Politica

“Il fascismo eterno”, di Umberto Eco. E gli altri… (1)

proposto da Sandro Russo

Qualche anno fa, insieme al quotidiano che in definitiva continuo a comprare (e a leggere), malgrado cambiamenti e crisi varie, uscì in allegato gratuito un libercolo di Umberto Eco intitolato “Il fascismo eterno”. Stringatissimo, 44 paginette, con molti spazi bianchi, nessuna immagine.


Il testo era stato preparato da Eco per un Simposio italo-francese organizzato dalla Columbia University il 25 aprile 1995 per celebrare la Liberazione dell’Europa. In sostanza indirizzato ad un pubblico americano. La tesi, molto ben articolata – com’è proprio di Umberto Eco, che conia il termine di Ur-fascismo – è che il fascismo non è mai morto, c’è un fascismo immanente, “eterno”: il fascismo potrebbe ritornare in altre forme. Ho letto queste asserzioni anche in alcuni libri di Emilio Iodice ed è quello che penso anch’io.
Ma avevo deciso di risparmiare ai lettori di Ponzaracconta perfino la sintesi del libretto. Senonché…
Senonché la questione è di cogente interesse – in politica estera e nazionale – ed è attualizzata con ben due articoli, di Federico Varese (venerdì 26 agosto 2022) e di Corrado Augias (il lunedì successivo, 29 agosto), che commentano le tesi di Eco e le cimentano con fatti che sono sotto gli occhi di tutti (l’intervento di Augias verrà pubblicato a seguire, qui sul sito).
Ai lettori il giudizio se valeva la pena di leggerli e se ci insegnano ancora qualcosa.
S. R.

DITTATORI NEL TEMPO
Il fascismo eterno di Putin
di Federico Varese (*)da la Repubblica del 26 agosto 2022

– In un saggio del 1995, recentemente ripubblicato, Umberto Eco spiega quali sono i tratti fondamentali di un regime. Che la Russia possiede e vuole imporre
– Apprezza Nicola II al pari di Stalin, parte di un passato sacro del Paese
– L’ossessione del complotto che il Cremlino vede ovunque

Esiste un regime fascista nell’Europa di oggi? Grazie a un saggio straordinario e attuale di Umberto Eco, ho cercato di capire se la Russia di Vladimir Putin corrisponde a quella definizione.

Nel corso di questo secolo, la Russia è stata definita in molti modi: Cleptocrazia, Stato Mafia, Tirannia, Nuova Autocrazia, Democrazia sovrana.
In un affascinante libro pubblicato di recente, Sergej Guriev e Daniel Treisman hanno annoverato Putin tra i “dittatori dello spin”, maestri della manipolazione e della diffusione di fake news.
Tutti questi elementi sono certamente presenti, ma non sembrano essere sufficienti a definire il regime di Mosca, soprattutto dopo l’invasione dell’Ucraina del 2022.
Il machismo, il culto della personalità, le avventure militari, la soppressione sistematica del dissenso, la neolingua vanno oltre il desiderio di arricchirsi dell’élite e di manipolare Internet.

Umberto Eco ci può venire in aiuto. Nel 1995 il professore pubblicò sulla New York Review of Books uno dei suoi saggi più celebri, Ur-Fascismo, il testo di una conferenza tenuta alla Columbia University. Il saggio è stato poi ristampato innumerevoli volte, di recente in Italia da La nave di Teseo col titolo Il Fascismo eterno (2018).
Eco prende le mosse dai suoi ricordi di infanzia, il premio ai Ludi Juveniles, la Resistenza e poi finalmente la libertà che arriva nel 1945, quando l’autore ha tredici anni.
La tesi del saggio è cristallina: ci fu un solo nazismo ma molti fascismi. Il primo era un regime particolare, con una teoria della razza, neopagano, totalitario, con una precisa filosofia della volontà di potenza. Il secondo non aveva una visione monolitica, risultava nebuloso, fondato su un sincretismo flessibile.
Non a caso la parola ‘fascismo’ ha avuto un grandissimo successo fuori dai nostri confini, al pari di un’altra, “mafia”, la quale anch’essa si riferisce ad un fenomeno preciso e al contempo universale.
Nondimeno, Eco indica una lista di quattordici caratteristiche del fascismo eterno. Prese singolarmente si possono ritrovare in altri regimi, anche democratici, ma la loro combinazione ci permette di identificare un sistema politico sui generis, anche se il mix necessario e sufficiente non viene specificato da Eco. Quante di esse contraddistinguono la Russia di oggi?

