Esteri

Qui dalla redazione “Esteri” del sito…

segnalato da Sandro Russo e Luigi Narducci

Faccio mie le parole di Luigi Narducci da un Gruppo whatsapp “Dialettica” che frequento da qualche mese.
Lo ringrazio per questa segnalazione – da il Manifesto – e la partecipo ai lettori di Ponzaracconta.
S. R.

“L’analisi di Loris Caruso sul manifesto è forse la più lucida che abbia letto dall’inizio della guerra. Citando a memoria: perdita di senso, scontro basato sulla pura forza senza più coperture valoriali e ideologiche, volontà di potenza, capitalismo globalizzato come unica realtà in campo, benché declinato in varie forme (occidentale, russo, cinese), sono i concetti chiave che però, se li assumiamo, dobbiamo poi essere coerenti e liberarci definitivamente da tutta una serie di riflessi condizionati perfino inconsci, che pure continuo a riscontrare anche nei commenti su Dialettica. E cioè: non è che chi si oppone all’Occidente allora di per sé sia un “compagno”, tanto per schematizzare. “Compagni” non ce ne sono più fra le grandi realtà dominanti, e per la verità da gran tempo l’URSS non incarnava più i valori dell’Ottobre – e lo si sapeva. Non faremo un passo avanti se non guardiamo in faccia la realtà pur tragica di questo mero scontro tra imperi che oggi è il mondo, e se conseguentemente, con le nostre pur debolissime e disperse energie, non ripartiamo (come più o meno conclude l’articolo) per costruire una diversa narrazione”.
L. N.

L’ultimo avamposto prima della linea del fronte poco dopo Lupareve (immagine da il Manifesto)


Il commento della settimana
– Da Il manifesto del 18 aprile 2022
di Loris Caruso

Uno degli aspetti più evidenti, eppure meno evidenziati, della crisi internazionale in corso, è la mancanza di uno sfondo ideologico. Politicamente e ideologicamente non ci sono “parti” in campo, non ci sono opposizioni valoriali chiare e nette. Gli schieramenti e le prese di posizione si producono su un piano di immediatezza, sono concretamente legati a letture della situazione materiale che si sta determinando, ma non possono acquisire la dimensione e la profondità del colore politico e dell’ideologia.

In campo ci sono la potenza, le armi, i corpi uccisi, i corpi in fuga, le case e le strade distrutte, gli spazi fisici occupati, da occupare o da liberare, le risorse fisiche e materiali da contendersi, da comprare, da vendere o da bandire (dopo che era sembrato che il digitale dovesse smaterializzare il mondo). Ma niente di tutto questo sublima in una rappresentazione politica che dia un senso non solo immediato e materiale al conflitto.

Più di un secolo fa, la penna anticipatrice di Nietzsche scriveva che “nell’epoca del nichilismo domina la volontà di potenzia”. Siamo qui, alla nuda volontà di potenza: quella di chi vuole acquisire, mantenere o espandere il proprio status di potenza, e quella di chi vuole evitare il proprio declino come unica superpotenza economica e militare mondiale. Quattro decenni di globalizzazione e finanziarizzazione neo- liberista ci hanno portato qui, nel puro scatenamento a-valoriale della logica di potenza, in un campo di macerie fisiche che si accumulano sulle macerie culturali prodotte nei decenni precedenti.

Una dimensione valoriale del conflitto viene evocata per legittimare eticamente scelte materiali (come l’aumento delle spese militari), ma questa evocazione valoriale (“Siamo la libertà e la democrazia contro l’autocrazia”) appare stanca, già applicata a troppi contesti diversi e in modi troppo asimmetrici e incoerenti per avere la capacità di assegnare un senso agli eventi.

Per questo siamo avvitati, oltre che nella guerra, nel non-senso, in un vuoto culturale in cui è difficile attribuire una connotazione politica alle parti in conflitto. Gli ucraini definiscono fasciste le politiche russe; Putin sostiene di dover de-nazificare l’Ucraina. Fascisti contro nazisti, questa la reciproca rappresentazione tra le parti. Zelensky è un leader politico di conio assolutamente post-moderno: è progressista, è conservatore? È amico dei nazisti che allignano nel battaglione Azov o sta guidando una resistenza anti-fascista? È di destra, è di sinistra? Putin è alleato  delle destre radicali di mezzo mondo, ma la sinistra pacifista viene oggi definita ‘putiniana’. Una mappa illeggibile.

La narrazione occidentale – libertà vs. autocrazia – richiama la contrapposizione tra ‘mondo libero’ e comunismo della Guerra fredda. Ma la Guerra fredda era anche una guerra tra blocchi politici che strutturavano ideologicamente la lotta politica a tutte le latitudini.
Oggi questa contrapposizione non c’è. Non c’è ideologicamente, come detto. Ma nemmeno politicamente. La contrapposizione tra democrazia e ‘dispotismo orientale’ trova oggi democrazie occidentali che non somigliano alle ‘democrazie mature’ degli anni Sessanta e Settanta, quando con tutti i loro limiti, innervate dai partiti di massa e dalla polarizzazione ideologica, le democrazie rappresentative raggiungevano il proprio apice storico. Ora abbiamo democrazie sfibrate tanto quanto le rappresentazioni ideologiche della Guerra fredda, che mettono anche in scena la propria incapacità di sopportare un dibattito pluralista.

