Ambiente e Natura

Un giallo d’ambiente nella Napoli di fine Ottocento

Proposto da Sandro Russo

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Ci eravamo incuriositi a questo romanzo per la segnalazione di un lettore, che ne scriveva a proposito dell’uso del dialetto (leggi qui). Comprato, letto e piaciuto – innescare curiosità: anche a questo serve Ponzaracconta – e siamo qui a darne conto.
Non sono un lettore di gialli anche se qualcuno mi aveva parlato di Diego Lama (1); ma non avevo mai approfondito. Alla lettura di un giallo (2) arrivo per vie traverse. Qualche volta dal cinema, a volte perché l’autore è un vero grande (ho letto molto di Simenon, per capirci); perché spesso il “giallo” è solo un contenitore, o un pretesto per istanze diverse: storie di ambiente o approfondimento antropologico per esempio.
Diversi motivi di interesse confluiscono in questo più recente romanzo di Diego Lama, che è una sorta di pre-sequel, infatti al titolo “Tutti si muore soli” aggiunge come sottotitolo “La prima indagine del commissario Veneruso”, cinico e disincantato (ma non tanto) hard-boiled in salsa napoletana, che si svolge in un solo giorno (e qualche ora), precisamente il 28-29 luglio 1883, il giorno del terremoto di Ischia (epicentro a Casamicciola) che fu avvertito distintamente anche a Napoli.
Infine un’attenzione non superficiale per il dialetto, che era stato l’innesco iniziale. Lama inserisce tra i personaggi anche in certo Guerriero Guerrieri, direttore della Biblioteca Nazionale di Napoli (teatro di uno dei delitti), studioso e cultore del dialetto napoletano, che nel libro si lancia in appassionate perorazioni del dialetto (pag. 107 e segg.) e nella rievocazione di termini particolarmente evocativi: “Appassulià, cummuglià, derrupà, fruscià, ‘mbruscenà, pippià, ruciulià, scialà, taccarià, vuttà… “Guerrieri sembrava parlare con gli spiriti. “Conoscete il significato di tutti questi lemmi?” (pag. 316).
Insomma, una lettura molto coinvolgente a diversi livelli, come messo in evidenza da questa buona recensione trovata sul web e ampiamente condivisa, senza la necessità di scriverne un’altra.
S. R.

Diego Lama: Tutti si muore soli
di Antonio Fresa del 28 giugno 2021 – Da https://www.mentinfuga.com/

Tre indecifrabili delitti nella Napoli della Belle Époque, sospesa fra i fasti della ex capitale borbonica e le tante miserie che si nascondono nelle strette strade del centro cittadino. Il commissario Veneruso affronta un’indagine che lo mette in contatto con le tante anime della città.
Diego Lama, nel costruire questo giallo, ha unito il fascino del romanzo storico alle strade, alle piazze e ai palazzi di Napoli, una città che, con la sua stratificazione artistica e linguistica, si presta a meraviglia per un’ambientazione storica.
Ripercorrere tutti gli eventi che si incrociano in Tutti si muore soli, che si svolge fra il 28 e il 29 luglio del 1883, con una precisa scansione oraria relativa ai singoli capitoli, significa anche fare i conti con una domanda semplice e complessa ad un tempo: quanti eventi possono accadere in circa ventiquattr’ore? quanti personaggi possono muoversi in un perimetro fatto di sfarzo e miseria, dolore e passione, ricchezza e povertà?

Citazione 1
Il commissario Veneruso si svegliò all’improvviso, ma per sbaglio e senza più voce, come se qualcuno gliel’avesse uccisa in gola, lasciandolo vuoto: senza parole e senza pensieri.

Le domande non sono banali perché l’essenza dei luoghi sa sposarsi perfettamente con l’anima di chi li popola: una giornata è fatta di stasi e accelerazione, velocità e lentezza, sentimenti e dolore.
Lama sa, infatti, prima di tutto, individuare il ritmo e il tono giusto della narrazione, alternando una catena progressiva di eventi ad una sorta di necessaria pausa riassuntiva.
A questa scrittura organizzata con un doppio movimento, corrisponde in realtà il metodo d’indagine del commissario Veneruso che si muove tra impeto e raccoglimento: l’investigatore si lancia per poi ritornare; resta fermo per raccogliere nuovamente le forze e avanzare.
Così egli agisce a volte con totale malagrazia, come se non sapesse coordinare con precisione i propri movimenti; a tratti, di contro, sfodera un’inattesa capacità di osservazione e penetrazione delle altrui intenzioni.

