Racconti

I figli dei nostri figli…

di Antonio Marciano, da una corrispondenza con Sandro Russo

 

Antonio, uno dei compagni del Liceo ritrovati (Antonio mai perso, in realtà) che nella sua vita ha combattuto più con i numeri che con le parole – è stato ingegnere, nella sua altra vita -, insieme a un florilegio di foto dei suoi tre nipotini (subito corrisposto dagli altri), mi manda una citazione da Victor Hugo, che ho completato io dal web.
La propongo a tutti i lettori del sito, che annovera un bel numero di nonne e nonni, tra i contributori.
S. R.

Antonio (vado a memoria): I figli dei nostri figli ci incantano, sono delle giovani voci mattutine, il loro riso ci fa spuntare una lacrima sulle pupille…

Victor Hugo
Io contemplo, nei nostri tempi spesso neri ed oscuri, questo punto di luce che esce dalle culle e dai nidi.

Ah! i figli dei nostri figli c’incantano, sono delle giovani voci mattutine che trillano. Sono nella nostra lugubre abitazione il ritorno delle rose, della primavera, della vita, del giorno! Il loro riso ci fa spuntare una lacrima sulle pupille e fa trasalire le pietre della nostra vecchia casa; il loro sguardo radioso disperde i terrori della tomba semi-aperta e degli anni gelidi e gravi; essi riconducono la nostra anima ai primi anni; fanno riaprire in noi tutti i nostri fiori secchi; e ci ritroviamo dolci, semplici, felici di nulla; il cuore sereno s’empie di un’onda aerea; vedendoli si crede veder sbocciare se stesso; sì, diventar nonno, è ritornare all’aurora.

Victor Hugo L’arte di essere nonno (Ortica Editrice – Società Cooperativa)

Non poteva che arrivare nel XXI secolo – quello che i sociologi francesi Claudine A. Donfut e Martine Segalene hanno definito il “secolo dei nonni” – l’edizione italiana del libro che il celebre romanziere, poeta e drammaturgo francese scrisse e pubblicò nel 1877. Hugo, già ultrasettantenne, ma con una vena lirica tutt’altro che invecchiata, smessi i panni del Padre della patria, indossa la mise del nonno birbante, divertito e complice dei giochi dei due nipotini, Giorgio e Giovanna. Uomo fiero e indomito, memore dei lunghi anni vissuti in esilio lontano da Parigi, a motivo dell’impegno politico nel Comitato di resistenza contro Napoleone III, il poeta si dichiara “vinto da un bambino”, riscopre la dolcezza della vita che si schiude negli sguardi teneri di Giorgio, negli arcani discorsi di Giovanna, che sono dolci gorgheggi offerti all’immensa natura e “ch’ella completa con un sorriso nel qual ondeggia un’anima e tremola un sogno, e mormora indistinto, vago, oscuro, confuso, mescolato, Dio. Il buon nonno ascolta sorpreso”. Rapito nell’incantesimo dell’infanzia spensierata che lo circonda e lo allieta, il grande Hugo si ritrova ad essere, semplicemente, un antenato, felice di essere “un nonno sconsiderato che passa tutti i limiti”, sublime nei pensieri e nelle parole con cui contempla l’ingenua bellezza, abile nel creare musicali filastrocche. In quei due bambini ottiene il riscatto, la gioia grande che gli fu negata dopo la morte di tre dei suoi figli, Léopoldine, Charles e Francois-Victor: “quando voi, bimbi, parlate, io mi chino, ascoltando ciò che dice l’anima pura, e mi par d’intravvedere un vago spiraglio dei grandi cieli stellati. Perché voi, o dolci cicalatori strani, eravate pur ieri gl’interlocutori degli astri e degli angeli; in voi nulla è cattivo; a me, su cui brontola la nuvola, voi apportate non so qual raggio dell’aurora sconosciuta; voi ne venite ed io ci vado”. Ma accanto ai toni festosi di un’anima lieta di celebrare il “punto di luce che esce dalle culle e dai nidi”, non mancano, tra le righe dense di dolci note liriche, i toni gravi della vocazione realistico – sociale da cui prese forma il celebre romanzo I Miserabili…
Il poeta assume la difesa dei deboli infanti, traduce in versi le istanze di giustizia sociale e inveisce contro la stoltezza di certi gretti clericali: “La miseria dell’innocenza accusa l’uomo vizioso”. Un grande amor patrio vibra, come un sottofondo di archi, lungo tutta l’opera e di tanto in tanto abbandona il registro musicale della poesia, per farsi polemica, pur senza eccessi (dalla presentazione della Casa editrice – ndr)

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