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Da parecchio tempo avevo da parte questo suggestivo “corto d’animazione” tratto da un racconto del 1953 dello scrittore francese Jean Giono (1895-1970).
L’occasione per proporlo è il gran parlare che si è fatto, nei giorni e mesi scorsi, della proposta di piantare mille miliardi di alberi per cercare di attenuare la crisi climatica che attanaglia il pianeta.
Un saggio complessivo su questo tema completerà il quadro (leggi qui). Sarà una lettura impegnativa, ma informarci è il minimo che possiamo fare.
Su questi argomenti ‘globali’ si ha spesso paura di essere inadeguati a fronteggiare “di persona” un problema così vasto. La mia esperienza in proposito è minimalista: periodicamente mi chiedo se nella mia vita ho più piantato più alberi di quanti ne abbia distrutti. La risposta mi rassicura. Poi penso che gli abitanti del pianeta sono dieci miliardi, e per ciascuno piantare cento alberi non sarebbe un traguardo irraggiungibile. Ma il problema è complesso, come si vedrà dall’articolo successivo.
Alcune menti illuminate ritengono che “La Natura si salva con la poesia”: è il titolo della presentazione del più recente lavoro di Amitav Ghosh, scrittore indiano di cui ho letto il notevole ciclo Mare di papaveri sulla storia dell’oppio (ciclo di tre romanzi) (leggi qui). Io non sono così ottimista, ma comunque presento il punto di vista letterario o “poetico”, prima di quello saggistico-analitico.
Da YouTube. L’uomo che piantava gli alberi (L’homme qui plantait des arbres) è un film d’animazione del 1987 diretto da Frédéric Back, basato sul racconto omonimo di Jean Giono pubblicato nel 1953. Premio Oscar nel 1988 per il miglior cortometraggio animato. Versione italiana detta di Toni Servillo (è Philippe Noiret nella versione francese).
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Il cortometraggio è il frutto di cinque anni di lavoro; i disegni sono stati realizzati con l’uso di matite colorate sfumate su fogli di acetato e sono stati animati da Back con l’aiuto di un solo intercalatore. Nel 1994 è stato inserito alla posizione numero 44 nella lista The 50 Greatest Cartoons stilata da membri del campo dell’animazione.
Fin dai titoli di testa ascoltiamo la voce fuori campo che narra il prologo; il commento musicale, fin troppo breve, è una splendida musica piena e sonora di tipo orchestrale, en plein air.
“Conoscevo i villaggi di quella regione”: su queste parole esordisce una musica per soli archi, a maglie larghe e dal modo minore, che via via si intensifica e diventa crudele e movimentata, arrotata su movimenti circolari, come mossa da un vento impietoso, come quello di cui si fa menzione nella narrazione.
Quando si parla di pazzia, omicidi, lotta tra bene e male (e compare anche il sacerdote dei villaggi) agli archi si unisce l’organo, con un registro acido e dispiegato, ma non così forte, in modo che il suo intervento si senta ma si fonda col marciume maligno di cui si racconta.
Quando non c’è musica, si sentono i rumori di scena: vento che ulula, crepitio del fuoco, frinire di grilli, terra, acqua, sciami di api…
“Da tre anni piantava alberi in quella solitudine…” clarinetto solista, tremolo d’archi e arpa in contrappunto illuminano le speranze del protagonista, illustrando un brano dolce, luminoso, maggiore, lento ma con un fremito interno, come la fiammella che anima il protagonista, un uomo solo, aveva perso moglie e figlio, e si era ritirato nella quiete di quella occupazione: piantare alberi in una landa ormai desolata. La grande speranza di chi ha compreso che la terra ha bisogno di vivere, rivivere, per far star bene tutti.
Il suono di un trombone sancisce con poche note (do sol do re do) la fine della guerra, il protagonista – io narrante – è solo, e vuole tornare a respirare la vita e la natura: la musica commenta, e sentiamo un flauto dolcissimo (mi sol, in do maggiore), in timbro complesso con il violino che aggiunge guizzo ed entusiasmo a quelle note. Si aggiunge il corno francese che dà spazio alle immagini del paesaggio, accentuando la spazialità con gli intervalli di quarta e quinta.