La prima caratteristica del Fascismo è il culto della tradizione, vagamente definita. Questa affonda le sue radici nel passato antico, ma include elementi disparati e può accrescersi nel tempo. La tradizione invocata dai fascisti è sincretica. Anche Putin rifiuta la rigida ideologia marxista e promuove invece la famiglia tradizionale, la religione ufficiale e il rispetto per la vita «genuinamente umana». «La distruzione dei valori tradizionali produce conseguenze deleterie» disse nel 2012. I cambiamenti politici radicali minano il sistema naturale di valori e producono «regressione, barbarie e immensi spargimenti di sangue» e sono l’anticamera della «caduta nelle tenebre e dal ritorno ad uno stato primitivo». Per lui come per Mussolini, la tradizione è nazionale: mentre il dittatore italiano celebrava sia l’Impero romano che il genio italico del Rinascimento, il russo apprezza Nicola II al pari di Stalin, tutti parte del passato sacro del Paese, che non può essere criticato.

Lo spirito del 1789, la supremazia dei diritti dell’individuo e il capitalismo sono condannati senza appello dall’Ur Fascismo, che rifiuta la modernità e l’illuminismo. La Rivoluzione Francese è il cambiamento violento per antonomasia, quindi estraneo alla nostra storia migliore. Per l’élite russa è facile voltare le spalle ai principi del 1789 e del 1776 visto che il Paese non attraversò mai questa fase storica. L’autocrazia zarista crollò nel 1917, il regime sovietico nel 1991 e la fase democratica durò al massimo tre anni, dal ’91 al ’93, quando Boris Eltsin bombardò il parlamento. Oggi vi è una forte dose di irrazionalismo ed esoterismo nell’élite politica, come testimonia la popolarità dei testi del pensatore Ivan Iljin, esiliato dai bolscevichi e ammiratore di Mussolini e Hitler. Putin ha fatto rimpatriare il suo corpo, pagando di tasca propria i costi di trasporto della salma.

Per il fascista bisogna agire, senza tentennamenti. Le scelte sono chiare ed evidenti, chi riflette e soppesa le opzioni mostra debolezza. Putin non appare mai mentre ascolta, al contrario lo vediamo impartire ordini a ministri e funzionari. Poiché il Duce sa cosa si deve fare, ogni disaccordo è solo una forma di tradimento. «Finché c’è Putin c’è la Russia», ha detto nel 2014 il vicecapo dello staff presidenziale. Quindi chi critica il Presidente si oppone alla Russia. Quando, nel 2007, alcuni ministri avanzarono obiezioni ad un progetto, sbottò: «I sabotatori sono in questa stanza». L’imprenditore Michail Chodorkovskij ebbe l’impudenza di criticarlo in pubblico, nel 2003, e finì in galera per dieci anni. Negli incontri regolari con i cittadini, i partecipanti sono incoraggiati a presentare i loro problemi, ma nessuno può criticare il Presidente. Il Duce si incarica di risolvere il problema: il sottopancia televisivo annuncia l’apertura di un’indagine appena un cittadino denuncia una situazione grave, con rapidità sospetta.

Il disaccordo implica la diversità. L’Ur Fascismo non può ammettere né l’uno né l’altra, un atteggiamento che sfocia nel razzismo. Putin ci tiene a far sapere di essere di pura razza russa. «Ho rintracciato le origini della mia famiglia negli archivi, veniamo da un villaggio non lontano da Mosca… Durante tutti questi secoli [i miei antenati] hanno frequentato la stessa chiesa» ci ha assicurato nel 2017. Putin irride chi in Russia si fa influenzare dalla cultura straniera, si nutre di ostriche e foie-gras. Sono degli «insetti» da schiacciare, in un processo che porta ad una naturale «detossificazione della società ».
Il Presidente perpetua il razzismo del passato, in base al quale i russi sono all’apice delle etnie del paese. Non è un caso che siano proprio le minoranze etniche dell’estremo oriente ad essere spedite a combattere in Ucraina. Il razzismo va di pari passo ad un elitismo di massa, perché, il russo appartiene al miglior popolo del mondo.