Non c’è nemmeno una contrapposizione di carattere economico. La guerra fredda era capitalismo contro socialismo reale. Oggi tutte le forze in gioco rientrano nel novero delle “varietà di capitalismo”: il capitalismo russo non è quello statunitense, che non è quello cinese, che non è quello tedesco, ma sono tutti capitalismi, tutti in qualche modo guidati da oligarchi e oligarchie.

Accanto ai rischi radicali che stiamo vivendo in termini militari, economici e sociali, stiamo precipitando in una guerra ideologica senza ideologia, in una propaganda che dissemina geroglifici impossibili da ricondurre a una mappa che trascenda la violenza e la potenza.

Proprio qui può iniziare il lavoro di chi si schiera dalla parte della pace, della trattativa, del disarmo, della complicata e lunga costruzione di un ordine internazionale multipolare e cooperativo. Qui, dal legame concreto e già effettivo tra i rischi ‘fisici’ che la guerra fa precipitare su tutti noi, i rischi economici e sociali che questo implica per larga parte delle popolazioni anche occidentali (chi pagherà la ‘lotta per la libertà’?), e la crisi del senso, la mancanza di progetti di società e di costruzioni politico-culturali che disegnino i profili di un mondo giusto da abitare insieme. Tutto è tornato in gioco, quindi anche la necessità di nuove ‘grandi narrazioni’.

Qui l’articolo in formato .pdf: L’analisi di Loris Caruso su Il manifesto

5 Comments

5 Comments

  1. vincenzo

    21 Aprile 2022 at 08:20

    L’altro giorno ho postato un video di Lilli Gruber sulla guerra in Iraq. La Lilly parlava di narrazione, addirittura di film, di fiction che dava in pasto al grande gregge occidentale verità precostituite.
    Oggi Lilly Gruber è cambiata perché nel frattempo avrà fatto degli incontri particolari. Lei oggi rappresenta quello che denunciava qualche anno fa: strumento di propaganda.

    Sandro con la pubblicazione di questo articolo dimostra anche lui di aver compreso che non ci sono guerre per la democrazia ma solo guerre economiche e per il predominio geopolitico.
    Nell’articolo si nomina il colpevole numero uno ed è il neoliberismo che cosa diversa dal liberalismo.
    Le guerre sono state fatte per il petrolio e per altre materie prime: guerre in Iraq, Afganistan, Libia, Siria, hanno permesso una vita al di sopra delle possibilità nelle società occidentali. Oggi che sta finendo il petrolio “questi quattro cani” non hanno ben chiaro il prossimo osso da dividersi. Per questo stanno coinvolgendo anche le popolazioni occidentali: imponendo un sistema economico fatto di sacrifici per le classi medio basse, di decrescita infelice, di distruzione di domanda e addirittura le stanno coinvolgendo in una guerra dagli esiti molto pericolosi. La grande democrazia a propulsione petrolifera ed esportata con le guerre sta declinando per cui deve adottare nuovi modelli per governare la sua gente, che è troppa e consuma troppo.

