Viaggi

Tutte le Leopoli della nostra inquietudine

proposto da Sandro Russo

Viaggiare da fermi e leggere poesia (collage di storie in libera associazione).
Sono partito da una notizia e una foto, sul giornale on-line di oggi, dal titolo e dall’autore, Paolo Di Paolo, che conosco e leggo sempre.
La notizia è quella del missile russo Karkhiv (ipersonico?) che ha colpito ieri Leopoli (?), a circa 500 km  da Kiew; poi la foto della vecchina rifugiata e il commento di Paolo Di Paolo, che riporta dei brani di un poeta polacco (?).
Troppi punti interrogativi per non cercare di saperne di più. Così monto le cose che ho appreso come i pezzi di un collage e tutto sarà più chiaro (…spero). Per chi vuole c’è anche l’indicazione per ulteriori letture.
S. R.

Svitlana Toryanik nel rifugio di Leopoli, Ucraina. 19 marzo 2022 (Foto Reuters/Zohra Bensemra)

Svitlana stanca di guerre
di Paolo Di Paolo – da La Repubblica on line del 19 marzo 2022

Il conflitto in Ucraina raccontato con un’immagine. La donna nella foto si chiama Svitlana, ha 81 anni ed è nata durante quella che dicevano essere l’ultima guerra. Invece non era così

L’anagrafe l’ha costretta a essere bambina durante quella che chiamavamo l’ultima guerra. Ma non solo non è stata l’ultima: per una come lei, per una come Svitlana, è stata la prima. La prima di una serie di guerre di cui ha avvertito il fragore più o meno da vicino, e la paura – al punto forse da convincersi che il mondo senza guerra non esiste. Per lei non è mai esistito. Avvolta in una coperta, la testa coperta, non è difficile immaginarla a cinque anni difendersi da un altro inverno nero. La vita all’ultimo tratto le ripresenta lo stesso prezzo, e un diverso rifugio.
Lasciata Kharkiv bombardata, in questo 19 marzo del suo ottantunesimo anno è a Leopoli. Città lacerata dalle tempeste della storia, austro-ungarica, polacca, occupata prima dall’Unione Sovietica, poi dalla Germania nazista, di nuovo parte dell’Urss, e infine ucraina. Fino a quando?
Un grande poeta nato a Leopoli nel 1945 – Svitlana era già al mondo – lasciò la città quando le autorità sovietiche espulsero i polacchi. È morto il primo giorno di primavera di un anno fa, risparmiandosi questa ulteriore ferita della sua città natale. Ha scritto poesie bellissime, commoventi, piccoli romanzi in versi. Quella intitolata “Andare a Leopoli” è tornata a circolare in queste settimane.
Un verso dice: “Partire in fretta over Leopoli, in piena notte o di giorno, a settembre o marzo”. E poi: “La gente si diceva addio / senza fazzoletti, senza lacrime, la bocca / così secca, non ti vedrò mai più, tanta morte / ci attende”. E infine: “In fretta, soltanto fare / le valigie, sempre, ogni giorno, / e andare senza fiato, andare a Leopoli, dopotutto / esiste, calma e pura come / una pesca. Leopoli è ovunque”.
[Di Paolo Di Paolo, da la Repubblica online del 19 marzo 2021]

Andare a Leopoli – La città dei confini annullati – 1 –
di Piero Maderna (1) da https://macondoexpressblog.com del  19 maggio 2019