La reazione dell’ambiente, all’opera dell’atleta di Dio che piantava gli alberi, è miracolosa. “Era un posto dove si aveva voglia di abitare”, e dove la Natura, a prescindere da due guerre mondiali, era rinata completamente.
Tutte le creature sembrano intonare il canto finale, dall’aria festosa (cui si aggiungono la fisarmonica e risa gioiose), denso di poesia e di speranza.
Musiche di Normand Roger con la collaborazione di Denis L. Chartrand.
[tratto da Wikipedia e “Cinema d’ascolto”, progetto saggistico di Mariangela Ungaro, edizioni Pluriversum]
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Appendice del 20 novembre (cfr. Commento di Maria Silvia Pérsico dall’Argentina)
La canzone che ci invia Maria Silvia è de “I ratti della Sabina” (da YouTube):
Risponde Sandro Russo
Grazie Maria Silvia,
sono contento che l’articolo su Ponzaracconta abbia attraversato l’oceano e toccato il tua sensibilità. Pensa che la canzone de I ratti della Sabina su questa storia, neanche la conoscevo, quindi doppio grazie.
Un’ultimo regalo: quando scrivi nella tua lingua, essa ci arriva perfettamente comprensibile nel senso; giusto ho aggiunto (tra parentesi) qualche parola, ma leggendo ad alta voce arriva quasi in forma musicale… E’ bello!
Patrizia Maccotta
18 Novembre 2021 at 19:58
– “La vita è così grande che quando sarai sul punto di morire pianterai un ulivo, convinto ancora di vederlo fiorire” – canta Roberto Vecchioni in ‘Sogna, Ragazzo, Sogna’.
Sandro è un ragazzo e vive tra gli alberi. Tra piante semplici e piante rare. Credo le ami tutte allo stesso modo. Si prende sempre cura di loro. In questo modo salva la vita e salva il futuro.
Un articolo molto bello impreziosito con il filmato.
Maria Silvia Pérsico / Sandro Russo
20 Novembre 2021 at 19:25
Ciaò, Sandro, l’articolo è bello ed anche il cortometraggio dell’uomo che piantava gli alberi. Una bellissima storia che penso perfila (delinea, descrive) anche la vita dei ponzesi alla fine del secolo XIX quando viveva là mio bisnono. Una bella voce che racconta…
Ho trovato una canzone… e non credo che sia una trovata azarosa (casuale) .
Abbraccio dal sud (dove è) e quasi estate,
María Silvia
https://youtu.be/7Og0IKyP_Wo
[I ratti della Sabina]
Ornella Cacciò
25 Novembre 2021 at 16:28
“Il momento migliore per piantare un albero era vent’anni fa, il secondo migliore momento è adesso” – dice un noto proverbio cinese.
Ho letto con interesse i due articoli di Sandro e visto le bellissime immagini del filmato; mentre leggevo mi ricordavo i pomeriggi estivi in cui mia mamma cercava ostinatamente di farmi fare il famoso odiato ‘riposino’. Lei aveva una fantasia estrosa e vivace e mi raccontava di Giovannino Semidimela… mi affascinava sempre, l’avrò voluta sentire almeno cento volte. In seguito ho saputo che non era una fantasia di mia mamma ma che è realmente esistito un certo John Chapman, detto Johnny Appleseed, che dalla fine del ‘700 cominciò ad esplorare le regioni selvagge del West piantando, lungo il cammino, migliaia di semi di mele…
Oggi c’è un movimento ambientalista che suggerisce di non gettare tra i rifiuti i noccioli e i semi della frutta che consumiamo, ma lasciarli essiccare e poi buttarli lungo i sentieri delle nostre passeggiate. Questo per rimboschire in modo naturale e tutelare la biodiversità… Chiaramente io partecipo.