di Silverio Lamonica
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Per dare il benvenuto alla Primavera, stavolta ho scelto il sonetto n. 98 di William Shakespeare. Nonostante la rigogliosa fioritura e la presenza degli uccelli, il poeta manifesta la sua tristezza, né riesce a scrivere nuove storie, perché la sua amata è lontana. Perciò avverte ancora il freddo dell’inverno.
Francamente è il sentimento che proviamo in tanti, nati e cresciuti a Ponza ma che per varie ragioni, siamo costretti a salutare l’arrivo della Primavera lontano dalla nostra isola.
Unico conforto: scrivo queste righe in un malinconico pomeriggio di pioggia.
Sonetto 98
by William Shakespeare
From you have I been absent in the spring,
When proud-pied April, dressed in all his trim,
Hath put a spirit of youth in everything,
That heavy Saturn laughed and leaped with him.
Yet nor the lays of birds, nor the sweet smell
Of different flowers in odour and in hue,
Could make me any summer’s story tell,
Or from their proud lap pluck them where they grew:
Nor did I wonder at the lily’s white,
Nor praise the deep vermilion in the rose;
They were but sweet, but figures of delight
Drawn after you, – you pattern of all those.
Yet seem’d it winter still, and, you away,
As with your shadow I with these did play
Qui di seguito la mia versione in italiano che si discosta alquanto dal testo originale, proprio perché il verso del sonetto inglese è “più corposo” rispetto al nostro endecasillabo. Prendiamo ad esempio il 4° verso:
That heavy Saturn laughed and leaped with him
Che di gusto Saturno rise e saltò con lui
In italiano il verso tradotto è di 15 sillabe, non 11.
Quindi, volendo conservare la stessa struttura del sonetto, occorre modificare il contenuto del verso, eliminando qualcosa.
Caro Shakespeare, nel sonetto italiano, Saturno o ride o salta.
Mi son permesso di scherzarci un po’ su, perché mi rendo conto che si tratta di letture piuttosto “impegnative”.
Inoltre il sonetto è vincolato dalle rime, sia in inglese che in italiano. Per cui anche diversi vocaboli risultano modificati nella versione. Ad esempio, nel 5° verso, Shakespeare scrive “birds” (uccelli). In italiano, per esigenza di rime, è giocoforza ricorrere ad un vocabolo che indichi “la parte per il tutto” … ed ecco apparire la capinera, tale da poter far rima con “primavera”, “era” e “fiera”.
E così per altri vocaboli.
Ed ora finalmente il sonetto:
Lontan da te io ero in primavera ,
e l’orgoglioso aprile in fioritura
ringiovanì ogni cosa con premura
e a saltellar con lui Saturno era.
Neppur i fior e né la capinera
col dolce suo planar nella pianura
potean a me ispirar ode futura
o contemplarla, nel volteggiare fiera.
Né mi stupì il candor del puro giglio
simbol sì caro e dolce di delizia
qual della rosa è il suo vermiglio:
Figure disegnate con dovizia.
Parea del freddo inverno star sul ciglio,
miravo la tua ombra con mestizia.