Cinema - Filmati

Dal Festival di Cannes, un colloquio con Richard Gere sulla vecchiaia

segnalato da Sandro Russo

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Quando lo scorso 18 aprile abbiamo pubblicato la completa anticipazione di Tano su Cannes: I film del 77esimo Festival di Cannes, dal 14 al 25 maggio ci siamo rammaricati di non avere al Festival la nostra “inviata speciale” nella persona di Lorenza Del Tosto (così ci aveva detto). Ma per qualche motivo ci ha ripensato e qualche giorno fa abbiamo avuto da lei qualche immagine da quella amena sede. Quindi al suo ritorno qualche sua impressione/recensione la avremo.
Nel frattempo abbiamo continuato a seguire dai giornali qual che andava succedendo,  e tra i tanti articoli al riguardo ne abbiamo scelto uno, una nota di Arianna Finos (inviata di Repubblica) su Richard Gere, protagonista del film “Oh, Canada”, di Paul Schrader che l’aveva diretto nel 1980,  quasi agli inizi della sua carriera, nel film American Gigolò.
S. R.

Richard Gere, December 2017 (foto da Wikipedia)

Richard Gere: “Mio padre è morto ma sul set lo abbraccio ancora”
di Arianna Finos – Da la Repubblica del 19 maggio 2024 

L’attore è a Cannes protagonista di “Oh, Canada”
Schrader, che lo chiamò per “American gigolò”, racconta gli ultimi giorni di un cineasta

Cannes. Richard Gere e Paul Schrader, insieme 45 anni dopo American gigolò. Il risultato è I tradimenti, l’anti biopic tratto dal romanzo di Russell Banks, documentarista rifugiato in Canada a fine anni Sessanta per non andare in Vietnam (in Italia uscirà con Be Water e Medusa). Figura emblematica della sinistra, il cineasta malato di cancro accetta un’ultima intervista in cui svelerà molti segreti. Gere, 74 anni, lo interpreta: «Mio padre è morto due mesi prima del film. Aveva quasi 101 anni, ma viveva con me. Era sulla sedia a rotelle e nei suoi ultimi giorni, come nel film, s’intrecciava realtà e ricordi. Spaventoso invecchiare sul set, è stato come vedere me stesso tra pochi anni. Sarò come mio padre, gli somiglio fisicamente».
Ragiona: «Ho iniziato a recitare a 16 anni, ho visto la mia faccia crescere e cambiare sullo schermo. Ai Festival ti omaggiano montando la tua carriera in pochi minuti, vedi la vita passarti davanti, i personaggi e chi eri tu allora. I film sono un documento potente, misterioso, strano».

Sulla guerra in Vietnam e il contributo degli artisti dice che «l’attore con la sua arte può illuminare il viaggio che tutti facciamo. Il problema della guerra, anche quella di oggi, è che non vediamo noi stessi nell’altro, non ci riconosciamo negli altri». Una giornalista Ucraina racconta dei giovani che nel suo Paese combattono. Gere: «Al di là della comprensibile necessità di reagire all’oppressione, il problema è che fare la guerra significa prendere una pistola. E questo sarà comunque un problema, che si tratti di una guerra giusta o ingiusta. Tuttavia, c’è una domanda. Posso uccidere qualcuno? Che faccio per difendere la mia famiglia? In Vietnam siamo andati a combattere persone che non conoscevamo. Kissinger ci ha coinvolti attraverso bugie e sotterfugi. Ovviamente, quando combatti per il tuo Paese che è invaso, bombardato e saccheggiato, la questione è ancora più profonda. Posso uccidere qualcun altro? Questa è la domanda, ma anche la strada».

Richard Gere con Paul Schrader a Cannes

 

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