Archivio

Dal vs. inviato speciale al film di Ficarra e Picone, “L’ora legale”

di Sandro Russo
Locandina-ora-legale.

 

Ricevo da un amico sull’amato scoglio il ‘consiglio’ (…quasi un ordine!) di andare vedere l’ultimo film di Ficarra & Picone, da qualche settimana nelle sale romane.
Pare che mostri inquietanti analogie con una certa situazione ponzese…

Preciso che non ci sarei andato senza questo ‘suggerimento’, né conosco i comici in questione non frequentando i programmi televisivi, ma la curiosità ha prevalso e sono andato.

Dunque… Nel paese immaginario di Pietrammare (il film è stato girato in realtà a Termini Imerese, vicino Palermo) si svolgono le elezioni. Sono in lizza il vecchio sindaco Patané, rappresentante di una gestione corrotta e clientelare del potere, e il prof. Natoli, insegnante, una faccia nuova che propone una rottura con passato e un reale cambiamento.
Inopinatamente quest’ultima proposta vince con una maggioranza schiacciante e il nuovo sindaco si mette al lavoro…

Dei due comici “Ficarra & Picone”, Salvo, furbastro e coerente con il vecchio sistema, fa propaganda per il vecchio sindaco, mentre Valentino, razionale e garantista, tiene e combatte per la nuova possibilità da dare al paese. Ma a parte lo schieramento elettorale entrambi sono parenti di Natoli, il nuovo sindaco, e insieme (Salvo e Valentino) gestiscono un chiosco-bar sulla piazza del Municipio.
I guai per i due e per il paese cominciano quando il sindaco eletto comincia a far applicare la legge in un paese che da sempre è abituato ad intrallazzi e strizzatine d’occhio; che ha un’intera economia fondata sull’illecito.

Così il posteggiatore abusivo viene diffidato dal continuare la sua attività, il venditore ambulante cade dalle nuvole quando gli viene chiesta la licenza di vendita e di occupazione del suolo pubblico; la fabbrica inquinante (che però dava lavoro a tante persone), viene chiusa, le abitazioni abusive sulla spiaggia abbattute con le ruspe.
Ai padroni di cani viene imposto di raccogliere la cacca per strada, inoltre si rende obbligatoria la raccolta differenziata dei rifiuti; per non parlare del prete (un bravissimo Leo Gullotta), che gestisce un florido B. & B., a cui viene intimato di pagare l’IMU.

Fatto è che “il cambiamento”, quando trapassa da vuota parola a reale sovvertimento delle abitudini consolidate, è scomodo e duro da accettare.
Il nuovo sindaco garantista ci mette poco a passare da “buono” a “cattivo” (in paese si comincia anche a chiamarlo “lo sceriffo”), fino ad essere apertamente avversato, a dire le preghiere in chiesa e a tramare per mandarlo via.

Guarda qui il trailer ufficiale del film su YouTube:

.

.

.

È merito dei due comici (anche co-sceneggiatori del film) proporre le conseguenze del cambiamento con gradualità e garbo, senza mai volgarità né facili effetti, in modo da rendere credibile (quasi riconoscibile) la situazione.

Le analogie con la situazione isolana sono molte, tanto da farmi pensare che ‘qualcuno’ potrebbe decidere di proiettare il film in piazza a spese del comune, a mo’ di educazione civica.
Ma le corrispondenze arrivano fino a un certo punto, non oltre.
Il nuovo sindaco, nel film, è duro e puro, soprattutto ‘puro’. Coltiva la virtù del dubbio, è gentile nell’animo e rispettoso dei suoi amministrati; non ha progetti inconfessabili né “scheletri nell’armadio (anzi ne ha uno, ma è un peccato veniale da eccesso di amore paterno). E neanche la figura del prete corrisponde.
Le dispute dei due protagonisti per certi versi somigliano alle scenette tra Giggino e Sang’ ‘i Retunne di recente memoria!

Nello svolgimento del film, il cambiamento non verrà accettato e tutto tornerà come prima, con la morale amara che nulla potrà veramente cambiare se non attraverso un diverso atteggiamento dei cittadini rispetto ai loro doveri (e successivamente diritti) e alla legge che li sancisce e li regola.

Noi in realtà . e in controtendenza rispetto al film – coltiviamo una piccola speranza: che gli aspetti positivi di un’applicazione delle leggi associata al buon senso potrebbe rendere evidenti ai cittadini – se non immediatamente, nel medio e nel lungo periodo – i vantaggi di una buona gestione.

Il film, costretto a chiudere il cerchio del teorema morale, non ha voluto/potuto mostrare una migliore qualità della vita, il superamento dei piccoli e grandi disagi di un cambiamento così radicale; addirittura un recupero della fabbrica che potrebbe essere messa a norma e continuare a produrre e a dare lavoro.

