Ambiente e Natura

La posta dei lettori. Il dialetto che cambia

a cura della Redazione

 .

Riceviamo dalla Sardegna, da Giovanni Francesco Meloni, e volentieri pubblichiamo. Ai nostri lettori tentare una risposta (attraverso la posta del sito: [email protected]).

Salve. Sono sardo, di Siniscola, Nuoro. Nella nostra frazione marina di Santa Lucia c’è una comunità ponzese.
Ho assistito alla trasformazione linguistica di ciò che rimane della identità ponzese. I più giovani non danno più quella cadenza che davano i nonni. Anzi, come anche i nostri giovani sardi, non conoscono e non usano più i vocaboli dei loro nonni.
Io sono interessato in particolar modo al vocabolario ponzese che ha condizionato molte parole del nostro linguaggio.
Giovanni Francesco Meloni

Nota della Redazione
Santa Lucia è una frazione del comune di Siniscola (NU). È una località balneare dotata di una bella spiaggia e completamente circondata da una pineta piantata negli anni Trenta del Novecento. È presente una torre aragonese, probabilmente del sec. XVI.
Il paesino venne popolato da pescatori provenienti dall’isola di Ponza [da Wikipedia, modif.].

Spiaggia dei Confetti e Pineta. a sud di Santa Lucia di Siniscola

Spiaggia a nord di Santa Lucia (due foto)

Santa Lucia di Siniscola. La chiesa

2 Comments

2 Comments

  1. Sandro Russo

    4 Luglio 2021 at 07:07

    Gent. Giovanni Francesco.
    Ci siamo molto interessati di dialetto sul sito. Non è un argomento da poco. ‘Di dialetto’ e ‘in dialetto’ hanno scritto Gramsci, Camilleri e De Mauro, Pasolini, per fare alcuni nomi illustri.
    Nel nostro piccolo abbiamo approfondito questi temi, per quanto riguarda il dialetto ponzese, fondamentalmente derivato dal “napoletano”, nelle sue espressioni “ischitano” e “torrese” (Torre del Greco), dai due ceppi di coloni fondatori (rispettivamente nel 1734 e nel 1741) che costituiscono la popolazione odierna dell’isola.
    Digitando – Dialetto – nel riquadro “Cerca nel sito”, colonna di sinistra, in Frontespizio, si possono richiamare 81 schermate di sette articoli ciascuna = 567 + 1 (avanzare seguendo i quadratini in basso, giù giù in fondo). Credo che il sito contenga la maggior antologia sul dialetto ponzese che esista in rete (quindi la più ampia al mondo!).
    Dal nostro interesse per il dialetto (anche della lingua scritta) è scaturita perfino una tesi di laurea (di Martina Carannante, ai cui lavori sul sito si rimanda). Per esempio:
    https://www.ponzaracconta.it/2013/08/14/dialettologia-3-i-rapporti-tra-la-lingua-nazionale-e-i-dialetti/ .
    E anche un’altra tesi (di Barbara Musella), è citata: https://www.ponzaracconta.it/2016/12/08/dalla-mia-tesi-sul-dialetto/ – a testimonianza dell’interesse che il dialetto mantiene anche per i giovani.

    Per il resto vorrei segnalare due articoli in particolare:
    https://www.ponzaracconta.it/2017/01/19/cose-la-lingua-e-cose-il-dialetto/ con una poesia illuminante di Ignazio Buttitta (in siciliano) e quest’altro (sul dialetto e sui media): https://www.ponzaracconta.it/2018/03/19/la-conservazione-e-promozione-del-dialetto/ .

    Per quanto attiene specificamente al suo quesito, in base alla nostra esperienza, i dialetti sono destinati a contaminarsi, diluirsi, e nel lungo periodo modificarsi in modo sostanziale.
    Ha cominciato ad accadere dagli anni ’50 del secolo scorso, con l’avvento della televisione e successivamente con la diffusione del turismo (a Ponza, isola di ascendenza dialettale napoletana, sono comparse espressioni e inflessioni dal romanesco dei villeggianti)… poi la globalizzazione ha fatto il resto.

    Per ritornare alle origini, posso segnalare che l’interesse per il dialetto è stato fondante e seminale, già nelle prime riunioni del gruppo da cui, qualche anno dopo, è nato il sito. Leggi qui: https://www.ponzaracconta.it/2011/02/14/alla-deriva/
    Già allora ci era chiaro che il ponzese dei nonni era rimasto più “puro” tra gli italo-americani nativi ponzesi del Bronx, dove si è avuto una specie di “congelamento” del dialetto, mentre sull’isola madre esso si modificava.

    Giovanni Francesco, ci scriva ancora, dopo aver “digerito” questo mappuòglio di informazioni.

  2. Vittorio Saccoccio

    9 Luglio 2021 at 08:26

    Ho recentemente ascoltato (in Rainews24 del 4 luglio) un’intervista a Diego Lama, uno scrittore napoletano – in occasione della presentazione del suo nuovo libro Tutti si muore soli (Mondadori) -, proprio su questi temi.
    Il tema in filigrana di questa storia sono le parole – dice Lama – la morte delle parole, la morte di un idioma – il napoletano, una lingua, non un dialetto, provvista di lunga storia, di sua grammatica, di poemi, poesia, saggi, ricerche, canzoni e ancora parlata da milioni di individui – uccisa dai suoi stessi parlanti e relegata alla classe debole in funzione della modernità, cosa che sta accadendo oggi anche all’italiano. Il terremoto finale, realmente avvenuto quel giorno del 1883 a Ischia, diviene la scossa che risolve il caso ma in qualche modo fa capire a Veneruso [il commissario, protagonista del libro – ndr] che la distruzione – delle parole, del regno, della gloria e del suo mondo – è da tempo avviata.

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