Citazione 2
Il clima umido che aveva torturato la città per tutti il mattino sembrava essersi quasi placato. Si incominciava a respirare, soprattutto tra le ombre delle strade strette. Si sentiva anche l’odore dei muri, del legno vecchio delle porte, del selciato invaso dal terreno, e la puzza dei rivoli che scorrevano in mezzo alla strada: colatura di panni, di stoviglie e qualche piccola fogna abusiva.

La giornata è lunga; la giornata è calda e la vicenda inizia alle prime luci dell’alba per attraversare poi le diverse ore che la compongono. Vista con altri occhi e in altri contesti, potrebbe essere davvero “una bella giornata”, per chi prova a riconciliarsi con lo spazio esterno o cerca una pace interiore.
Dopo una settimana di malattia, con un piglio ancor più irato e nervoso, il commissario Veneruso torna, invece, al lavoro e alle inchieste che sono ancora in sospeso. Inizia così per lui, invece, un percorso che sembra anche un calvario dal momento che ha, improvvidamente, deciso di indossare un paio di scarpe nuove. Solo nel finale, le scarpe accetteranno di adattarsi al piede di chi sa essere caparbio e resistente, quasi come se dovesse scontare qualcosa: un perfetto riassunto del modo d’essere di Veneruso, un investigatore che soffre, sbuffa, avanza e, con ostinazione e acume, riesce a dare forma agli eventi.
Mettere e togliere le scarpe sarà l’atto ripetuto più volte nel corso delle indagini, mentre le vicende lo costringono a correre avanti e indietro per le vie della città, Veneruso non manca mai di mostrare la sua ammirazione per le bellezze femminili che popolano le strade e di assecondare un appetito stimolato da chi mette in mostra cibi e bevande.
Non sveleremo molto dell’inchiesta perché questo è il piacere che il lettore ambisce a coltivare. Ricordiamo soltanto che differenze sociali ed economiche si incrociano in un’indagine concentrica – con ben tre omicidi – che tocca tutti gli aspetti di una città complessa: dalla più misera delle stanzette ai palazzi più sfavillanti che anticipano il proprio rango con l’esibizione di stemmi pieni di storia.

Citazione 3
La sala era troppo vasta e troppo alta per essere illuminata da quelle poche lampade a petrolio: man mano che passavano i minuti e che la sera calava, piombava in un’oscurità profonda, e con essa anche le persone, le loro anime e dunque la verità.

In mezzo, tra i delitti che coinvolgono i “ricchi” e i “poveri”, con una collocazione che restituisce tanto della storia di Napoli, un drappello di intellettuali – Benedetto Croce, Salvatore Di Giacomo, Matilde Serao, Edoardo Scarfoglio e Francesco Mastriani, nomi davvero eccelsi e significativi per l’identità stessa della città – si ritrovano ad essere indagati per un complotto che avrebbero ordito al fine di preservare le ricchezze artistiche partenopee dalla bramosia di chi vuole impossessarsi di alcuni preziosi manoscritti (uno studioso milanese ucciso nelle sale della Biblioteca Nazionale). Sale, libri, biblioteche e i mille rivoli di una cultura millenaria che sa andare dalla filosofia alla poesia, dalla cronaca all’erudizione. (Il 28 luglio 1883 è, tra le altre cose, legato al terremoto di Casamicciola in cui Croce perse tutta la sua famiglia).
La narrazione è condita dall’uso costante di termini della lingua napoletana – in appendice anche un piccolo vocabolario per aiutare il lettore – e le spiegazioni sull’origine di molte parole ed espressioni si legano alle tante lingue che si sono sovrapposte a Napoli.
Parole neutrali o una piccola ribellione all’unificazione e alla pretesa – anche linguistica – identità italiana? Veneruso a tratti scalpita, preso dalla nostalgia borbonica che gli ricorda i perduti fasti della capitale e la convinzione che si provi ad “uccidere” una lingua con la sua forza e la sua bellezza.
Nell’insieme del romanzo, il rimando quasi costante all’etimologia di alcune parole del napoletano serve anche ad andare avanti e indietro nel tempo della storia, e a svelare significati nascosti che aiutano a comprendere meglio la realtà sociale in cui la vicenda si svolge.

Citazione 4
Si erano riuniti tutti intorno a lui sotto il cielo nero color carbone e sotto le stelle che brillavano come brace: come brace, quando soffiava un po’ di brezza, allora brillavano di più.