  2. Tano Pirrone

    21 Aprile 2022 at 09:11

    Non so cosa intenda il compagno Loris Caruso” de “Il Manifesto”, quando dice che “politicamente e ideologicamente non ci sono ‘parti’ in campo, non ci sono opposizioni valoriali chiare e nette”: vuol, forse dire che le guerre si fanno solo fra comunisti contro capitalisti oppure… ciccia?! Quando io militavo nel Manifesto e in tutte le varietà e sottovarietà del ‘manifestarsi’ che quell’area (Marx la benedica!) riuscì ad avere, se avessi detto o scritto una cosa del genere, mi avrebbero portato davanti alla sede della DC di Palermo, legato e imbavagliato e mi ci avrebbero lasciato! Secondo Caruso non c’è contrapposizione ideologica (cioè non ci sono marxisti da una parte e imperialisti capitalisti dall’altra), ho capito bene? E allora che cosa c’è? Il potere del Bene Occidentale incarnato dal mostro mangiatutto americano combatte, in una lotta che non finisce mai l’Orso russo, IMPERO DEL MALE, dove passò quasi per sbaglio la cometa di Marx, per illuminare per poco, quel tanto per illudere tre quarti dell’umanità, ed ora tutto si è estinto, spento abbuiato): non è forse lotta ideologica, all’interno di due manifestazioni diverse del concetto di Potere, Predominio, Dominio. Cos’è “ideologico”? Marxismo vs Capitalismo? Religione vs Ateismo? Maschio vs Donna? Povero vs Ricco? Nordico vs Sudicio? Normale vs Anormale? Terratondismo vs Terrapiattismo?
    Nel pensiero marxista, cui entrambi, spero facciamo in qualche residuo modo riferimento – altrimenti di che stiamo a parlare? – ideologia è l’insieme (rubo alla voce online della Treccani) delle credenze religiose, filosofiche, politiche e morali che in ogni singola fase storica sono proprie di una determinata classe (insieme) sociale, informandone il comportamento, e che dipendono dalla collocazione che questa ha nei rapporti di produzione vigenti. In quanto tale, l’ideologia, lungi dal costituire scienza, ha la funzione di esprimere e giustificare interessi particolari, per lo più delle classi proprietarie ed egemoni (leggi: delle potenze capitalistiche ed egemoni) sotto l’apparenza di perseguire l’interesse generale (che quando si mette la divisa si chiama Nato) o di aderire a un preteso corso naturale (noi siamo i buoni).
    Caro Loris: dici bene alla fine, quando dopo aver dribblato i vecchi schemi novecenteschi, ti riappropri dello strumento analitico marxista e riconduci il tutto alla necessità di fermare il gioco per rifissare le regole. Dall’angoletto umido e nero in cui in tanti siamo stati relegati perché cattivi, comunisti, antiamericani, illiberari (!), senz’anima, mangiabambini solo perché diciamo da sessanta giorni che non tutto è come appare e che bisogna prima di ogni altra cosa fermare il treno della guerra prima che avvenga l’irreparabile, alziamo la mano gridando: eccoci!
    Ma attento, che fermare i giochi significa rispettare gli accordi diplomatici precedenti ai fatti, la cui palese violazione ha scatenato l’orrida guerra. Prima di fermarsi e mettersi a parlare bisogna fissare per ogni termine il suo significato. Saremo pronti allora alla pace. Siamo, prima che in un vago occidente, in un’Europa, che comincia dalle sponde dell’Atlantico, comprende tutte le sponde del Mediterraneo e finisce nel Nord Pacifico: gli interessi dei terzi (Cina, America India ecc.) vengono dopo gli interessi di questi europei.

  3. Sandro Russo

    21 Aprile 2022 at 16:04

    Vorrei richiamare al senso stretto delle parole che si possono stirare sì, ma non fino ad affermare quel che l’Autore dell’articolo (Loris Caruso) non ha scritto.

    Scrive Tano:
    “Secondo Caruso non c’è contrapposizione ideologica (cioè non ci sono marxisti da una parte e imperialisti capitalisti dall’altra), ho capito bene? E allora che cosa c’è?”.
    No Tano, non è così.
    Non ci sono più marxisti in Russia, o se ci sono si tengono ben nascosti. Non è neanche lontanamente marxista Putin. Anzi gli ideali della grande rivoluzione russo li disprezza e li combatte.
    Scrive Caruso:
    “…la Guerra fredda era anche una guerra tra blocchi politici che strutturavano ideologicamente la lotta politica a tutte le latitudini.
    Oggi questa contrapposizione non c’è. Non c’è ideologicamente, come detto. Ma nemmeno politicamente.
    (…)
    Non c’è nemmeno una contrapposizione di carattere economico. La guerra fredda era capitalismo contro socialismo reale”. Oggi tutte le forze in gioco rientrano nel novero delle “varietà di capitalismo”: il capitalismo russo non è quello statunitense, che non è quello cinese, che non è quello tedesco, ma sono tutti capitalismi, tutti in qualche modo guidati da oligarchi e oligarchie
    .

    Ci sono quindi diversi imperialismi che si fronteggiano. Ed è su questa assenza di contrapposizione ideologica/economica che si fonda tutto l’articolo di Caruso.
    Se si travisa questo punto importante e su questo si imposta tutta la giaculatoria successiva, gran parte del commento non ha senso.

  4. Tano Pirrone

    21 Aprile 2022 at 18:01

    Le giaculatorie le fanno i padri passionisti. Se si vuol fare il moderatore bisogna conoscere tutte le sfumature dell’argomento, non inveire con chi ha fatto un intervento, che ha pienamente senso anche se quel senso il moderatore non lo capisce a fondo. Ci sono sensibilità eccessive che vibrano al primo decibel sopra la norma; un “moderatore” dovrebbe essere meno sensibile e, poi, moderare che? E soprattutto non intervenire scrivendomi “Non puoi mettere alla berlina l’autore dell’articolo su una questione di termini…”. Perché oltre ad essere (questo si) offensivo, è anche fuori tema e dimostra di non aver compreso la nuce del problema.

  5. Sandro Russo

    21 Aprile 2022 at 19:34

    Conosco abbastanza per capire che su questo tema ci sono sensibilità abnormi, non riconducibili alla ragione. Comunque il mio interesse è che i lettori si facciano un’idea precisa di quali sono i temi del contendere e delle rispettive posizioni. Il resto è un ping-pong verbale che aborro e a cui non darò seguito.

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