Economia

Coniugare la sostenibilità

di Francesco De Luca

 

Vivere oggi, in inverno, a Ponza e vedere il porto trafficato dalle poche barche per la pesca dei ‘merluzzi’ (naselli) e noi, attenti a scorgere se la barca di  ‘Patalano’ (attempato pescatore) è o non è all’ attracco, giacché ciò significa che è andato oppure no a pesca di  ‘rutunne’; soffermarsi su questi aspetti della vita isolana fa giudicare inappropriato argomentare su un concetto-chiave di qualsiasi visione politica di sviluppo di una comunità. Parlo della ‘sostenibilità’.

Sembra una farsa… perché oggi a Ponza è presente non lo sviluppo sostenibile ma la ‘vivibilità possibile’. Dato che il paese vede ridotta la popolazione stanziale al minimo.

Eppure proprio la divaricazione netta e abnorme fra ‘sviluppo’ e ‘vivibilità’ evidenzia che il problema rientra nel dissidio: estate-inverno, comunità autentica-marchetta turistica, sviluppo miope e affaristico-sviluppo sostenibile, cura e conservazione dell’ambiente-sfruttamento selvaggio, concentrazione a pochi del guadagno-equa distribuzione dei proventi.

Come si vede le dicotomie sono tante e sono armate l’una contro l’altra.

Perché, e qui entro nello specifico isolano, l’assalto debordante di turisti in estate, e il conseguente proficuo provento, non risolve i problemi gravi del vivere sull’isola: come, ad esempio, lo smaltimento dei rifiuti, anzi lo aggrava; oppure l’affollamento delle cale (Frontone, Core, Lucia Rosa, Cala Feola), che non garantisce alla posidonia (pianta marina protetta) di non essere devastata dagli ancoraggi; così come la salubrità delle acque (per gli scarichi eccessivi dei natanti).

Pur appagando tutto questo le aspettative degli operatori turistici.

Le nostre isole possiedono bellezze naturali, ma connesse con fragilità. Le acque sono cristalline perché sono circondate da rocce vulcaniche che ne garantiscono la purezza e la policromia, ma se l’affollamento delle barche da diporto le inquina, ciò distrugge la posidonia dei fondali, recando danni al patrimonio naturale, cui non si rimedia.

Uguale avvedutezza va riservata al turismo che pernotta, giacché, se non viene disciplinato, intasa fogne, strade, rifiuti e vivibilità.
Lo si costata ogni anno. Le lamentele montano, ma si lasciano le dinamiche (economiche e sociali) al tempo affinché trovi soluzioni. Mentre il processo (lo sviluppo turistico) dovrebbe essere guidato da noi.

Aiuti conoscitivi possono trarsi dalla coniugazione e dall’interrelazione di questi tre concetti: sostenibilità ambientale, sostenibilità economica, sostenibilità sociale.

Non voglio sembrare saccente. Presento soltanto argomenti, che vanno introiettati e adattati alla situazione isolana. Non offro soluzioni. Queste dovranno risultare da un coinvolgimento della popolazione con l’ Amministrazione (maggioranza e minoranza).

Sostenibilità significa, nello specifico, a mio parere, tendere non solamente ad un fine amministrativo, ma inquadrarlo all’interno di un quadro di possibilità e dinieghi.

Il fine cui si aspira principalmente è quello economico. Ma appare chiaro che il perseguimento del guadagno, da solo, non risolve il problema dello spopolamento invernale, e nemmeno quello dell’equa distribuzione delle tasse (i residenti costretti a pagare lo smaltimento dei rifiuti prodotti dai natanti), né quello dell’apertura all’impresa dei giovani (perché i residenti danarosi si accaparrano le possibilità imprenditoriali messe a gara).

La fragilità del territorio, l’insicurezza dell’economia turistica, l’avidità delle forze economiche presenti sull’isola stimolerebbero, a chi di dovere, di affrontare il problema dello sviluppo turistico con uno sguardo complessivo, non settoriale. Complessivo e comprensivo. Giacché dal turismo dipende il benestare degli isolani (altrove detto ricchezza del paese), ma anche l’efficienza dei servizi offerti (altrove detto povertà del Comune), ma anche la salvaguardia del territorio (fonte attrattiva del turismo), e anche il futuro delle nuove generazioni.

L’opera sembra immane, ma non lo è. Uno strumento utile potrebbe essere quello di procedere per gradi. Un altro strumento potrebbe essere quello di congelare lo status quo dell’isola, al fine di prepararsi a nuove concessioni, nuove autorizzazioni, nuovi permessi. Un altro strumento potrebbe essere quello di allargare la base consensuale: aprirsi alla popolazione, chiedere supporto agli Enti (Università) che si occupano di tali problemi.

 

La mia è una semplice riflessione. Nasce dall’impegno, che ho preso con me, di contribuire a migliorare le condizioni della nostra isola.

1 Comment

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  1. Francesco Corvisieri

    17 Gennaio 2023 at 17:06

    Alcune volte ho cercato di spiegare con parole analoghe ai ponzesi che conosco questi concetti, con la speranza che cambino la prospettiva del qui ed ora e pensino anche alle future generazioni. Il problema è comunque globale non solo isolano, le nostre sono società “liquide”, egosistiche, autodistruttrici nel medio periodo, l’uomo guarda prevalentemente a se stesso, al profitto ma pensa poco ai figli dei nostri figli e ancor meno agli “altri”. Nutro poca speranza. C’è chi come qualcuno dei ponzesi con cui ho discusso su un social che ancora afferma che la posidonia è come negli anni 80′, perchè lui trova le cernie sempre sotto le stesse pietre (tane). Per me non è così, per la scienza non lo è, per le statistiche, per le “misure” microscopiche quasi ridicole dei pesci portati a terra anche dai pescherecci ponzesi (penso ai pescespada che una volta non entravano dentro l’ape ma anche alle triglie, e dove sono finiti i numerosissimi scorfani rossi grandi?). Per quanto riguarda il tuo ragionamento ti segnalo un articolo (https://www.repubblica.it/viaggi/2023/01/17/news/ibiza_e_baleari_no_acquisto_case_a_non_residenti-383955626/?ref=RHLM-BG-I375288850-P3-S2-T1) relativo alle politiche proposte a Ibiza e alle baleari per non far continuare con la politica della vendita delle case ai turisti per non creare nelle loro isole villaggi fantasma, un pò quello che segnali con lo spopolamento di Ponza e del suo tessuto sociale.

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