E in tema di appendici, pensando alle modalità con cui si svolgono le inchieste di Veneruso, torna alla mente un’espressione napoletana che non abbiamo incontrato nel romanzo. Si potrebbe dire che Veneruso segue il suo istinto o il suo naso: insomma la ricerca procede “a uosemo(3), con una radice greca che porta appunto all’odore, al naso, alla puzza o alla fragranza. Un’espressione che non indica un percorso del tutto analitico o razionale, ma indica una strada in cui, chi investiga, deve dimostrare di avere una particolare abilità nel districarsi fra i mille stimoli che una città così vivace, così veloce e così ricca di storia sa proporre: a Napoli, quindi, non solo l’orecchio della musica, ma il naso del segugio di razza.

Diego Lama
Tutti si muore soli
Mondadori; 2021
Pagine 384; euro 17,50

(1) – Diego Lama (Napoli, 1964) è uno scrittore e architetto italiano.
Si laurea in architettura nel 1989 presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II, dove si specializza in Progettazione Urbana nel 1991. Nello stesso anno pubblica il libro di disegni Case di china (Libria), seguito da Città di china (Libria) e Cose di china (Libria). Nel 1994 fonda e dirige la rivista nazionale di architettura Ventre (Libria, poi Edizioni Cronopio).
Dal 1999 è editorialista per l’architettura e l’urbanistica della Campania sul quotidiano Corriere della Sera/Corriere del Mezzogiorno per il quale cura diverse rubriche: La fabbrica delle idee, Le mappe del Corriere, Architetti dimenticati, Storie di cemento, Dieci idee per Napoli e il blog Byte di cemento. Ha collaborato inoltre come corrispondente e redattore per le riviste Il Giornale dell’Architettura e d’Architettura.
Dal 2012 è socio fondatore dell’associazione onlus che realizza progetti umanitari nei paesi in via di sviluppo Made In Earth.
Dal 2013 è direttore responsabile della rivista di architettura e arredamento Arkeda.
Dal
2017 è direttore responsabile della rivista di enogastronomia Gustus (fonte: Wikipedia)

(2) – Giallo. Si usa questa accezione solamente nella lingua italiana e ciò si deve alla collana Il Giallo Mondadori, ideata da Lorenzo Montano e pubblicata in Italia da Arnoldo Mondadori a partire dal 1929: il termine giallo, dal colore della copertina, ha sostituito in Italia quello di poliziesco, rimasto peraltro nei paesi francofoni. In francese si parla infatti di roman policier. Gli aglosassoni hanno una scelta più varia: parlano di detective fiction, mystery (o mystery story), di detective story o detective novel (un termine che si trova anche in tedesco: Detektivroman). In Spagna, per la narrativa di genere si usano le locuzioni “novela negra” o “novela policíaca”.
A sua volta il “giallo” può aver diversi sottogeneri, anche se i confini spesso non sono ben definiti: il poliziesco (in particolare il giallo classico), la letteratura di spionaggio (spy story), il noir, il thriller, quest’ultimo a sua volta suddiviso in più filoni tra cui il thriller legale e il thriller medico (ibidem da Wikipedia).

(3) – Deriva da usmare, discendente dal latino parlato “osmare”, dal greco “osmàomai”, “osmè” che significa “fiuto”. “Usmare” è un verbo raro, non molto usato nel gergo di tutti i giorni, descritto nel celebre dizionario di Salvatore Battaglia. Da cui i termini medici anosmia, iposmia o disosmia (assenza, diminuzione o alterazione dell’olfatto). Nel dialetto ponzese si sente ancora qualche volta, per esempio riferendosi a una persona: – Aggie sentute all’uòseme! (ne ho sentito l’odore)- ndr

3 Comments

3 Comments

  1. gianni sarro

    3 Agosto 2021 at 21:03

    Intrigante. Sia per l’epoca storica in cui è ambientato, sia perché il protagonista, se ho capito bene, è uno studioso. Un po’ come Ellery Queen, anche lui detective atipico, essendo uno scrittore di gialli.

  2. Sandro Russo

    3 Agosto 2021 at 21:22

    Ciao Gianni, no, forse lo scrittore è uno studioso, ma il protagonista – il commissario Veneruso – certo che no, anzi fa mostra di ignoranza e si compiace di non conoscere Leopardi, che chiama più volte “Leopardo”, per beffa degli “intellettuali” – tali Croce Benedetto, Di Giacomo Salvatore, Serao Matilde e Scarfoglio Edoardo (i fidanzatini) e Mastriani Francesco – che addirittura indaga per omicidio!

    Comunque è molto cinematografica, come scrittura… Non mi stupirei che ne facessero un film (o una serie!). Il set – Napoli – è già pronto, basterebbe levarci le macchine

  3. gianni sarro

    4 Agosto 2021 at 19:11

    Grazie del chiarimento. In effetti già parecchi romanzi di Maurizio De Giovanni, tutti ambientati a Napoli, sono stati trasposti in serie tv.

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