Ischia

Colloquio con Erri De Luca, su Ischia

proposto dalla Redazione

Seguiamo da sempre Erri De Luca, come scrittore e testimone dei tempi. Anche per il suo impegno sociale e politico e per una empatia vera con i luoghi – viene dal mare, ma ama e frequenta la montagna. Recentemente abbiamo pubblicato un suo reportage di viaggio in Ucraina, a distribuire beni di sostegno a quel popolo (in passato l’aveva fatto per Serajevo):
Il suo articolo del 10 luglio 2022 si intitola: Racconto di un viaggio per aiutare gli ucraini. Con un’altra percezione.
In appendice riportiamo un commento all’articolo comparso sul sito.

Ischia, Erri De Luca: “Noi cattivi scolari, non impariamo mai dalla natura”
di Pasquale Raicaldo – Da la Repubblica on line del 3 dicembre 2022

Lo scrittore: “Ho scalato tante volte il monte Epomeo, è stata una ferita. Verrà una generazione che dedicherà all’ambiente la precedenza e inventerà un’economia della riparazione”

“Sono salito tante volte sul monte Epomeo, ci ho anche dormito in cima. Il distacco della frana mi ha ferito come uno sfregio sulla mia pelle. Cosa ci racconta questa tragedia? Che siamo cattivi scolari, non impariamo dalla severa insegnante signora Natura, perciò non passiamo alla classe successiva. Restiamo ripetenti”. Dosa le parole, lo scrittore Erri De Luca, per raccontare quanto la tragedia di Casamicciola l’abbia sconvolto. Ha atteso il tempo giusto per raccontarsi. E lo fa con dolorosa consapevolezza.
Sull’isola verde, dove torna spesso, ha ambientato il romanzo “Tu, mio”, dal quale il regista danese Bille August ricaverà presto un film. Qui torna ogni volta che può, preferendo i boschi alle vie del centro, i sentieri di collina alle spiagge. “Ho passato le estati della mia infanzia e adolescenza a Ischia – racconta – I miei prendevano una casa in affitto: posso dire di essere cresciuto a Ischia perché i centimetri della statura aumentavano solo al mare. Il sole e il sale addosso mi allungavano le ossa”.

Da scalatore, da amante della montagna, che idea si è fatto dell’accaduto?
“Non ho competenze geologiche per darmi una causa scientifica. Fossi uno di millenni fa, direi che il gigante ha voluto dimostrare la sua forza distruttiva, la sua superiorità sul brulichìo della vita umana, un’affermazione di supremazia delle forze di natura”.

Quanto ha influito la progressiva riduzione della “cura” della montagna”?
“La montagna è luogo primitivo, nel senso che sta piantata prima della specie umana e resterà anche dopo.
Più è alta la quota, più la nostra presenza si dirada fino a limitarsi a una breve intrusione. L’Epomeo svetta sul mare ma è relativamente basso e dunque frequentato e sfruttato dall’attività. I suoi boschi di castagno li ricordo battuti in ogni stagione. Non attribuirei la valanga a un’incuria”.

Che tipo di responsabilità attribuisce, nella prevenzione e nella mitigazione del rischio, alla politica?
“La politica delle amministrazioni è costretta da ragioni di bilancio a non poter progettare interventi di lungo periodo. I disastri le trovano sempre impreparate, ma anche consapevoli che i preavvisi ci sono stati e non hanno potuto prevenire. Dovrà venire una generazione che dedicherà all’ambiente la precedenza e inventerà un’economia della riparazione”.

Quanto incide il cambiamento climatico nella frequenza di eventi come quello di Casamicciola, non certo nuovi in un’Italia in cui 9 comuni su 10 sono a rischio dissesto idrogeologico e oltre 8 milioni di cittadini vivono in zone ad alta pericolosità?
“Siamo stati trasferiti ai tropici senza doverci spostare. Il riscaldamento dei mari intensifica le precipitazioni e le tempeste. I pendii sono tutti a rischio cedimento. Su Casamicciola incombe il peggiore angolo di grado del pendio, quello del distacco di valanghe, tra i 30 e i 40 gradi. In alta montagna partono valanghe di neve e ghiaccio, a bassa quota partono fango e sassi”.

C’è poi il tema dell’abusivismo. Da estimatore dell’isola, crede che il territorio sia stato troppo antropizzato?
“Accusare l’abusivismo, regolarmente condonato, è come indicare il dito invece della luna.
Non accuso chi si è fatto faticosamente una casa sui fianchi dell’Epomeo, così come sul Vesuvio.
Sapeva dove la stava costruendo. E però quello è il suo luogo.
Casamicciola per uno nato nell’altro secolo era nome di luogo disastrato, per via del terremoto : “È successa Casamicciola”. Voleva dire che era capitato un guaio serio. Abitiamo una terra sismica e franosa.
Abbiamo un senso di precarietà perpetua”.

***

Commento di Sandro Russo all’articolo del 10 luglio 2022

Tre brevi postille al pezzo di Erri De Luca
1) – Erri De Luca è stato per tutti gli anni ’90 il mio scrittore preferito. Compravo tutti i suoi libri (ne ho contati 12, nella mia libreria, qualcuno doppio), cercavo i suoi articoli sui giornali dove scriveva (la RepubblicaCorriere della Sera). Ho imparato molto dai suoi libri (sulla scrittura e sulla vita), ma sono rimasto folgorato da uno in particolare: Tu, mio del 1998. Dal risvolto di copertina – che qui di seguito trascrivo – si capirà perché:
“Il ragazzo e il mare: l’avventura estiva di un adolescente del dopoguerra, l’incontro con la pesca, e con una ragazza più grande, con il suo segreto, con il suo dolore per la perdita del padre in guerra, prima della fine delle vacanze. C’è un’estate brusca nell’età giovane in cui s’impara il mondo di corsa. In un’isola del Tirreno, in mezzo agli anni cinquanta del secolo, un pescatore che ha conosciuto la guerra e una giovane donna dal nome difficile, senza intenzione, trasmettono a un ragazzo la febbre del rispondere. Qui si racconta una risposta, un eccomi, decisivo come un luogo di nascita”. 
2) – Sono contento di trovare la posizione di Erri De Luca – pacifista, profondamente ecologo, attivo nell’area della sinistra anche se non ‘di governo’ – affine alla mia; infatti ha sostenuto la necessità di armare l’Ucraina e fa questi viaggi ‘da volontario’ per sostenerne il diritto all’autodeterminazione. Questo in relazione alla spaccatura che ha attraversato la sinistra negli ultimi mesi, sul tema.
3) – Non c’entra niente con l’Ucraina, ma ho letto con piacere Michele Serra (un altro dei miei ‘fari’), scrivere nella sua Amaca di oggi 10 luglio su la Repubblica:
“Leggendo il semplice e forte racconto di viaggio di Erri De Luca in Ucraina, mi ha colpito scoprire che non scrive “social network”, ma canali sociali, che è la precisa traduzione italiana di quel termine (i francesi, del resto li chiamano réseaux sociaux). Nel caso che De Luca sia il solo italiano a usare la definizione italiana, da oggi saremo in due: non è mai troppo tardi per imparare qualcosa”.

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