Prologo
Andare a Leopoli. Così ha scritto il grande poeta polacco Adam Zagajewski, questo rappresentava Leopoli per lui. Già. Ma per noi? Perché andare a Leopoli? Me la son sentita fare varie volte questa domanda, negli ultimi mesi, quando dicevo a qualcuno di avere in programma questo viaggio.
Prima di tutto c’è l’ovvia difficoltà ad individuare Leopoli sulla carta geografica; e non migliora certo la situazione se dici “Galizia”… lì, nel migliore dei casi, pensano alla Galizia spagnola, regione che per altro amo perché somiglia all’Irlanda, per molti aspetti. Tra l’altro, non pochi galiziani di quella Galizia inorridirebbero nel sentirla definire “spagnola”, però come dirlo altrimenti? Ma non divaghiamo. Per questo ho imparato subito, prima di andare avanti, a premettere “Ma non la Galizia spagnola, eh?”. A questo punto in genere è il buio totale. E anche se aggiungi “La Galizia che era una provincia dell’impero austroungarico” non funziona, la situazione non migliora. Almeno, per me non ha funzionato, ma forse non ho amici e colleghi abbastanza eruditi, può essere. Tra l’altro, alla precisazione “Leopoli è in Ucraina”, mi aspettavo la reazione “Ma come, vai in un paese in guerra?!”, per cui avevo pronta la risposta “Sì, ma Leopoli è a 1300 chilometri dalla zona in guerra”. E invece… è servita solo pochissime volte: si contano sulle dita di una mano, segno evidente che quasi nessuno si ricorda più che in Ucraina c’è il conflitto del Donbass, per quanto oggi lo si possa definire a bassa intensità.
Per dirla tutta, anch’io non sapevo dell’esistenza di quest’altra Galizia fino a non molti anni fa. Direi fino a quando non ho letto il bellissimo libro di Paolo Rumiz (che, detto en passant, è uno dei miei idoli letterari) intitolato “Come cavalli che dormono in piedi” (2014) [sul sito un suo articolo sulla guerra in corso si può leggere qui – ndr].


Dove Rumiz racconta, cercando di ripercorrerne i passi, l’epopea galiziana di suo nonno che, in quanto triestino, era stato arruolato dall’Austria durante la Grande Guerra; e che, sempre in quanto triestino e quindi “italiano”, non era stato mandato sul fronte italiano, dove sarebbe stato a rischio di “intelligenza col nemico”, ma sul fronte russo, il più lontano possibile. E il fronte russo allora passava proprio per la Galizia, che era l’ultima propaggine dell’Impero, l’ultimo avamposto al confine con la Russia zarista. Come nonno Rumiz, molti triestini e trentini furono mandati da queste parti, e non tutti furono fortunati come lui, che riuscì a tornare. Questa è una delle tante storie che passano per Leopoli e la Galizia, non certo l’unica, come vedremo.

E qui stiamo cominciando ad arrivare al nocciolo, alla risposta alla fatidica domanda: “Perché andare a Leopoli”.
Perché è un limes, è un confine geografico, storico, antropologico tra due mondi, tra Est e Ovest. E come tutti i confini ha un grande fascino, derivante proprio dal sovrapporsi e dal confondersi di etnie, lingue, culture, religioni. Come tutti, insomma… forse anche un po’ di più. Non è davvero facile trovare una città così complessa e stratificata, con una storia così travagliata e forse proprio per questo ricca.
Basti pensare solo all’ultimo secolo, o giù di lì. Il Novecento inizia con Leopoli che, appunto, è l’ultimo avamposto dell’Impero austroungarico prima della Grande Russia. Durante la Prima Guerra Mondiale viene occupata proprio dalla Russia, poi l’Impero si sfalda e Leopoli diventa Polonia. Nel 1939 è occupata dall’Unione Sovietica, poi nel 1941 dalla Germania nazista. Alla fine della guerra è di nuovo URSS e poi, dal 1991, Ucraina. Sei cambi di bandiera in un secolo appena.

Ma è più bello dirlo con questa storiella ebraica che ho sentito raccontare da Artem, che è stato una delle nostre guide in questo viaggio; lo conosceremo più avanti, in una delle prossime puntate. Per ora vi basti sapere che l’identità ebraica è una di quelle che fanno parte della storia di questa città, dove viveva una comunità ebraica numerosissima, purtroppo decimata dall’Olocausto. Un’identità forte, che ha dato molto alla città soprattutto sotto il profilo artistico e letterario. La storiella dice così:
C’è un vecchio commerciante ebreo nato negli anni ’10 del novecento che, ultranovantenne, muore e va in paradiso. Dio gli chiede: “Tu di dove sei?”. E lui risponde: “Io sono nato nell’Impero austroungarico, ho fatto l’asilo nella Russia zarista, ho fatto le scuole in Polonia, poi ho cominciato a lavorare in Unione Sovietica. Ma sono diventato veramente uomo sotto il Terzo Reich tedesco, a cui sono sopravvissuto a stento. Mi sono sposato e ho avuto figli ancora in Unione Sovietica, sono diventato vecchio e sono morto in Ucraina.
“Hai viaggiato molto nella tua vita!” esclama Dio.
E il vecchio: “Mah, veramente non mi sono mai mosso da Leopoli.”