Il fascismo nasce da una miscela di frustrazione e gelosia, spesso frutto di una umiliazione storica. Per Putin, tale umiliazione è avvenuta negli anni Novanta, quando il Paese fu sull’orlo della catastrofe finanziaria e umanitaria, e l’Occidente dovette fornire assistenza alla popolazione. Ma gli aiuti dall’estero sono sempre sospetti. Infatti, alle radici del fascismo vi è l’ossessione del complotto, di norma internazionale. La Presidenza di Putin ha il suo mito fondante nel complotto ceceno che, secondo la versione ufficiale, fu responsabile delle bombe in tre città russe nel 1999 che fecero facendo più di trecento morti (pochi credono a questa versione). Il Cremlino vede l’ingerenza americana ovunque, nelle rivoluzioni democratiche in Ucraina, Georgia, Kirghizistan e nel Medio Oriente. Secondo il Cremlino, gli Usa sono anche responsabili anche della fine dell’Urss e del suo declino demografico. Non stupisce quindi che nel 2012 il regime abbia approvato una legge che limita le attività degli «agenti stranieri».

Il fascismo eterno soffre di una curiosa contraddizione. I nemici sono ricchi e potenti, ma anche deboli e pavidi. Proprio in questi giorni, le autorità russe hanno accusato una fantomatica spia ucraina, Natalja Vovk, dell’omicidio di Darja Dugina. Questa donna sarebbe arrivata con la figlia di dodici anni in Russia a luglio, avrebbe alloggiato nello stesso palazzo della futura vittima, l’avrebbe seguita, piazzato un ordigno sotto la sua macchina per poi lasciare il Paese indisturbata. Il regime ammette la propria incompetenza, ma è pronto a individuare un capro espiratorio tra i suoi funzionari e punirlo. In ogni caso bisogna rimanere vigili perché la vita è una guerra permanente, da combattere fino alla vittoria finale.
Putin stesso ora riconosce che l’invasione in Ucraina è parte di un conflitto senza fine per la supremazia del mondo.
Il culto della morte e il ricordo dell’eroismo del popolo sono elementi centrali del regime che ogni 9 maggio celebra i caduti nella Seconda guerra mondiale.

L’eroe è virile e, quando non fa la guerra, sublima nel sesso la sua volontà di potenza e di oppressione: è machista. Il Duce ha tante amanti e tanti figli, in splendida contraddizione con i valori della famiglia tradizionale (come Mussolini, anche Putin auspica l’aumento delle nascite). Quando Oliver Stone chiese al Presidente se avrebbe condiviso volentieri la doccia della palestra con una persona gay, l’intervistato rispose che non avrebbe dovuto provocarlo. Il regime considera l’attivismo dei gruppi per i diritti degli omosessuali come un pericolo per la sicurezza nazionale. Una legge del 2013 ha reso illegale la “propaganda gay” e nel 2017 la Duma ha decriminalizzato la violenza domestica. Putin è anche un fanatico della forma fisica, per anni ha gareggiato come maestro di judo e adesso gioca a hockey su giaccio. Famosissime sono le sue foto a dorso nudo a cavallo nell’estremo oriente della Russia.

Nei regimi fascisti, il popolo è una finzione teatrale, fa da sfondo alle parate ma non ha diritto di voto, di parola oppure di critica. Così avviene anche nella Russia di Putin, che ha sospeso la democrazia.
Infine, ha inventato una neolingua, come la chiamò George Orwell in 1984. Oggi finisce in carcere chi chiama la guerra col suo nome, la prova più lampante della neolingua del regime, ma non l’unica.
Una particolarmente agghiacciante inversione di senso avviene proprio con le parole “fascismo” e “nazismo”. Scopo dell’operazione in Ucraina è “de-nazificare” il regime “fascista” di Kiev.
È paradossale che un fascista chiami i proprio nemici con l’espressione che meglio lo definisce.
Il Fascismo eterno contempla forse altre caratteristiche, come l’anelito imperialista, il mito salutista, il culto del leader, la propaganda martellante e la fede fanatica nel potere dello stato. In ogni caso, il regime ha il primato di avere tutte le caratteristiche del fascismo individuate quasi trent’anni fa dal grande studioso italiano.
Come scrive Umberto Eco nel suo saggio, il nostro dovere è smascherare le nuove forme del fascismo, «ogni giorno, in ogni parte del mondo».