Per la nostra isola continuiamo a credere che l’appartenenza ad un progetto condiviso possa far superare i piccoli interessi personali e fare un miracolo!

1 Comment

1 Comment

  1. Tano Pirrone

    5 Febbraio 2017 at 16:47

    Ficarra e Picone hanno una duplice vita artistica: quella dell’umorismo “surreale”, mai degradato dalla battuta crassa per il facile applauso, che hanno “prodotto” soprattutto in teatro e in buoni film ben argomentati, mai banali; e quella canalcinquista, in cui fanno i “pupi”, con una comicità di basso livello, adeguata alla fascia d’ascolto e al target del programma. Questi li ho visti ogni tanto, “approfittando” di qualche tv aperta su quel canale, ché a casa mia da vent’anni sono stati estromessi come spam. Al cinema e a teatro, invece, li ho visti spesso e ne sono sempre rimasto soddisfatto. La loro comicità è raffinata, ben costruita, anomala rispetto al “duo comico” di norma basato sull’asimmetricità (il “comico” vero e proprio, o, meglio, principale ed una spalla, abile a suggerire, ribattere, porgere). Di coppie così è ricca la nostra memoria: Stanlio e Ollio, Gianni e Pinotto, Franco e Ciccio, Totò e Peppino. Loro, Ficarra e Picone hanno viaggiato attorno a questo schema, ma lo hanno alla bisogna squilibrato e volto alla loro necessità rappresentativa. Nel film rispettano questa bipolarità e la loro comicità è surreale, perfettamente adeguata all’assunto della storia di cui sono, oltre che attori protagonisti, anche registi e co-sceneggiatori (con Edoardo De Angelis, Fabrizio Testini e Nicola Guaglianone, che, guarda guarda ha scritto la sceneggiatura del successo italiano 2015 “Lo chiamavano Jeeg Robot”).

    Dopo il giusto tributo ai miei conterronei, vengo al punto che più mi preme: mi chiedevo, uscendo dal cinema, quale fosse la ricetta sapiente (ed antica) secondo la quale usando tutti elementi allegri e colorati alla fine si ottiene un tono delicatissimo di amaro, che fa dismettere il sorriso e indurre alla riflessione. La ricetta che da sempre accompagna il buon teatro leggero (commedia e satira) e gli attribuisce la famosa etichetta “Castigat ridendo mores”.
    Difficile oggi in epoca di globalizzazione e web a manetta che un apprezzato film possa incidere anche per un’ette nell’animo sfiduciato, ribelle o disincantato del nostro pubblico. Eppure io spero che “L’ora Legale” ci riesca. Sono uscito amareggiato per la sconfitta annunciata del bravo Sindaco, che eticamente riconosce che non bisogna fare errori, ma che sulla consapevolezza di questi, s’impara a vivere e a non ripeterli.
    Io ho fatto politica e conosco sufficientemente quel mondo. L’ho fatta con passione, sbagliando a volte, sempre in buona fede, e cercando ogni volta di riprendere il cammino più forte e più consapevole.
    Nella serata delle domande, mi sono allora chiesto ieri sera, uscendo dal cinema, dove avesse sbagliato il pur bravo Sindaco e cosa avrebbe dovuto fare a monte perché i rischi di un insuccesso si riducessero a tassi sopportabili.
    La risposta che mi sono data è quella che poi so da sempre e che facilmente si scorda, se si diventa parte di un branco, scegliendo di stare aprioristicamente fra i Rivendicatori, puri e immarcescibili.
    La risposta è che il cambiamento non può essere figlio che della partecipazione, della trasparenza, dell’educazione, anzi della formazione continua. Il cambiamento è rispetto delle regole.
    A questo esse servono: scelta condivisa delle regole, applicazione e rispetto, controllo e infine la necessaria periodica revisione. Cose che nel nostro Sud mancano spesso. Colpe ataviche, che oggi imprigionano un popolo ormai schiavo della convinzione di avere solo diritti e che i doveri competano sempre agli “altri”.
    Non ho mai fatto l’amministratore pubblico, ma ho gestito piccole imprese e comunità politiche. In base alla mia esperienza ed alle poche scelte letture non potrei che consigliare, ad un Sindaco che “umilmente” me lo chiedesse, di provarci. Di non dare per scontato che c’è “il tuo” ed “il mio”, ma convincersi che c’è “il nostro”, il bene comune che va gestito insieme nell’interesse, appunto, della collettività.

    Ringrazio Ficarra e Picone, che facendoci ridere ci hanno dato spunto per una riflessione e la Redazione di Ponzaracconta che stimola gli amici lontani ad essere più vicini e un tantinello ponzesi.

È necessario effettuare il Login per commentare: Login

Leave a Reply

To Top