È per questo che la città ha molti nomi. Per noi “latini” è Leopoli. Ma è anche L’viv in ucraino, L’vov in russo, L’wow in polacco, Lemberg in tedesco. È una città di confine, ma è anche la città dei confini annullati, dove i confini spariscono e tutto si mescola e si confonde: così l’ha definita Joseph Roth, un grande scrittore ebreo galiziano.
A noi piacciono questi posti, è inutile dirlo. Voglio dire, a noi che viaggiamo con ViaggieMiraggi e con Radio Popolare (non in questo caso con Radio Pop, ma con molti compagni di viaggio ci siamo conosciuti così, non dimentichiamolo). Non ci piacciono i muri, ci piacciono i ponti, veri e metaforici, i ponti tra mondi e culture.

Insomma, per non farla troppo lunga, questa città ha una storia complicata. E dentro questa Storia grande, con la “S” maiuscola, ci sono tante, tantissime storie con la “s” minuscola; non immaginate quante, di letterati, artisti, politici, militari, architetti, cantanti, musicisti… e chi più ne ha più ne metta. Ma anche di persone comuni. Non riuscirò a raccontarle tutte, sarebbe impossibile. E poi questo è solo un (modesto) diario di viaggio. Ma, se avrete la pazienza di seguirmi, proverò ad accennarne qualcuna. Per scoprire le altre non vi resterà che… andare anche voi a Leopoli, cosa che fin d’ora vi consiglio. E speriamo che alla fine abbiate capito che c’era, e c’è, un perché: vorrà dire che, nel mio piccolo, sono riuscito a spiegarvelo.
Ma adesso cominciamo…  (per continuare la lettura il link é in Note)

Andare a Leopoli

Andare a Leopoli. Da che stazione per Leopoli,
se non in sogno all’alba, quando la rugiada
luccica su una valigia, quando i treni espressi
e i rapidi nascono. Partire in fretta
per Leopoli, di notte o di giorno, in settembre o a marzo.
[…] e c’era troppa Leopoli,
non ci stava nei recipienti,
faceva scoppiare i bicchieri, straripava
da stagni e laghi, fumava da ogni camino,
si mutava in fuoco, in temporale,
rideva col fulmine, diventava docile,
tornava a casa, leggeva il Nuovo Testamento,
dormiva sul divano accanto al tappeto dei Carpazi,
c’era troppa Leopoli e ora non ce n’è più,
[…] e la cattedrale tremava, la gente si diceva addio
senza fazzoletti, niente lacrime, la bocca
così secca, non ti vedrò mai più, così tanta morte
ci attende, perché ogni città
deve diventare Gerusalemme e ogni uomo un ebreo,
e ora, in fretta, soltanto fare le valigie, sempre, ogni giorno,
e andare senza fiato, andare a Leopoli, dopotutto
esiste, calma e pura come una pesca. È ovunque.

[Adam Zagajewski (2)]

Adam Zagajewski

Note

(1) – Piero Maderna, nato a Milano nel ’69. Ingegnere, di professione. Ama viaggiare. Il suo racconto (piuttosto lungo) è su https://macondoexpressblog.com

(2) – Adam Zagajewski (Leopoli, 1945 – Cracovia, 2021) è stato un poeta, scrittore e saggista polacco.

 

2 Comments

2 Comments

  1. Gianni Sarro

    20 Marzo 2022 at 10:38

    Letto con molto gusto su Ponzaracconta l’articolo di Sandro su Leopoli. Molto interessante perché la storia di Leopoli e del confine galiziano riassume bene la Storia dell’Europa degli ultimi tre secoli. Dagli Asburgo ad oggi.

  2. Cristina Vanarelli

    20 Marzo 2022 at 20:20

    Buona domenica Sandro, leggo sempre con piacere i vostri articoli più che condivisibili. In proposito vorrei permettermi di consigliare un paio di letture. Avrei voluto estrarre parte o frasi di alcune pagine di ambedue i libri ma non ci ci sono riuscita perché ogni frase o riga o pagina non può essere separata dal resto del testo. Sarebbe un peccato. E’ tutto da leggere.
    I libri sono Imperium di Ryszard Kapucinski (nato a Pinsk, in Polonia, ora Bielorussia) pubblicato da Feltrinelli nel 1994 e Viaggio in Russia di Joseph Roth pubblicato da Adelphi, che conoscete e citate nel vostro sito, scritto alla fine degli anni ’20. Ambedue reportage dalla Russia in tempi diversi ma direi… sempre di attualità!
    Un caro saluto
    Cristina Vanarelli

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