Immagine di copertina
Il murale. Un cartellone con Adolf Hitler, Joseph Stalin e Vladimir Putin esposto anni fa nel campo di Maidan, in piazza Indipendenza, nella capitale ucraina Kiev.

L’articolo in formato .pdf (due pagine separate): La Repubblica Cultura 26 agosto 2022 pp. 28-29


(*) –
Federico Varese (Ferrara, 1965) è un criminologo e accademico italiano, noto per i suoi studi sul crimine organizzato. Dal 2021, è Direttore del Dipartimento di Sociologia dell’Università di Oxford.
È stato editorialista de La Stampa di Torino dal 2011 al 2018. Oggi scrive per la Repubblica (fonte Wikipedia)

 

[“Il Fascismo eterno (1)” – Continua qui]

 

2 Comments

2 Comments

  1. Emilio Iodice

    2 Settembre 2022 at 10:20

    “Un paese in cui le persone hanno paura anche delle proprie ombre è sicuramente un paese di dittatura! In paesi così vili ci sono due gruppi di persone: gli zombi, i morti viventi che servono il dittatore e il resto, le persone intelligenti e onorevoli che combattono per la loro libertà!

    “Quando una nazione lascia il destino del suo paese a una persona ignorante e sciocca, allora quella nazione stessa sarà ricordata nella storia come nazione ignorante e sciocca!” (Mehmet Murat ildan)

    Con le perseveranza dei tafani, a rischio di essere noiosi, dobbiamo ricordare costantemente a noi stessi e al mondo libero il valore della libertà e la necessità di lottare per preservarla.
    Giornalisti, storici e scrittori amanti della libertà hanno questa responsabilità insieme a politici onesti eletti nelle democrazie.

    Ho scritto molto sull’ascesa della dittatura moderna nel mio bestseller, Il ritorno di Mussolini, L’ascesa della tirannia moderna. (https://www.amazon.it/Ritorno-Mussolini-Lascesa-Tirannia-Moderna/dp/B09919RYXQ)

    In un articolo che ho preparato per il Journal of Values Based Leadership, “Lessons from History, the Startling Rise to Power di Benito Mussolini, (tradotto in italiano dal professor Silverio Lamonica) ho spiegato gli elementi del fascismo articolati da molti studiosi, tra cui Umberto Eco. Ho concluso quel saggio con queste parole:

    La transitoria ascesa al potere di Mussolini dovrebbe indurre ad una pausa di riflessione coloro che amano la libertà. Ci dovremmo chiedere se un tale fenomeno possa accadere di nuovo. Potrebbe non assumere lo stesso aspetto o forma, ma il risultato di uno stato totalitario opprimente sarebbe il medesimo. La libertà sostituita dalla paura, il controllo col comando e il governo gestiti da pochi sulla moltitudine. Un evento del genere non può essere poi tanto remoto. La lezione che apprendiamo dall’ascesa di Benito Mussolini oggi è così attuale come lo era circa cento anni fa.
    In un incredibilmente breve periodo, è riuscito a ridefinire i parametri della leadership nel ventesimo secolo. Ha dimostrato i benefici dell’uomo solo al comando e il processo decisionale dittatoriale, in un modo tale che divenne ipnoticamente attraente per coloro che erano troppo ingenui per accorgersi del pericolo che stava loro davanti. Il fascismo divenne contagioso.
    La sua dottrina saltava da una nazione all’altra. Le dittature che si attenevano alle prescrizioni del Duce, si affermarono in Brasile e nella Germania nazista negli anni ’30 e, anni dopo, in altri luoghi come Argentina e Cile. I moderni tiranni aderiscono ancora ai metodi di Mussolini.

