di Tano Pirrone
Provvisoriamente accantonato nonostante il perentorio invito dell’amico Sandro – questo l’articolo da lui segnalato (leggi qui) – ho letto l’agglomerato informativo sul G 20 di Napoli solo nel primo pomeriggio di ieri, poi pausa, poi ho ripreso la lettura del libro che in questo momento mi sta letteralmente affascinando (1).
Trascrivo qui di seguito una parte di quello che ho letto ieri e lo condivido, con riferimento ai contenuti dell’ennesimo incontro per il Clima, la Terra, l’Acqua, il Mare, le Risorse, il Bene Comune, e tutte le altre tragiche amenità per regolare le quali siamo ormai quasi fuori tempo massimo.
[…] “Eppure questo mondo è finito, bruciato in pochi decenni di rapina, e gli uomini sembrano aver perso la memoria. […] “Le altre [galline] se le sono mangiate i gabbiani”, dive, e mima la scena di un micidiale attacco concentrico ad ali spiegate. L’immagine di quello sbranamento in un sabba di urla demoniache mi dà subito l’idea di cosa sta accadendo sull’Isola. Quelle urla sono l’immagine stessa della fame. Il mare si svuota: e a ripulirlo non è la pesca dei miei due simpatici bucanieri, ma quella industriale e sistematica. I tre-quattromila gabbiani sulle praterie e gli strapiombi non hanno quasi più niente da mangiare in acqua e cercano cibo in terraferma. Qualsiasi cibo. Sono diventati feroci”.
[…] “L’isola intera è sotto stress, grida di paura. Solo i pesci tacciono. Tacciono le triglie, i saraghi, i polpi. Tacciono le aragoste nel pentolone bollente dei ristoranti o nei freezer delle navi di rapina. Il loro urlo senza voce dice che in trent’anni il Mediterraneo si è svuotato del settanta per cento della sua ricchezza ittica. Me l’aveva svelato Tamara Vučetić, leggendaria biologa marina croata, durante un viaggio in Dalmazia. Capace di cantare il mare e al tempo stesso di denunciarne lo sfacelo, la vecchia Tamara è Omero e inascoltata Cassandra. Diceva: “Una scienza incapace di spaventare è una scienza inutile. Noi biologi del mare avremmo bisogno di un poeta per raccontare cosa succede là sotto e per accendere la nostalgia di quando il mare era ancora il mare”.
[…] “Basterebbe una pausa di un anno, un anno solo, per ripopolare i fondali, ma i paesi rivieraschi se ne fottono, arroccati nei loro miserabili interessi nazionali, servi di un business che vuole il tutto subito e dei figli chi se ne frega. Nei porticcioli si balla, si beve e si canta, la disco music copre tutto, i culi si dimenano sul disastro. Che vergogna ammettere che solo la guerra dà tregua al mare, e che la pace è un maledetto imbroglio, una guerra economica micidiale coperta dagli spot televisivi. Il mascheramento di uno sterminio”.
[…] “il peggio non è tanto essere sull’orlo del disastro, ma il non accorgersi di esserci. Qualsiasi animale sente l’approssimarsi del pericolo. Noi non più. Siamo narcotizzati e distanti dalla natura da non sentire che cemento e discariche, camorra e veleni ci assediano. Viaggiamo tranquilli in mezzo a penitenziari di animali pazzi e pieni di antibiotici, gabbie di reclusi pigolanti dove non fa mai notte, e non vediamo Nacht und Nebel (2) che avanzano, a passi smisurati, come Gog e Magog (3). Capiremo solo quando non ci sarà più niente da fare. Se domani il cielo fosse vuoto di passeri, ci metteremmo settimane a realizzarlo. Se un giorno il fiume sparisse da sotto i ponti del nostro paese, non lo noteremmo. Siamo pieni di paure, certo, ma paure di cose senza significato, e le paure a vuoto si chiamano paranoie. Ci manca il timore vero, quello supremo. L’orrore di noi stessi, incapaci di sentire il grido della natura che boccheggia e dice: “Basta”.
Note
(1) – L’Autore dell’articolo non vuole per il momento svelare di che libro che tratta – la gara a chi lo scopre è aperta! -, anticipando però che potrebbe essere una sorpresa per i lettori, per essere stati citati più volte nel sito sia il libro che il suo Autore (nota di S. Russo).
(2) – “Notte e nebbia”, in lingua tedesca Nacht und nebel è la locuzione che definiva i prigionieri politici della Germania nazista che durante la seconda guerra mondiale venivano condannati a morte, ma erano ancora in attesa di esecuzione.
“Nuit et brouillard” (“Notte e nebbia”) è coerentemente anche il titolo di un impressionante documentario di 32 min. del regista francese Alain Resnais del 1955, sui campi di sterminio nazisti (già pubblicato sul sito).
(3) – Gog e Magog sono i protagonisti dell’omonimo libro di Martin Buber edito in Italia nel 2010, ma ripreso più volte, fino al fattore scatenante: “l’inizio della seconda guerra mondiale, quell’atmosfera di crisi tellurica, il tremendo ponderarsi delle forze e il segno di un falso messianesimo d’ambo le parti” [Martin Mordechai Buber (Vienna, 1878 – Gerusalemme, 1965) è stato un filosofo, teologo e pedagogista austriaco naturalizzato israeliano].
Sul titolo e sull’immagine (a cura di Sandro Russo; fonte Wikipedia)
Cassandra è una figura della mitologia greca. Gemella di Eleno, figlia di Ecuba e di Priamo re di Troia, fu sacerdotessa nel tempio di Apollo da cui ebbe la facoltà della preveggenza. Prevedeva terribili sventure ed era pertanto invisa a molti.
Apollo le donò la dote profetica in cambio del suo amore, ma lei, una volta ricevuto il dono, rifiutò di concedersi; adirato, il dio le sputò sulle labbra e con questo gesto la condannò a restare sempre inascoltata.
Quando il cavallo di legno fu introdotto nella città di Troia, Cassandra rivelò a tutti che al suo interno vi erano soldati greci, ma rimase inascoltata. Solo Laocoonte credette alle sue parole e si unì alla protesta, venendo per questo punito dalla dea Atena (o da Poseidone in alcune versioni), favorevole ai greci, che lo fece uccidere da due serpenti marini assieme ai figli.
In copertina: il gruppo scultoreo di Laocoonte e i suoi figli, noto anche semplicemente come Gruppo del Laocoonte, è una scultura ellenistica della scuola rodia, in marmo (h 242 cm) conservata nel Museo Pio-Clementino dei Musei Vaticani, nella Città del Vaticano. Raffigura il famoso episodio narrato nell’Eneide che mostra il sacerdote troiano Laocoonte e i suoi figli assaliti da serpenti marini.