elenchi e lettere scritte su sottili tavolette di legno che furono trovate duemila anni più tardi nell’Inghilterra settentrionale a Vindolanda.

Le pagine di pergamena della scriba sono state lette duemila anni più tardi da un personaggio moderno, una donna che è stata anche a Ponza: un minuscolo brandello di terra nel blu del Mediterraneo le ha unite attraverso i secoli. E appena la donna moderna legge la storia di quell’antica scriba, scopre più di un legame tra le loro vite. Così qualcosa di più di una voce di duemila anni fa ha ora il potere di cambiarla.

Talvolta un luogo può fungere da catalizzatore perfino dopo anni. Un giorno tornerò ancora a Ponza e ringraziarla per i sentieri stretti e contorti, le ardue rocce, proprio quelle dell’isola medesima che mi hanno guidato a terminare finalmente il libro: “Inscription”.

Christine whittemore

 Christine Whittemore

NOTA: Come le lettrici ed i lettori hanno avuto modo di constatare, “Inscription”, di cui l’autrice Whittemore ci ha dato un’anticipazione, è un romanzo (novel) non un saggio. Tuttavia di tratta di un racconto suggestivo che però aggiunge un nuovo alone di mistero alla figura di Santa Domitilla, venerata a Ponza e non solo e che affascinò anche la curiosità del caro amico Ernesto Prudente, il quale ne fece oggetto di una pubblicazione, dopo essersi procurato alcuni testi latini, che io tradussi per lui.
Sono certissimo che anche in questa circostanza si sarebbe procurato Inscription, e mi avrebbe ripetuto, con il suo fare semi-burbero, ma molto amichevole: “Silverio, traduci!”

 

Di Silverio Lamonica; in condivisione con www.buongiornolatina.it

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