    La “road map” del Duce era chiara: servirsi di un periodo di crisi per salire alla ribalta con libere elezioni; formare un forte nucleo di sostenitori devoti e fedeli; consolidare il potere con l’aiuto di elementi dominanti delle istituzioni, offrendo loro ricchezza, legge e ordine; predare un’opposizione debole e disorganizzata; criticare aspramente i rivali; creare un ambiente di paura; versare un disprezzo costante sulla stampa e quindi controllarla; comunicare attivamente a tutti i livelli; creare un culto della personalità quale cardine del regime; e, infine, lanciare un’autocrazia col sostegno delle forze armate e di influenti alleati del mondo economico.
    Le realizzazioni di Mussolini nel ricostruire le infrastrutture nazionali, nell’edificare nuove città, nel bonificare le paludi per creare nuovi terreni agricoli, nel restaurare e preservare il patrimonio archeologico del paese, nel riorganizzare le istituzioni governative, nello stabilire nuovi programmi per il benessere delle famiglie e dei lavoratori e sviluppare un nuovo sistema legale ed educativo, furono sepolte dal maremoto delle guerre del Duce e dalla soppressione dei principi democratici dell’Italia.

    La bonifica delle paludi pontine fu uno dei maggiori successi del regime
    Una democrazia forte, competente e ben gestita avrebbe potuto compiere le stesse cose di Mussolini. Avrebbe potuto farle senza la perdita della libertà e, di certo, senza avventurarsi in guerre di conquista. Invece, il dispotismo italiano, con la sua mancanza intrinseca di valori, fagocitò il suo popolo in una tempesta di dolore, di spargimento di sangue e di tormento, mentre li deprivava della loro libertà.
    Il regime fascista lasciò l’Italia nel caos: era moralmente, psicologicamente e finanziariamente fallita. Centinaia di migliaia furono i morti, furono milioni i senzatetto, la sofferenza derivata dalla violenza, dalle atrocità e dalla follia della guerra furono attribuite innanzitutto a Mussolini.
    Giustamente il peso cadde su di lui e sul suo entourage. La responsabilità del disastro fu sua. Eppure era anche colpa di coloro che gli permisero di concentrare il potere e di assumere la decisione finale.
    Qualcuno dirà che gli italiani furono preda della seduzione fascista perché, a quei tempi, (l’Italia) era una società rurale con la maggior parte della popolazione ignorante. Dovremmo ricordare che molti intellettuali, compresi donne e uomini ricchi e molto istruiti, furono ammaliati dal fascismo e dal Duce.
    Ecco un uomo cui era concesso un potere illimitato e una fiducia illimitata nelle sue decisioni, integrità e sincerità. Avrebbe potuto usarle per arricchire la sua nazione con un innalzamento morale e con una maggiore stabilità economica e politica, basate su scelte sagge ed etiche. Invece intraprese un percorso verso il potere egocentrico con cui sostituì il patriottismo col mostro incontrollabile del cieco nazionalismo. Insistette nel sostituire la pace con la guerra e la democrazia con la tirannia.
    Benito Mussolini era un consumato predatore di rischi.
    Il suo gioco fu “seppellire la democrazia” e sguinzagliare un’energia che avrebbe portato il suo paese ai più alti livelli di successo. Così cambiò in modo da poter creare un popolo che sarebbe stato aggressivo, bellicoso e spinto da atteggiamenti imperiali, al fine di restaurare la gloria e la grandeur del passato. Scommise che la guerra gli avrebbe dato grandezza e fama eterna.
    Scommise e perse. Nel processo azzardò l’esistenza di coloro che credevano in lui [In: Lezioni dalla Storia. Mussolini]

  2. Emilio Iodice

    2 Settembre 2022 at 14:42

    Biden parla della democrazia degli Stati Uniti

    Il presidente Biden si è rivolto agli Stati Uniti in un discorso in prima serata ieri sera. Ha parlato della minaccia alla democrazia americana, avvertendo che i valori del Paese sono attaccati da coloro che sono fedeli all’ex presidente Donald Trump.

    “Per molto tempo ci siamo rassicurati sul fatto che la democrazia americana è garantita”, ha detto Biden. “Ma non lo è. Dobbiamo difenderla. Proteggerla. Difenderla. Ognuno di noi”.

    Con osservazioni straordinariamente dirette, Biden ha definito le imminenti elezioni di medio termine come una “battaglia per l’anima della nazione”. Ha accusato i repubblicani fedeli a Trump di abbracciare l’estremismo e di minare i valori democratici.

    Citando lo “straordinario esperimento di autogoverno” rappresentato dalla Costituzione, Biden ha affermato che “la storia ci dice che una cieca lealtà verso un unico leader e la volontà di impegnarsi nella violenza politica sono fatali per la democrazia”.

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